lunedì 16 maggio 2016

14 maggio - Per legge il padrone ti può sfuttare-umiliare-molestare ma per legge il lavoratore non può insultarlo, pena il licenziamento. Una sentenza conferma ciò

da cobas pisa


Il padrone per la legge non va mai contestato?
L’insulto al superiore gerarchico giustifica il licenziamento in tronco anche se non si concretizza in gesti violenti o se il contratto collettivo non prevede questo tipo di sanzione, per la legge insomma l’autorità dei capi e dei padroni non va messa in discussione apertamente perchè pregiudicherebbe la stessa organizzazione aziendale.
Stentiamo a crederlo ma lo scrive una recentissima sentenza della Cassazione (sentenza 9635/2016) che sancisce la validità del licenziamento del dipendente che insulta un suo superiore.
La sentenza prende le mosse da un fatto, dal licenziamento di un lavoratore per aver rivolto offese a un superiore gerarchico e alla stessa dirigenza aziendale. In primo grado e in appello il licenziamento era stato dichiarato illegittimo (con tanto di reintegra e risarcimento del danno), i giudici avevano stabilito che le ingiurie non avevano prodotto il rifiuto di eseguire le prestazioni richieste e da qui il giudizio sulla natura non offensiva e aggressiva delle parole.
Ma a distanza di mesi , la giurisprudenza cambia e segue il vento del jobs act vito che la Cassazione ribalta i due pareri precedenti e giudica insubordinata la condotta di un dipendente che voglia pregiudicare lo svolgimento del lavoro e contestare la stessa organizzazione aziendale. La Cassazione ribalta queste decisioni, negando che l’insubordinazione del dipendente si possa configurare solo in caso di rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite da un superiore gerarchico. L’insubordinazione, osserva la sentenza, si concretizza ogni volta che il dipendente adotta una condotta capace di pregiudicare lo svolgimento del lavoro nel quadro dell’organizzazione aziendale, quindi anche toni elevati o un domani una decisa iniziativa sindacale potranno essere giudicati motivi sufficienti ad un licenziamento. La giurisprudenza talvolta produce mostruosità e sempre piu’ numerose sono ormai le sentenze che favoriscono un punto di vista prettamente padronale. Temiamo che il prossimo passaggio possa essere inserire specifici punti nei prossimi contratti nazionali anche se il fatto che il ccnl non includa la condotta ingiuriosa tra i motivi validi per un licenziamento non ha impedito alla Cassazione di emettere questa sentenza. E attenzione che numerosi contratti prevedevano il recesso del rapporto di lavoro solo in caso di aggressione fisica stabilendo una gradualità tra le varie offese, la Consulta invece non ha dubbi e prevede il recesso del rapporto di lavoro anche in sola presenza di parola. La giusta causa di licenziamento? La discrezionalità del giudice resta, solo se a guidare il giudizio è un punto di vista padronale che ha fatto breccia e influenzato la giurisprudenza, per i lavoratori non c’è piu’ scampo e ogni fatto potrà essere giudicato un grave inadempimento e da qui il venir meno del rapporto fiduciario che porta dritti al licenziamento

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