mercoledì 7 settembre 2016

6 settembre - di M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 05/09/16



INDICE

NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
NAPOLI: OPERAIO MUORE FOLGORATO SU FRECCIAROSSA IN MANUTENZIONE

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
SOLIDARIETA’ A NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV E AL COMITATO CASSINTEGRATI E LICENZIATI FIAT DI POMIGLIANO!

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV

Muglia La Furia fmuglia@tin.it
LE 150 MILA VISUALIZZAZIONI DEL BLOG E LA TORRE DI BABELE

NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

 

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
TEMPI DI LAVORO, TEMPI DI VITA

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
DAL CAPORALATO ILLEGALE A QUELLO LEGALE


Clash City Workers cityworkers@gmail.com
SICUREZZA CONTRO PROFITTI: L’AGO PENDE VERSO I SECONDI E NOI CONTINUIAMO A MORIRE

NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

 

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
“SICUREZZA SUL LAVORO? TROPPE REGOLE” AL VIA LA RIFORMA DEL GOVERNO

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
ANCORA MORTI PER INFORTUNI, MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO

Unione Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
OSPEDALE GASLINI: COMUNICATO STAMPA LETTERA ALLA GIUNTA REGIONALE

AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
COMUNICATO STAMPA AMIANTO E TERREMOTO

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
FOGGIA: I BRACCIANTI BLOCCANO PER ORE LA FILIERA DEL POMODORO

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From: NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 12:42 PM
Subject: NAPOLI: OPERAIO MUORE FOLGORATO SU FRECCIAROSSA IN MANUTENZIONE

L’infortunio mortale è avvenuto nell’Impianto Manutenzione Corrente dei treni alta velocità ETR 500 e 1000 a Napoli Gianturco.
Si allunga il tragico elenco dei morti sul lavoro nel settore ferroviario:
Napoli, 7 agosto 2016
Infortunio mortale questa notte per un operaio di Trenitalia su un treno Frecciarossa questa notte a Napoli. Il nostro collega, Vincenzo Viola, di 33 anni è rimasto folgorato all’interno dell’officina mentre lavorava alla manutenzione di un pantografo. I disperati tentativi di salvarlo dalle fiamme che l’hanno carbonizzato sono risultati vani.
Non conosciamo ancora i dettagli della tragedia ma siamo certi che tutte le lavorazioni intorno ai convogli alimentati ad alta tensione presentano un altissimo grado di rischio folgorazione che non sempre viene tenuto nella debita considerazione. Vincenzo era conosciuto dai compagni di lavoro come una persona consapevole e scrupolosa abituata a rispettare tutte le procedure.
D’altra parte per lavorare a contatto fisico con le parti alimentate ad alta tensione (a differenza di altre situazioni potenzialmente rischiose) non si può azzardare o sperare che non accada nulla: infatti, toccando un pantografo alimentato non vi è il “rischio” di morire... ma la certezza assoluta di rimanere fulminati. Per questo riteniamo improbabile una distrazione o un’azzardata scorciatoia lavorativa, ma riteniamo molto più credibile una gravissima lacuna organizzativa e tecnologica sulle quali auspichiamo l’Autorità giudiziaria effettui tempestivamente i necessari accertamenti, anche per prevenire nuove sciagure.
Le procedure che in teoria sono specificamente pensate per salvaguardare l’incolumità dei lavoratori, anche in caso di errori o distrazioni, si rivelano troppo spesso tragicamente insufficienti. A volte per cattive prassi, tollerate da chi ha la responsabilità della sicurezza, altre per l’accelerazione dei ritmi o per il clima di “produzione a tutti i costi”.
E’ solo di ieri, un altro preoccupante episodio accaduto con i Frecciarossa, quando un convoglio ETR 1000 (treno di ultima generazione che viaggia a 300 km/h) durante una manovra di preparazione nella stazione di Napoli Centrale per un malore del macchinista o un anomalia ai freni, ha urtato a bassa velocità il paraurti del binario 16. Nessun ferito e pochi danni ma un campanello d’allarme sull’intera “organizzazione” della sicurezza nel più prestigioso settore di Trenitalia.
Seguiremo la vicenda dell’infortunio mortale di questa notte convinti che debba essere chiarito senza nessuna ombra l’accaduto, sia in merito a possibili carenze organizzative e strumentali che a eventuali responsabilità dell’intera piramide aziendale.
Assieme al dolore per la tragedia che colpisce un giovane lavoratore non possiamo fare a meno di riflettere sulle condizioni di lavoro cui tutti siamo sottoposti, anche nelle aziende che (sulla carta) si presentano come virtuose; i risultati positivi in termini di riduzione degli infortuni all’interno di Trenitalia, divulgati solo da pochi giorni, sono in parte stati ottenuti attraverso una aumento dei “mancati riconoscimenti” da parte dell’INAIL e con una impennata delle sanzioni disciplinari ai lavoratori che denunciano l’infortunio.
Purtroppo la cruda realtà ci dimostra che convegni, slide e comunicati stampa non bastano a salvaguardare le vita di chi lavora. Evidentemente sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, anche in quelli “blasonati”, come i treni Frecciarossa di Trenitalia, c’è ancora molto, ma molto da fare.

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From: Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 8:45 PM
Subject: SOLIDARIETA’ A NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV E AL COMITATO CASSINTEGRATI E LICENZIATI FIAT DI POMIGLIANO!

