mercoledì 17 febbraio 2016

16 febbraio - Da M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 15/02/16



INDICE

Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
MARCO PIAGENTINI: L'UOMO CHE DEVE FUGGIRE DAL SOLE
LO STRAPOTERE DEI PADRONI COLPISCE ANCHE IN CASENTINO: LICENZIATO IL
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
E' INIZIATA ANCHE QUEST'ANNO LA STRAGE DI AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE, VI PREGO DI OCCUPARVENE

Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
QUARTO QUADERNO DEL CONTROSSERVATORIO VALSUSA

Posta Resistenze posta@resistenze.org
IL PIANO MARCHIONNE E’ IL VERO DISASTRO PER I LAVORATORI E PER LA FIAT IN ITALIA

Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
PICCO ANOMALO DI MORTALITA’ NEL 2015

Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
IL CASO ETERNIT: IL GRANDE PROCESSO

Senza Patria News anarres56@tiscali.it
18 MARZO SCIOPERO GENERALE!

INIZIATIVE IN SARDEGNA CONTRO L’AMIANTO

Muglia la Furia fmuglia@tin.it

Paola Armellini via Change.org mail@change.org
IL PROCESSO PER LA MORTE DI MIO FIGLIO


Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
CONFESSIONE EX OPERAIO ILVA: "SOTTO DISCARICHE E COKERIE C'È DI TUTTO"


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From: Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Monday, February 01, 2016 2:59 PM
Subject: MARCO PIAGENTINI: L'UOMO CHE DEVE FUGGIRE DAL SOLE