I partecipanti al dibattito “Difendere e applicare la Costituzione: le amministrazioni locali che servono”, tenutosi il 30 luglio scorso nell’ambito della VI edizione della Festa di Riscossa Popolare presso il Parco dei Camaldoli di Napoli, esprimono piena e incondizionata solidarietà all’esponente del movimento No TAV, Nicoletta Dosio, e agli operai del Comitato Licenziati e Cassintegrati Fiat di Pomigliano.
L’appello al dibattito ha visto decine e decine di adesioni in tutta Italia e ha visto la partecipazione di numerosi comitati di lotta: dagli operai dell’ILVA di Taranto agli operai della FCA di Melfi, dai disoccupati organizzati del VII Municipio di Roma al Comitato degli Insegnanti Precari, da esponenti del movimento No TAV e del nascente coordinamento per la sanità pubblica in Campania, dall’ex OPG “Je so pazz” al Comitato per l’acqua Pubblica, dai collettivi studenteschi al Comitato Cassintegrati e Licenziati Fiat di Pomigliano. Diversi sono stati i rappresentanti istituzionali che sono intervenuti: la consigliera comunale Eleonora De Majo e l’assessore Carmine Piscopo esponenti dell’Amministrazione Comunale di Napoli, Michele Tripodi sindaco di Polistena (RC), il portavoce di Paolo Maddalena presidente emerito della Corte Costituzionale.
La discussione ha messo in luce che la Costituzione nata dalla vittoria della Resistenza sul fascismo non è mai stata applicata fino in fondo e che in particolare negli ultimi 40 anni si è avviato un processo di crescente e sistematica violazione dei principi e delle prescrizioni in essa contenuti, a fronte dell’avanzare della seconda crisi generale del sistema capitalista e dell’azione dei governi asserviti al Vaticano, alle Organizzazioni Criminali e ai capitalisti.
Il referendum contro la “riforma” con la quale Renzi mira ad accelerare lo smantellamento della Costituzione é una battaglia contro il suo governo, portavoce degli interessi della Comunità Internazionale, degli affaristi e speculatori USA, UE e sionisti che operano nel nostro Paese. Il governo Renzi vuol portare a compimento l’opera criminale della P2 di Gelli e quella dei governi che lo hanno preceduto.
Bisogna votare NO al referendum per la modifica della Costituzione, ma il voto è solo uno degli aspetti della lotta.
La principale arma della battaglia sono e saranno le azioni di mobilitazione e di organizzazione che si metteranno in campo per applicare realmente la Costituzione (lavoro, casa, diritto di sciopero e di manifestazione)!
Le organizzazioni politiche e sindacali che già oggi organizzano la resistenza delle masse popolari agli effetti peggiori della crisi e alle misure del governo Renzi, gli esponenti della società civile che non intendono chinare il capo di fronte all’arroganza e ai soprusi del governo centrale, le Amministrazioni Locali nate col mandato esplicito di fare gli interessi delle masse popolari senza se e senza ma, insieme possono e devono operare per far saltare i piani reazionari che sottendono alla riforma costituzionale, possono e devono organizzare e mobilitare le masse popolari per attuare le misure concrete oggi necessarie a risolvere i problemi generati dalla crisi e aggravati dalle misure del governo centrale. E’ così che oggi possiamo e dobbiamo costruire l’alternativa di governo allo stato di cose presenti, che possiamo avanzare e guadagnare terreno cacciando il governo Renzi e preparare la strada alla riscossa popolare sul piano nazionale.
Il primo passo da compiere è prendere posizione e compiere azioni di sostegno verso coloro che vengono colpiti dalla repressione perché con il proprio attivismo lottano per l’applicazione della Costituzione.
Nel particolare della discussione del 30 luglio è stato messo in luce che è necessario sostenere la posizione di rottura che l’attivista No TAV Nicoletta Dosio ha assunto nel sottrarsi alle misure restrittive cui è stata condannata dal tribunale di Torino. Il movimento No TAV in questi anni è stato e continua a essere un esempio da diffondere e da emulare su come le masse popolari possono effettivamente scompaginare i piani speculativi e mettere in crisi istituzioni a essi asservite. Oggi Nicoletta con il suo esempio ci insegna che è giusto e legittimo fare ciò che è negli interessi della maggioranza anche quando è illegale!
E’ parimenti necessario sostenere gli operai e compagni del Comitato Cassintegrati e Licenziati Fiat di Pomigliano che il prossimo 20 settembre andranno a discutere in Cassazione se è legittimo o meno contestare con una manifestazione rappresentativa della violenza repressiva che il gruppo FCA esercita quotidianamente contro gli operai e che in questi anni ha indotto diversi operai al suicidio. Giustamente questi compagni hanno richiamato l’attenzione sull’articolo della Costituzione che sancisce la libertà di espressione e hanno rivendicato la legittimità di ogni manifestazione. Hanno denunciato il licenziamento e il processo che hanno subito quale aperta violazione del più elementare dei diritti democratici affermando che se si vuole veramente difendere la Costituzione bisogna difendere gli operai che lottano schierandosi dalla loro parte. In particolare i rappresentanti istituzionali che sono per il NO al Referendum sulla Costituzione devono partecipare al processo e alle mobilitazioni che si metteranno in campo in loro sostegno per creare un movimento di opinione pubblica di condanna senza se e senza ma di tali abusi di potere!
E’ evidente che organizzare la mobilitazione per non lasciare impuniti questi atti repressivi è necessario e indispensabile non solo a evitare lo sdoganamento su ampia scala di tali misure da parte del governo centrale, ma soprattutto per dare carne ed ossa alla battaglia in difesa della Costituzione!
In tutti i processi che vedono imputati coloro che oggi si battono per esercitare i principi costituzionali dobbiamo ribaltare il tavolo, saremo noi gli accusatori dei Renzi e dei Marchionne che vogliono fare carta straccia della Costituzione.
Tutti i difensori della Costituzione, a partire da coloro che hanno poteri istituzionali, sono chiamati a sostenere in ogni modo la lotta di questi compagni! Tutti i difensori della Costituzione, a partire da coloro che hanno poteri istituzionali, sono chiamati a sostenere moralmente, politicamente e praticamente questi compagni!
W il movimento NO TAV!
W la lotta dei lavoratori FCA!

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC)
via Tanaro, 7
20128 Milano
telefono e fax: 02 26 30 64 54

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From: Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 8:45 PM
Subject: SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV

SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV
E’ LEGITTIMO TUTTO CIO’ CHE E’ NELL’INTERESSE DELLE MASSE POPOLARI ANCHE SE ILLEGALE
Ieri mattina sono arrivate ulteriori restrizioni contro Nicoletta Dosio del movimento No TAV: obbligo di dimora a Bussoleno con prescrizione di non allontanarsi dall’abitazione di residenza dalle ore 18:00 alle ore 8:00. La compagna ha ribadito che “Amo troppo la mia casa e il mio paese per doverci stare forzatamente. Libera sono, libera resto. Per loro ho una personalità estremamente negativa, intollerante delle regole e totalmente priva del minimo spirito collaborativo. Sì, non tollero la loro arroganza, non accetto le regole del potere che vorrebbe l’uomo e la natura proni al suo dominio, non collaborerò mai con coloro che si credono padroni del mondo, della vita di ognuno di noi, del futuro di chi verrà dopo di noi. Mi sento libera e felice”.
Nel numero di Resistenza 7/8 del 2016 scrivevamo che le violazioni dei provvedimenti, il rifiuto di rispettare gli arresti domiciliari o gli obblighi di firma in caserma, il presentarsi pubblicamente nei cortei, facendo comizi, rilasciando interviste in cui pubblicamente si rivendica la pratica della violazione e il sostanziale non riconoscimento dell’autorità costituita, la promozione di presidi solidali che impediscono di mettere in esecuzione gli arresti: sono atti che portano in sé e mettono in evidenza il principio che se si passa dalla difesa all’attacco, sono le autorità borghesi a doversi mettere sulla difensiva. La forza di ognuno di quegli atti di insubordinazione sta nel fatto che è reso possibile e si avvale della vasta complicità e mobilitazione delle masse popolari, che trasforma l’insubordinazione individuale in atto politico, in linea di prospettiva, in organizzazione popolare.
Ribadiamo la nostra solidarietà a Nicoletta Dosio, il suo è esempio di riscossa popolare delle masse popolari!

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From: Muglia La Furia fmuglia@tin.it
To:
Sent: Thursday, August 11, 2016 5:45 PM
Subject: LE 150 MILA VISUALIZZAZIONI DEL BLOG E LA TORRE DI BABELE

Ebbene si, siamo arrivati a superare la soglia delle 150 mila visualizzazioni del blog di Muglia La Furia; 50 mila solo nel 2016. 
Uso il plurale perchè i veri protagonisti di questo exploit sono proprio i lettori del blog, prima di tutto quelli fissi.
Mi sento come uno scalatore che riesce ad arrivare sulla cima di una torre e che, guardando di sotto, ripercorre il percorso seguito, rivede i punti critici, gli anfratti superati, le cenge sulle quali ha rifiatato e recuperato energie.
In verità, più che sulla cima di una vetta alpina, io mi sento come se fossi in uno dei gironi infernali o, se preferite, sulla cima della Torre di Babele.
Guardando in basso posso leggere e interpretare la situazione che stiamo vivendo con il numero di infortuni che non cala grazie anche alla mattanza dei contadini che molti continuano volutamente a ignorare e quello delle malattie professionali in continua ascesa; il caos legislativo con il mantra della ”semplificazione” a giustificare la riduzione dei livelli di tutela; l’inefficienza degli organi di vigilanza, anzi no, di prevenzione, che tutto fanno meno che prevenzione, appunto; l’insufficiente preparazione e professionalità dei tecnici e degli operatori della prevenzione in preda a convulsioni intellettuali che manifestano nei social su questioni prive di rilevanza; la perdita di autorevolezza degli ordini professionali e delle parti sociali.
Tutti nelle fauci degli squali del mercato della formazione alla sicurezza che nessuno riesce e vuole controllare. Saranno briciole ma è pur sempre qualcosa e a Bologna nella prossima edizione di Ambiente Lavoro ne avremo l’ennesima dimostrazione. 
E del disastro di Marcinelle qualcuno se ne ricorda ancora? Beh leggendo i social pare proprio di no. Peraltro allora le questioni non erano mica se si dovesse fare il POS in presenza di soli autonomi in cantiere o cosa fare quando mancano gli RLS in un’azienda con tre lavoratori. Oppure del disegno di legge “Sacconi” che ne pensate? Questi sono i temi che spopolano sui social. Questioni irrilevanti ai fini della prevenzione!
La tragedia di Marcinelle avvenne poco dopo le 8 del mattino dell’8 agosto del 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier in Belgio. L’incendio, causato dalla combustione d’olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica e sviluppatosi inizialmente nel condotto d’entrata d’aria principale, riempì di fumo tutto l’impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 274 presenti, in gran parte emigranti italiani.
E dalla cima delle 150 mila visualizzazioni, rivedo il percorso fatto, le tappe della mia “carriera” di blogger, le difficoltà e le frustrazioni patite, le persone incontrate in rete e penso... penso che comunque ne è valsa la pena. 
Grazie a tutti voi.

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Saturday, August 13, 2016 10:55 AM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

 

AMPLIAMENTO DELL’AEROPORTO DI FIRENZE, IL TAR DA’ RAGIONE AI COMITATI

Con sentenza del TAR Toscana 01310/2016 sono state riconosciute le ragioni dei ricorsi contro le Delibere Regionali relative all’ampliamento dell’aeroporto di Firenze.
Le Delibere (a partire da quella del Consiglio della Regione Toscana n. 61 del 16/07/14) riguardavano una apparente neutra “Approvazione dell’integrazione al Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) per la definizione del Parco agricolo della Piana e per la qualificazione dell’aeroporto di Firenze secondo le procedure previste dall’articolo 17 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1.
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UN ARCHIVIO PER RICORDARE E DOCUMENTARSI SULLE LOTTE AMBIENTALISTE E OPERAIE A PORTO MARGHERA

Segnaliamo e riportiamo la seguente notizia per ricordare e continuare a mantenere l’iniziativa a tutela dell’ambiente e della sicurezza sul lavoro a Porto Marghera.
AMBIENTE VENEZIA NOTIZIE
Ti invitiamo a vedere su Facebook questa pagina che abbiamo appena aperto dedicata a Porto Marghera.
Clicca anche “mi piace”
Ambiente Venezia
Archivio documento su Porto Marghera
La nostra storia e le nostre lotte
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LA SENTENZA DI CORTE D’ASSISE D’APPELLO PER LA CLINICA SANTA RITA

Proponiamo il testo integrale e una lettura della sentenza della Corte d’Assise d’Appello contro Brega Massone e altri per la ex Clinica Aanta Rita, oggi Clinica Città studi di Milano (Sentenza n. 61/2015 depositata in Cancelleria il 13/06/16).
Si tratta del processo di secondo grado, d’Appello, manca ancora l’ultimo passaggio, quello della Corte di Cassazione (sempre che sia effettivamente l’ultimo).
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MEDICINA DEMOCRATICA SI OPPONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE PARZIALE NEL PROCEDIMENTO CONTRO TIRRENO POWER DI VADO LIGURE

Medicina Democratica si oppone alla richiesta di archiviazione delle posizioni degli amministratori pubblici nel procedimento contro la società Tirreno Power per la centrale termoelettrica di Vado Ligure/Quinzano (SV).
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MEDICINA DEMOCRATICA
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE ONLUS

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, August 14, 2016 10:50 AM
Subject: TEMPI DI LAVORO, TEMPI DI VITA