Da "Il Corriere della sera" del 1 febbraio 2016
Marco Piagentini: l'uomo che deve fuggire dal sole. “Sulla pelle porto i segni della strage di Viareggio, mi resta un figlio, da sei anni aspetto giustizia”.
“Ogni 29 del mese il treno delle 23.48 passa fischiando. I macchinisti se ne ricordano sempre, è il loro saluto, il loro gesto di rispetto per le vittime di questa strage dimenticata da tutti”.
“Il treno fischia” - racconta Marco Piagentini. E ogni volta lui è lì, come un soldato sull’attenti davanti ai ricordi.
Classe 1968, quest’uomo ha addosso più ferite che anni. Dalla vita ha preso più pugni di quanti potrà mai restituirne eppure alla domanda più banale: come va? risponde che “io vado avanti e non mi arrendo, lo devo a mio figlio che è qui con me e al resto della famiglia che non ho più”.
Era il 29 giugno del 2009, ore 23.48. Un treno carico di GPL deragliò arrivando alla stazione di Viareggio. Nell’urto, una delle 14 cisterne si squarciò e il gas GPL, a contatto con l’ossigeno e con chissà quale scintilla d’innesco, incendiò un quartiere intero, incenerì cose e persone, si arrampicò lungo i muri delle case. La sua era lungo una delle due strade più esposte alle fiamme.
“Io lo so bene che cos’è il fuoco che ti brucia la pelle” - racconta adesso Marco. “Mio figlio Luca aveva quattro anni ed è arso vivo dentro una macchina. Lorenzo aveva due anni e quando le fiamme gli sono arrivate addosso era in braccio a mia moglie Stefania... Mi resta Leonardo che oggi ha 14 anni e che quella notte rimase sotto le macerie per ore a chiedere aiuto. Io vivo per lui”.
“So bene cos’è il fuoco” - dice Marco. E se anche non parlasse lo direbbero le sue ferite per lui: sessanta interventi chirurgici per rimediare a ustioni gravi sul 90% del corpo, cicatrici ovunque e una vita vissuta all’ombra perché “il sole è il mio nemico peggiore”.
“D’estate è sempre un tormento, devo girare coperto da capo a piedi, devo assolutamente proteggermi perché la mia pelle è ipersensibile, sento il calore anche se passo vicino a un muretto intiepidito dal sole. Se esco in scooter mi devo bardare come un terrorista e spesso uso l’ombrello sotto il cielo blu. A volte qualcuno mi chiede che cosa faccio nella vita. L’ustionato, rispondo. Io faccio l’ustionato, ho perduto il mio vecchio lavoro, la mia casa, gran parte della mia famiglia e adesso la mia vita è quel che mi è successo, è mio figlio Leonardo ed è la ricerca della verità e della giustizia. Per la mia famiglia e per quelle di tutte le altre vittime”.
Trentadue morti, anni di indagini e il processo di primo grado in corso per 33 imputati e nove società. Dopo sei anni e mezzo ancora nessuna sentenza e un rischio che, a questo punto, assomiglia a una certezza: la prescrizione (a fine 2016) per i reati di incendio e lesioni colpose. “Non c’è da ragionare o da capire. La sola ipotesi è semplicemente inaccettabile, indecente. Non posso tollerare che un giorno qualcuno mi venga a dire: ci spiace tanto ma l’incendio colposo e le lesioni colpose sono prescritti. Proprio l’incendio, poi... Le parole hanno un significato anche simbolico. A un ustionato come me dicono che dell’incendio basta: non si parla più... E allora i miei bambini e mia moglie di cosa sono morti? E come vogliamo chiamarle tutte queste ferite sulla mia pelle?”.
Marco Piagentini ce l’ha con “la giustizia ingiusta” che vede avvicinarsi sempre più. “Vorrei che fosse chiaro, però. Se tutto questo succederà davvero le famiglie delle vittime di Viareggio potrebbero non rispondere più delle loro azioni. E lo dico come presidente della nostra associazione (Il mondo che vorrei). Sarebbe un’offesa profonda, una nuova ferita gravissima. Dobbiamo già fare i conti col fatto che ci hanno dimenticati... Quando qualcuno ci chiede: Cosa possiamo fare per voi? la nostra risposta è sempre quella: fateci sentire la vostra presenza, non giratevi dall’altra parte, segnatevi la data del 29 giugno sulla vostra agenda e venite a commemorare i nostri morti a Viareggio”.
Lui c’è sempre. Alle commemorazioni, alle udienze ogni mercoledì (a Lucca), all’appuntamento delle famiglie delle vittime il 29 di ogni mese. Si ritrovano tutti dove un tempo c’erano le loro case e le loro vite. Adesso ci sono 32 alberi, un monumento con i nomi dei morti, il fischio del treno e la “casina dei ricordi”. “E’ di legno, piccola” - spiega Marco. “Dentro ci sono oggetti strappati al fuoco. Pupazzi, disegni, cose appartenute ai bambini”. Ogni volta che dice “bambini” la sua voce esita, si abbassa di tono. I suoi bambini... “Luca l’avevo portato in macchina credendolo al sicuro. Ricordo che si è svegliato, mi ha guardato e si è riaddormentato subito. Si sentiva tranquillo fra le braccia del suo papà. Se ci penso...”.
La voce adesso si arrende. Le parole non servono.

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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Tuesday, February 02, 2016 5:41 PM
Subject: LO STRAPOTERE DEI PADRONI COLPISCE ANCHE IN CASENTINO: LICENZIATO IL
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.