Qualche giorno fa Repubblica ha proposto un’intervista di Businessweek a Marissa Meyer, CEO di una delle più grandi corporations al mondo:
In questa intervista la Meyer ci svela la chiave del successo del gigante statunitense e più in generale di ogni grande azienda: secondo lei “Il segreto della fortuna delle aziende è quello di avere dipendenti che si impegnano duramente. Si può arrivare a una media di 130 ore alla settimana”.
In barba a tutta la retorica sulle “High-Tech companies”, sul lavoro agile e smart, alla fine il vecchio caro sfruttamento, quello dell’allungamento della giornata lavorativa, rimane ancora una strategia chiave per gli imprenditori tutti.
Si tratta della sempre valida estrazione di plus-valore assoluto: si lavora di più, la notte, i festivi, si cancella ogni possibile pausa, annullando il tempo libero e lasciando il minimo tempo di riposo necessario al lavoratore per reintegrare le forze. Nell’Ottocento si collocavano i dormitori direttamente nelle fabbriche proprio per ridurre questo tempo: oggi accade ancora nelle fabbriche-dormitorio di Shenzen, ma chi si sarebbe aspettato che accadesse anche nelle modernissime Yahoo e Google (dove la Meyer ha lavorato in passato)? “Nella sede di Google c’erano le nap room”. In diverse società americane (ma anche giapponesi e il trend è di crescita), dove il lavoro è ininterrotto giorno e notte, ci sono le stanze del pisolino, ma anche veri e propri dormitori: “Per i miei primi cinque anni ho fatto più o meno una notte bianca di lavoro a settimana”.
Sembra l’Inghilterra ottocentesca di Dickens ed invece è il lavoro nelle grandi corporations americane nel 2016. Più di un secolo, in cui i lavoratori si sono organizzati, hanno strappato le 8 ore lavorative (in Italia dal 1923), il giorno di riposo, le ferie, sembra non essere mai esistito: oggi tutti questi diritti sono rimessi in discussione e non solo nelle aziende americane, ma anche qui da noi.

...E IN ITALIA?

In questo ultimo anno in Italia c’è stata un’accelerazione sul tema: aumento del tempo di lavoro e riduzione del tempo di vita. Già, perché finché non si aumenta la durata della giornata (ma non diamogli questa idea) non c’è scampo, le due cose sono strettamente interrelate: se lavoro più ore, avrò meno tempo libero. Pensiamo soprattutto al settore commerciale con i supermercati di molte grandi catene (Carrefour e Auchan per prime) che hanno deciso di aprire H24, con lavoro domenicale e notturno obbligatorio. Qui non ci poteva essere la retorica del self made man, la promessa che in cambio dell’impegno totale ed assoluto puoi diventare il nuovo genietto dell’informatica e vedere ripagati i tuoi sforzi come un novello Steve Jobs o Bill Gates. In questo settore questa retorica non poteva funzionare ed infatti è stata sostituita dal più diretto ricatto: o così o stai a casa. Per i nuovi assunti, contratti in cui si deve accettare l’orario flessibile (straordinari non pagati, turni notturni e domenicali obbligatori, ti chiamo all’ultimo quando mi servi, stai a casa quando decido io); per chi aveva il vecchio contratto (teoricamente blindato) ecco il trasferimento punitivo, comminato in caso di rifiuto, come accaduto all’Auchan di Torino.
Ma pensiamo anche allo straordinario comandato per i lavoratori FCA, costretti a lavorare la domenica fino a quando, sfiniti per i carichi di lavoro, non si sono organizzati e hanno imposto all’azienda la sospensione. O pensiamo ai turni di 20 ore di tanti facchini della logistica, turni che erano la regola finché, anche qui, molti lavoratori non hanno cominciato ad organizzarsi con alcuni sindacati di base e sono riusciti, in molti siti, a porre un freno a questo sfruttamento selvaggio.
Sembra che nel 2016, nelle società dell’industria 2.0, il tanto agognato aumento della produttività passi ancora per l’aumento dello sfruttamento assoluto, quindi del tempo di lavoro che mangia sempre più tempo di vita. Per fortuna la Meyer ci rassicura che lavorare 130 ore è possibile, basta pianificare tutto, anche quando andare in bagno! La chiamano “conciliazione del tempo di vita e lavoro”, ma molto più banalmente è la drastica e diretta riduzione del tempo libero in favore del tempo di lavoro supplementare (per altro non pagato con maggiorazioni). Una fregatura che di fatto impedisce ogni possibile organizzazione della propria vita: la sera non si può uscire, la domenica niente giornata libera, impossibile programmare qualunque attività sociale o sportiva perché non esistono orari fissi. Esiste solo l’interesse dell’azienda che è bene supremo e per il suo profitto occorre sacrificare qualunque cosa, soprattutto la vita delle persone che vi lavorano.
Così arriviamo al paradosso di oggi: una società tecnicamente evoluta, la più evoluta di sempre, che continua a far lavorare allo sfinimento le persone. Una società in cui c’è chi è costretto a lavorare 60/70 ore la settimana (per rimanere su soglie leggermente più “umane”) e una massa sconfinata di disoccupati. Secondo una ricerca dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel 2007 un lavoratore su cinque in tutto il mondo (ovvero 600 milioni di persone) lavorava ancora per più di 48 ore la settimana, e nella maggior parte dei casi solo per riuscire ad arrivare alla fine del mese.
Oltre all’impossibilità di organizzarsi una propria vita al di fuori del lavoro, occorre fare anche valutazioni sui costi sociali e umani che questo aumento netto dello sfruttamento si trascina dietro. Orari di lavoro molto lunghi, soprattutto per lavori pesanti, combinati con età pensionabile sempre crescente e sempre minori obblighi per le imprese nel campo della sicurezza sul lavoro, aumentano drammaticamente i rischi di incidenti. Con costi spesso drammatici per chi si infortuna (o peggio perde la vita) e costi sociali alti per tutti.
Lavorare 130 ore la settimana è possibile ci dice la Meyer. Sì, forse standosene comodamente seduta al sessantesimo piano di un ufficio con aria condizionata e sedia ergonomica, con governante e baby-sitter che pensano a tutto il resto a casa lo è. Ma quanto lo è per la maggioranza delle persone normali che non guadagnano 6.500 dollari all’ora come la protagonista dell’intervista? E, soprattutto, quanto è desiderabile un mondo in cui tutti lavorano sempre, senza orari, senza soste?
Ma davvero vogliamo lavorare tutto il giorno, essere costretti a fare la spesa la notte costringendo così una cassiera a fare il turno notturno? Ma che senso ha? Non è un cortocircuito da cui dovremmo uscire pretendendo orari di lavoro più umani per tutti e più tempo libero per coltivare i nostri interessi, le nostre passioni, i nostri affetti?
Non è impossibile economicamente, basti pensare alla grande quantità di ricchezza di cui si appropriano i padroni, né tecnicamente, lo è solo e soltanto perché il capitalismo si regge sul fatto che i padroni comprano la nostra forza-lavoro e pretendono di disporne a loro piacimento per trarne ogni anno guadagni che noi ci sogniamo in tutta una vita di fatica.
Lo è perché questo sistema economico (fatto su misura per aziende e persone concrete, come la Meyer) in preda a una crisi epocale, mostra il suo vero volto, mettendo il profitto davanti ai bisogni più elementari dell’essere umano, compresa la vita stessa.
Lo abbiamo già detto: le lotte alla FCA e nella logistica ci hanno dimostrato che è possibile fermare queste pretese dei padroni, ma solo noi possiamo farlo.
Il buon vecchio “lavorare meno lavorare tutti” non è mai stato così attuale.

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, August 14, 2016 10:50 AM
Subject: DAL CAPORALATO ILLEGALE A QUELLO LEGALE

Dormivano in stalle e porcili, mentre di giorno gli imprenditori agricoli della piana di Sibari li sfruttavano fino al midollo nei loro campi, con paghe da fame e orari di lavoro massacranti. È soltanto una, né la prima né l’ultima, delle tante storie di sfruttamento, che quando giunge al disonore delle cronache ci si affretta ad ammantare di eccezionalità: è colpa delle agromafie che controllano pezzi della nostra agricoltura, è colpa dei caporali malavitosi e criminali, è colpa di qualche imprenditore senza scrupoli.
Meno di una settimana fa viene approvato in Senato il Disegno di Legge 2217, che tecnicamente si intitola “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura”, ma che tutti hanno rinominato “legge contro il caporalato”, perché nei fatti questo è: una legge che, esattamente come la precedente, è rivolta essenzialmente a punire i caporali, inasprendo le pene contro questi, che ci vogliono far credere siano all’origine di tutti i mali.
È una retorica che conviene, farci credere che questo schifo, lo sfruttamento, non sia la regola, piuttosto un’eccezione, il risultato di una qualche attività malavitosa portata avanti da spregevoli personaggi. In questo modo si circoscrive il problema a poche mele marce, non si generalizza la discussione, si evita l’incombenza di interrogarsi su un intero sistema produttivo.
C’è chi direbbe che questa volta però la legge tenta di colpire chi da questo meccanismo poi ne trae il vero vantaggio in termini di profitti, i padroni. E’ vero: con la riscrittura dell’articolo 603 bis del Codice Penale si attribuisce una responsabilità anche agli imprenditori che sottopongono i lavoratori a condizioni di sfruttamento. Un passaggio importante, perché la relazione di sfruttamento è quella tra lavoratore e datore di lavoro, il caporale solitamente non è responsabile delle condizioni lavorative generali. Ma in questo paese sembra non si riesca a fare un passo in avanti senza aver regalato prima qualcosa alla classe che ci sfrutta, facendocene fare quindi dieci di passi indietro.
Infatti, mentre si sono dovuti attendere 5 lunghi anni per estendere la responsabilità a chi ci fa davvero i soldi sfruttando, il Ministro dell’Agro-alimentare, così ora è stato ribattezzato, e suo seguito, sembrano aver dato immediato seguito alle richieste di padroni e Agenzie del Lavoro, che, sapendo perfettamente quanto sia profittevole per loro il sistema del caporalato, quest’inverno, durante un forum tenuto presso Palazzo Chigi a Roma, “Attiviamo Lavoro – Le potenzialità del lavoro in somministrazione nel settore dell’agricoltura”, a gran voce hanno, in sostanza, richiesto la legalizzazione della pratica di intermediazione in agricoltura. Così accade che, nella nuova legge contro il caporalato, si trova anche un importante integrazione alla misura relativa alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità. Tale Rete nasce a settembre dello scorso anno e rappresenta sostanzialmente un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro: le imprese che chiedono di accreditarsi presso tale circuito, e che devono presentare alcuni requisiti per farlo, ricevono in cambio un bollino etico con cui possono marchiare i loro prodotti. Il nuovo comma 1-bis va ad apportare una sottile ma insidiosa modifica alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, a cui da ora possono aderire anche, si legge, “le agenzie per il lavoro [...] e gli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione [...]”.
Vi può sembrar poco, ma intanto così si inizia ad aprire le porte ai desideri famelici dei padroni che nel caporalato ci vivono e ci sguazzano. Così forse ora le aziende “buone” possono davvero far finta di esserlo un po’ di più, almeno sulla carta, e vantare finalmente una parvenza di legalità.

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, August 14, 2016 10:50 AM
Subject: SICUREZZA CONTRO PROFITTI: L’AGO PENDE VERSO I SECONDI E NOI CONTINUIAMO A MORIRE

Fine settimana tragico alla stazione ferroviaria di Napoli Piazza Garibaldi.
Sabato 6 agosto un treno che stava entrando in stazione a bassa velocità è andato a finire contro il paraurti della “stazione di testa”. Il macchinista stava conducendo il Frecciarossa 9610 al binario 16, provenendo dall’impianto di manutenzione. Il treno sarebbe poi stato destinato a viaggiare verso Torino. Ma il macchinista è stato colto da malore, ha cercato di rallentare ulteriormente, ma non è stato purtroppo in grado di arrestare del tutto il treno. Di qui l’impatto.
E qui si dovrebbe riaprire la pagina sul “macchinista unico”, vale a dire sulla politica delle aziende ferroviarie che mira ad eliminare il doppio macchinista, così da evitare “sprechi”. Si dovrebbe, ma in realtà nessuno ne parla. Eppure il macchinista “solo” è un rischio alla sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri, come denunciato più volte dagli operatori del settore. E’ solo un caso che stavolta non ci siano stati morti e feriti. La prossima volta la fortuna potrebbe voltarsi dall’altra parte.
L’altro episodio, di gran lunga più grave, è accaduto domenica 7 agosto. Un operaio di 31 anni, stando a quanto riferito dall’ANSA, è morto folgorato mentre era al lavoro in uno dei capannoni che Trenitalia utilizza come deposito e per la manutenzione, nella notte tra sabato e domenica.
I colleghi hanno immediatamente incrociato le braccia per un’ora. Più una manifestazione di lutto che di lotta, sebbene nei comunicati ufficiali dei sindacati ci sia il richiamo alla volontà di “sensibilizzare azienda, istituzioni e forze politiche”.
Ma sensibilizzare non è sufficiente. La direzione intrapresa da aziende e governo è chiara ed è la stessa. La sicurezza può essere un ostacolo al raggiungimento di maggiori profitti. Allora al diavolo la sicurezza. Come mostra, ad esempio, la spinta forte per il macchinista “solo”.
Caso vuole che questi due episodi abbiano avuto luogo in concomitanza con la presentazione di un nuovo disegno di legge sulla sicurezza che, dietro la retorica della semplificazione del Testo Unico sulla Sicurezza 81/08, prevede in realtà un allentamento dei controlli sulla sicurezza in capo agli imprenditori e uno spostamento delle responsabilità sui lavoratori stessi. Insomma, più impunità per le imprese e meno sicurezza per i lavoratori stessi. Una “riforma” presentata in piena estate, così che passi in sordina...
E noi, intanto, continuiamo a farci male e a morire.
FONTI
Il Messaggero 
ANSA
Punto sicuro 