Un licenziamento, infondato, ingiusto e radicalmente nullo: questo è il nostro giudizio sul provvedimento che ha colpito David Puri, rappresentante dei Cobas, che da oltre 15 anni lavorava prima alla Astrid Energy Enterprises di Castel San Niccolò e poi alla Borri di Bibbiena quando questa ha incorporato Astrid a seguito della fusione avvenuta a settembre 2014.
David, padre di famiglia con 2 figli piccoli e un mutuo per la casa da pagare, delegato sindacale Cobas impegnato nella tutela dei diritti dei lavoratori, nel corso degli ultimi anni ha assistito a un progressivo deterioramento dell'ambiente lavorativo da imputare alle illegittime e pretestuose condotte aziendali.
Senza andare troppo indietro nel tempo, l'azienda nel febbraio 2013, a distanza di pochi giorni dalla comunicazione di David di voler fruire dei congedi parentali in occasione della nascita della sua prima figlia, tentò di adibirlo a mansioni inferiori, senza riuscirci, grazie ad una pronta reazione del lavoratore.
A quel punto l'azienda isolò David dal resto dei colleghi: questi ultimi infatti vennero distaccati presso la Borri in vista della imminente fusione aziendale con Astrid mentre David venne lasciato da solo in un ufficio.
David rimase così del tutto isolato per un intero anno durante il quale l'azienda cercò di ostacolare la fruizione dei congedi previsti dalla legge per la malattia dei figli, congedi che David riuscì ad ottenere solo dopo essersi rivolto alla Direzione Territoriale del Lavoro di Arezzo.
David fece anche domanda di poter lavorare part-time, come previsto dalla legge e dal contratto, per poter prendersi cura di sua figlia, ma l'azienda respinse immotivatamente la sua domanda. David non si diede per vinto e riuscì dopo 8 mesi ad ottenere il part-time anche grazie all'intervento del Centro Pari Opportunità della provincia di Arezzo al quale era stato costretto a rivolgersi.
La concessione del part-time nel marzo 2014 non fu però indolore in quanto l'azienda pose come condizione l'accettazione di nuove mansioni inferiori (le stesse del precedente tentativo del febbraio 2013) e David, vista l'urgenza di soddisfare le proprie necessità familiari, non potè che assecondare le condizioni aziendali.
In occasione della fusione Astrid-Borri, i Cobas e David in prima persona furono gli unici a rivendicare l'estensione della contrattazione aziendale vigente in Borri ai lavoratori provenienti dalla Astrid, e si parla di circa 4.000 euro/anno.
Decorse appena 2 settimane dalla richiesta David ricevette, per la prima volta in 15 anni di lavoro, la prima contestazione disciplinare, contestazione che risultò poi essere solo la prima di una lunga serie che in pochi mesi lo hanno portato al licenziamento.
David, nell'ambito della sua attività sindacale, ha portato all'attenzione dei lavoratori e dell'opinione pubblica anche l'anomala apertura della cassa integrazione a soli 3 mesi dalla fusione Astrid-Borri, una fusione tra 2 aziende sane che avevano sempre avuto bilanci in attivo e che mai prima di allora avevano richiesto gli ammortizzatori sociali.
In merito alla fusione e alla cassa integrazione, i Cobas presero posizione con un comunicato stampa e David rilasciò un'intervista a una nota rivista locale. Questa intervista non è rimasta inosservata ai padroni e a distanza di pochi giorni David subisce l'ennesima contestazione disciplinare.
A fine luglio 2015 diffondiamo un nuovo comunicato stampa e dopo pochi giorni David subisce ancora un'ulteriore contestazione disciplinare.
Coincidenze? Noi pensiamo di no!
A settembre 2015 David diventa padre per la seconda volta ma purtroppo, come per la prima volta, non riesce a vivere una serena paternità, i congedi parentali sovente valgono sulla carta ma nei fatti trovano un ostacolo insormontabile: l’organizzazione del lavoro e la pretesa dei padroni di controllare tutto e tutti
A seguito di altri procedimenti disciplinari Davide è stato licenziato non prima di averlo isolato in fabbrica. Infatti Davide è l’operaio che ha subito più di ogni altro il ricorso alla cassa integrazione e in 5 mesi è rimasto a malapena 30 giorni al lavoro subendo in questo lasso di tempo 4 contestazioni.
Le statistiche non ingannano: una contestazione a settimana fino al suo licenziamento senza la corresponsione della indennità di preavviso.
A David l'azienda non ha pagato né l'ultimo stipendio, né il Trattamento di Fine Rapporto arrivando addirittura ad adombrare una richiesta di risarcimento contro il lavoratore per inesistenti danni.
Licenziamento, contestazioni e sanzioni disciplinari infondate e pretestuose, ostacoli a una serena paternità, richieste di risarcimento di inesistenti danni, questi sono gli strumenti utilizzati dall'azienda per allontanare David, un lavoratore che ha avuto una colpa per i padroni: aver rivendicato i propri diritti e legittimamente esercitato la propria attività sindacale.
A confermare la fondatezza degli allarmi da tempo lanciati dai Cobas e da David sulla situazione alla Borri, c’è il fatto che circa un mese dopo il licenziamento di David è stata attivata una procedura di riduzione del personale ed è stata aperta la mobilità.
I nostri appelli sono caduti nel vuoto e oggi il Casentino perde ulteriori posti di lavoro.
David ed i Cobas non si faranno intimidire e si tuteleranno in tutte le sedi opportune, abbiamo fatto ricorso contro il licenziamento e a partire da febbraio inizierà la campagna per la riassunzione.
Faremo un'ampia opera di informazione in Casentino ma anche a livello regionale e nazionale, per denunciare quanto accaduto a David e per evitare che altri lavoratori subiscano lo stesso trattamento.
Cercheremo di rompere il muro del silenzio politico-sindacale eretto nel territorio a fronte di centinaia di posti di lavoro scomparsi negli ultimi anni.
Negli ultimi giorni sono arrivate ai Cobas segnalazioni da parte di lavoratori del Casentino che si trovano a operare in aziende del territorio con scarse condizioni di sicurezza, approfondiremo e se necessario denunceremo le aziende alle autorità competenti.
Il giorno 11 febbraio si terrà una conferenza stampa nel Casentino per denunciare il licenziamento di David
Se toccano uno toccano tutti.