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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Wednesday, August 17, 2016 11:07 PM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA

 

IL MITO DI PROMETEO OFFUSCA LA VISIONE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI IGIENE

Medicina Democratica Onlus esprime profondo sconcerto e totale disaccordo sul documento della Società Italiana di Igienisti (SII) a supporto dell’incenerimento dei rifiuti, attraverso impianti di terza generazione, posizione condivisa anche dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Le nostre osservazioni si limitano a quanto riportato dall’Agenzia ADN Kronos, poiché i documenti non sono disponibili sui siti ufficiali.
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NO ALLE DEFORME COSTITUZIONALI. TUTELIAMO LA COSTITUZIONE.

Medicina Democratica Onlus per il NO alla controriforma costituzionale e per il NO alla legge elettorale “Italicum”.
Medicina Democratica Onlus: le modifiche costituzionali e l’Italicum sono atti insalubri da respingere al mittente L’attuale esecutivo ha inaugurato il suo mandato con la parola d’ordine dell’innovazione e delle riforme
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SICUREZZA SUL LAVORO : LA CIOFECA DELL’ONOREVOLE SACCONI

Disegno di Legge Sacconi sulla sicurezza sul lavoro: un ritorno al passato per distruggere il diritto alla sicurezza.
Il Senatore Sacconi ha presentato un Disegno di Legge beffardemente denominato “Disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” in cui riscrive da capo la normativa esistente, nello specifico il D.Lgs. 81/08.
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BUCHI PER TERRA: LE TRIVELLE SONO (ANCORA) TRA NOI

Segnaliamo questo libro il cui autore è anche socio di Medicina Democratica. Di seguito una breve presentazione.
“Buchi per terra ovvero cinquanta sfumature di greggio”, in uscita per le edizioni Reality Book il nuovo libro di Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali lucani e collaboratore di Radio Radicale.
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MEDICINA DEMOCRATICA
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE ONLUS

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, August 21, 2016 4:09 PM
Subject: “SICUREZZA SUL LAVORO? TROPPE REGOLE” AL VIA LA RIFORMA DEL GOVERNO

Presentata in commissione la riforma del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Crescono infortuni e morti bianche, l’attività ispettiva è carente, ma per Maurizio Sacconi bisogna “semplificare” la normativa e deresponsabilizzare il datore di lavoro.
Le morti e gli infortuni sul lavoro sono di nuovo in crescita, così come le malattie professionali. E’ scritto sul rapporto 2015 dell’INAIL: più di 600.000 denunce di infortuni, più di 1.200 quelle di morte (694 quelle accertate). Si tratta però di stime al ribasso, visto che non tengono conto né di lavoratori indipendenti (partite IVA, liberi professionisti...), né di lavoratori in nero che, va da sé, non sono assicurati INAIL (e quindi non risultano nei loro conti) e sono particolarmente presenti nei due settori a più alto rischio di incidente e con la quota più alta di vittime mortali: agricoltura ed edilizia.
Un conteggio più veritiero lo fornisce l’Osservatorio Indipendente di Bologna:
che si basa sulle notizie di incidenti mortali pubblicate sui giornali: l’anno scorso sono stati almeno 678 quelli sul luogo di lavoro (quest’anno sono già 405). Tenendo conto anche dei morti in itinere (vittime di incidenti mentre vanno o tornano dal lavoro), che per l’INAIL sono il 55% del totale, si arriva ben oltre i 1.200.
Cifre che hanno ricominciato a salire negli ultimi anni, nonostante l’effetto “positivo” della crisi e dell’aumento della disoccupazione. Calerebbero certamente se fosse pienamente applicato il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro entrato in vigore nel 2008 (il Decreto Legislativo 81 del 2008), un testo che ora il governo vuole riformare, o piuttosto, abbattere.
Le intenzioni sono chiarite subito nell’introduzione al testo, presentato dai suoi relatori Sacconi e Fuksia (ex M5S, ora anch’ella parte della maggioranza) alla commissione del Senato: la legge 81/2008 è caratterizzata da “un’eccessiva complessità, legislativa e di attuazione” ben “esemplificata dal numero degli articoli”.
Non solo, la legislazione sulla sicurezza sarebbe stata disegnata sul modello di funzionamento della grande fabbrica, mentre oggi “la diffusione delle nuove tecnologie digitali” trasforma il modo di produrre “nel senso di una maggiore autonomia e responsabilità del prestatore d’opera”.
E’ la solita vecchia retorica che ha accompagnato le riforme del lavoro degli ultimi trent’anni: il mondo del lavoro non è più quello rigido della catena di montaggio, ai lavoratori è richiesta autonomia di decisione, intraprendenza, disponibilità al cambiamento.
Un affresco smentito dai fatti, come abbiamo cercato di riportare due anni fa nel nostro primo libro
e come testimoniato quotidianamente dalle storie riportate su questo sito che parlano di addetti alla pulizie, facchini, braccianti agricoli, operatori di cooperative sociali, operai metalmeccanici, insomma milioni di lavoratori per i quali la tecnologia (quando c’è) non ha certo rappresentato maggiore indipendenza dal datore di lavoro, semmai un’intensificazione dei ritmi, della pressione psicologica, delle prestazioni richieste, e quindi: un aumento dei rischi e delle malattie professionali (quasi 60.000 quelle denunciate nel 2015, la maggioranza per malattie osteoarticolari e muscolo scheletriche). 
Il discorso dei relatori è fin troppo semplice: se un imprenditore ha dato ordine di predisporre tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione necessari, ed avviene un incidente, non ha nessuna responsabilità. La colpa è di eventuali preposti alla sicurezza o dell’operaio stesso. Ma un operaio pressato dai propri superiori, al quale vengono fatte svolgere mansioni che non gli competono (e quindi, per cui non ha avuto la formazione necessaria), a cui viene detto di non tener conto di normative considerate esagerate perché il tempo è denaro, è veramente responsabile delle sue azioni? Un operaio a cui viene detto “questa è la minestra, se non la vuoi dietro di te c’è la fila” è veramente responsabile di quanto gli accade?
Finora no, la responsabilità era comunque del datore di lavoro, dev’essere sua cura (o di suoi agenti) approntare i sistemi di prevenzione, fornire i dispositivi di protezione, vigilare che vengano utilizzati, garantire la formazione in corsi certificati. Norme in tanti casi eluse, anche per la carenza dell’attività ispettiva: nel 2015 sono state solo 21.000 le aziende controllate dall’INAIL, di queste l’87% registrava irregolarità, 61.000 i lavoratori non in regola, più di 6.500 i lavoratori totalmente in nero.
Ma per i relatori il problema non è questo, ma ridurre le sanzioni per i padroni, e lo dicono chiaramente: oggi la sicurezza è “un accessorio burocratico detestato perché subito dal timore di sanzioni sproporzionate”.
Detestato anche perché negli allegati al testo le misure di sicurezza da prendere sono prescritte nei particolari, caso per caso. Una volta abrogati questi allegati, la prescrizione spetterà allo stesso “professionista” incaricato della certificazione: la valutazione di come eliminare i rischi non spetterà più al legislatore, ma ad un privato pagato dall’impresa. Nel processo di “disboscamento” del Testo Unico (si passa da 306 articoli e 51 allegati a 22 articoli e 5 allegati), i cambiamenti principali sono:
-         eliminazione della valutazione dei rischi e della definizione delle misure di prevenzione e protezione e sostituzione con una “certificazione” redatta da un professionista (tecnico della prevenzione e/o medico del lavoro) pagato dal datore di lavoro;
-         deresponsabilizzazione del datore di lavoro in relazione a infortuni e a malattie professionali, se avrà dimostrato, tramite la “certificazione”, di avere adempiuto agli obblighi di legge;
-         sostanziale eliminazione dell’obbligo di vigilanza a capo del datore di lavoro e trasferimento della responsabilità a dirigenti, preposti e lavoratori stessi;
-         sgravi fiscali per le aziende “virtuose”, sempre sulla base della semplice “certificazione” del professionista;
-         riduzione delle sanzioni, con l’introduzione, in caso di violazioni, di “disposizioni esecutive”. Le sanzioni ci saranno solo in caso di mancato rispetto di queste ultime.
Inoltre, come si legge dal commento alla proposta di legge scritto da Medicina Democratica
il nuovo testo è occasione per abbassare ulteriormente le tutele di lavoratori “formalmente” autonomi e saltuari: si arriva infatti a tutelare la “persona impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”, un concetto totalmente differente da quello esistente in cui la tutela è “universale” qualunque sia la forma e la durata della prestazione lavorativa ed è legata principalmente ad un qualunque rapporto di subordinazione con un “datore di lavoro”.
Purtroppo le motivazioni di quest’ennesimo attacco alla condizione di chi lavora sono evidenti: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da abbattere per le aziende, specialmente se le conseguenze si vedono a distanza di anni.
Come spiega un tecnico della sicurezza in questo approfondimento su salute e sicurezza sul lavoro di Corrispondenze Operaie:
“tutti gli obblighi a tutela dei lavoratori sono visti dall’azienda come un costo. Perché fare formazione ai lavoratori ha un costo, aggiornare le macchine secondo le nuove normative ha un costo” e sono spese che le aziende vogliono tagliare, perché non comportano un profitto.
Questa riforma è appena stata presentata, parliamone con i colleghi sul posto di lavoro, organizziamoci per non farla passare e per esigere che le norme sulla sicurezza vigenti vengano rispettate, facciamo pressione sui sindacati perché non accettino compromessi al ribasso. Non accettiamo sconti sulla nostra salute!
Fonti
Medicina Democratica

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Friday, August 26, 2016 9:47 AM
Subject: ANCORA MORTI PER INFORTUNI, MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO

ANCORA MORTI PER INFORTUNI. MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO IN EMILIA CHE HA MESSO IN LUCE CHE LA MAGGIORANZA DEI CAPANNONI INDUSTRIALI SONO CASTELLI DI SABBIA, E NESSUNO FA NIENTE PER METTERLI IN SICUREZZA.
Ovviamente in quella zona li stanno ricostruendo con criteri antisismici. Ma gli altri costruiti con la stessa tipologia negli anni settanta-ottanta e novanta che sono la maggioranza in Italia? Non mi risulta nessun intervento.
Se dovesse verificarsi un altro terremoto, anche più lieve di quello di pochi giorni fa ad Amatrice nelle zone industriali del Paese ci sarebbe una catastrofe. Se poi il terremoto accade, e accadrà prima o poi, e non ci sarà di notte o nei giorni festivi come in Emilia, ma in giornate lavorative la strage sarebbe incalcolabile.
Ma nessuno fa niente, nessuno se ne occupa, nessuno che prende a mano la situazione e li fa mettere in sicurezza. Tanto la vita di chi lavora. In questo periodo non conta niente e non ha rappresentanza parlamentare.
Mi stupisce anche il silenzio dei sindacati su questo. Possibile che anche loro non ne parlino e non se ne occupino?
Io comunque nella pagina d’introduzione da quel terremoto ho messo uno scritto a futura memoria. In centomila di migliaia l’hanno visto in questi anni, se capiterà qualcosa, e capiterà, lo dicono anche gli esperti, poi spero che i giudici indaghino e vadano a colpire chi avrebbe il dovere d’occuparsene e non lo fa. Se capiterà non si potrà parlare di fatalismo, ma di indifferenza criminale. Poi tremate quando andate a far la spesa in certi supermercati costruiti in quegli anni. Meglio che non guardiate in alto le travi in cemento armato solo appoggiate sulle colonne come i capannoni. Solo solo appoggiate?
Tra l’altro con incentivi per la messa in sicurezza ripartirebbe anche l’economia italiana.
Carlo Soricelli

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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From: Unione Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
To:
Sent: Friday, August 26, 2016 3:32 PM
Subject: OSPEDALE GASLINI: COMUNICATO STAMPA LETTERA ALLA GIUNTA REGIONALE

Genova, 26/08/16
COMUNICATO STAMPA
LETTERA ALLA GIUNTA REGIONALE
Siamo un gruppo di lavoratrici/lavoratori del Gaslini, fiore all’occhiello della sanità ligure e nazionale.
Siamo allibiti di fronte all’indifferenza che state mostrando nei confronti del personale e di conseguenza sull’assistenza dei piccoli pazienti.
Continuiamo a sentire snocciolare cifre sull’organico non corrispondenti al vero. Vi invitiamo a chiedere i numeri reali del personale adibito all’assistenza nei reparti. Manca personale nei reparti!!!
Carenza di organico e mancato rispetto di normative sulla sicurezza.
Vi invitiamo a sostare un’ora in reparti come Osservazione, Ostetricia oppure Chirurgia per verificare da voi se l’impianto di climatizzazione funzioni o meno.
Innumerevoli sarebbero le questioni di cui discutere, molte delle quali potrebbero risolversi semplicemente.
Da settembre inizieremo un ciclo di vertenze sindacali ma alcune di queste non sarebbero necessarie se veniste a vedere con i vostri occhi ciò che sta accadendo. Ma tutto viene coperto, la trasparenza non va a braccetto con la recente politica.
Invitiamo insieme a voi i consiglieri regionali degli altri partiti poiché crediamo che il Gaslini non debba avere interessi di parte.
In caso contrario, per favore, abbiate il pudore di non utilizzare il lavoro svolto al Gaslini come vanto di questa politica
USB LIGURIA PUBBLICO IMPIEGO SANITA’
USB FEDERAZIONE REGIONALE LIGURIA
via Cantore 29/2
16149 Genova
telefono: 010 41 69 34
fax: 010 46 61 06
e-mail: liguria@usb.it

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From: AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent: Monday, August 29, 2016 12:09 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA AMIANTO E TERREMOTO

Buongiorno
in allegato invio Comunicato Stampa di Medicina Democratica e di Associazione Italiana Esposti Amianto.
Cordiali saluti
Lorena Tacco

MEDICINA DEMOCRATICA E ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO
COMUNICATO STAMPA: AMIANTO E TERREMOTO
Il Terremoto che si è verificato nel centro Italia qualche giorno fa che ci ha fatto contare oltre 250 morti, molti altri feriti e una distruzione quasi totale di numerosi paesi ha mostrato ancora una volta, come già molti hanno osservato, che per l’Italia nonostante le leggi e la cultura scientifica presente, la prevenzione è una chimera. Poi piangiamo i morti.
Vi è stata e vi è una grande solidarietà nei confronti delle comunità colpite; le istituzioni si sono mosse si è capito che è necessario intervenire subito, che per recuperare per quanto possibili i danni e ricostruire è necessario che:
-         la popolazione non va allontana dalla propria terra;
-         la popolazione deve essere coinvolta in tutte le scelte che la riguardano.
Un tema che appare secondario di fronte al disastro generato dal terremoto è quello della presenza di amianto che in quantità grandi o piccole, secondo le peculiarità delle costruzioni, può contaminare i soccorritori per primi e i cittadini che stazionano nelle vicinanze dei paesi distrutti.
L’esposizione all’amianto, sappiamo bene, produce danni anche a grande distanza di tempo. In particolare l’amianto ridotto in polvere è pericolosissimo. Non pratichiamo l’incuria della mancata prevenzione, non avendo pensato che in zona sismica si possono manifestare dei terremoti, ma agiamo da subito con tutte le precauzioni per evitare la contaminazione.
Ci rivolgiamo alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, ai sindaci dei territori devastati e tramite loro a tutti i volontari che si sono adoperati e continuano a farlo in questo doloroso frangente. Consideriamo la presenza di amianto che il terremoto ha reso pericolose. Attuiamo tutte le possibili misure di prevenzione a partire dall’informazione alle persone che in qualunque modo sono coinvolte e preoccupiamoci altresì dei luoghi in cui i materiali di risulta verranno scaricati.

Associazione Italiana Esposti Amianto
Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute
Milano, 28 agosto 2016

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Monday, August 29, 2016 7:56 PM
Subject: FOGGIA: I BRACCIANTI BLOCCANO PER ORE LA FILIERA DEL POMODORO

Ieri grande giornata di lotta dei braccianti in Puglia! In più di 400 hanno bloccato per sei ore la Princes, la più grande fabbrica di trasformazione del pomodoro d’Europa, 3 miliardi di fatturato l’anno, alla periferia di Foggia.
Pomodoro che raccolgono in condizioni indegne nei campi della provincia, senza rispetto dei contratti, vivendo in ghetti alla periferia della città. Abbiamo più volte dato notizia della loro mobilitazione sulle nostre pagine. Pubblichiamo di seguito il comunicato del Comitato dei lavoratori delle Campagne e di Campagne in lotta che fa una cronaca della giornata.
COMUNICATO STAMPA
Si è concluso il blocco dei lavoratori delle campagne davanti alla Princes, ma la loro lotta non si ferma. Oggi è stata una grande giornata: 400 lavoratori delle campagne hanno scioperato e bloccato per oltre sei ore la trasformazione del pomodoro a Foggia. Le due grandi aziende della zona industriale, la Futuragri e la Princes, non hanno potuto lavorare il pomodoro né far uscire dalle fabbriche conserve e pelati. Molti i camionisti solidali con la lotta, visto il trattamento che ricevono dall’azienda.
Questo è solo l’ultimo capitolo di una mobilitazione che prosegue dallo scorso settembre, e che pretende la regolarizzazione di tutti i lavoratori senza permesso di soggiorno e il rispetto dei contratti collettivi. Grazie al blocco, i lavoratori hanno ottenuto un impegno da parte dell’associazione nazionale delle industrie conserviere (ANICAV) a partecipare ad un incontro in cui pretenderemo che riconoscano le loro responsabilità nel garantire il rispetto dei diritti contrattuali, e un incontro con il questore riguardo ai permessi di soggiorno. Dal canto suo, il governo preferisce trincerarsi dietro ad un muro di silenzio.
Siamo consapevoli che questo è solo l’inizio, ma oggi è una giornata storica per la lotta dei braccianti! Dalle campagne, WE STILL NEED YES!!

Comitato Lavoratori delle Campagne
Rete Campagne in Lotta
Solidaria Bari

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