Cobas Lavoro Privato
Contatti nel Casentino
telefono e fax: 0575 58 14 23
cellulare: 347 50 18 835

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, February 03, 2016 9:40 AM
Subject: E' INIZIATA ANCHE QUEST'ANNO LA STRAGE DI AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE, VI PREGO DI OCCUPARVENE

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro delle Politiche Agricole
Al Ministro del Lavoro
Anche un bambino di 2 anni è morto ieri in provincia di Teramo a causa del trattore e della mancata consapevolezza da parte di tutti della pericolosità del mezzo. Ieri è morto un agricoltore in provincia di Agrigento, schiacciato da questo mezzo, è il settimo in poco più di un mese. La strage di agricoltori quest’anno è per il bel tempo iniziata prima del previsto.
Lanciamo per il terzo anno consecutivo un appello al Primo Ministro Renzi, al Ministro delle Politiche Agricole Martina e al Ministro del lavoro Poletti affinchè si occupino, con una campagna informativa mirata, di questo flagello che sono le morti provocate dal trattore. Oltre ovviamente di mettere a disposizione dei fondi per mettere in sicurezza i trattori vecchi.
Sono morti così atrocemente 142 lavoratori nel 2015 e 152 nel 2014. Un quinto di tutte le morti sui luoghi di lavoro sono provocate da questo mezzo pericolosissimo che uccide al più piccolo errore, ma anche senza nessuna distrazione o imperizia, per condizioni particolari del terreno e per essere il nostro paese per la maggior parte collinare.
A queste morti occorre poi aggiungere anche bambini che incautamente sono trasportati sul mezzo o lasciati nelle mani di adolescenti che li usano per divertimento facendoci delle gare.
Per non parlare degli innumerevoli incidenti stradali, con molti morti provocate dai trattori.
Preghiamo i media che si occupino finalmente di questa strage che è puntuale ogni anno. Tutti abbiamo un parente, un amico, un conoscente che usa questo mezzo mortale. Avvertiamolo del pericolo che corre.
Con l’arrivo del bel tempo è imminente la prossima strage.
Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di bologna morti sul lavoro

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MORTI SUL LAVORO NEL 2016
Ad oggi, 3 febbraio, sono 43 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno.
Con le morti sulle strade e in itinere si superano gli 85 morti complessivi (stima minima).
Al 31 gennaio 2015 l’Osservatorio aveva monitora 39 morti sui luoghi di lavoro.
MORTI PER INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL 2016 PER REGIONE E PROVINCIA
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in itinere con un mezzo di trasporto.
I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
Gli infortuni mortali al 31 gennaio 2016 sono i seguenti, in ordine decrescente delle morti.
Sicilia 5: Agrigento 2, Caltanisetta 1, Catania 1, Ragusa 1.
Piemonte 4: Torino 2, Asti 2.
Toscana 4: Lucca 1, Massa Carrara 1, Pistoia 1, Siena 1.
Lazio 3: Roma 2, Viterbo 1.
Marche 3: Macerata 2, Ascoli Piceno 1.
Sardegna 3: Cagliari 2, Sassari 1.
Trentino Alto Adige 3: Trento 3.
Veneto 3: Treviso 1, Vicenza 2.
Calabria 2: Cosenza 1, Reggio Calabria 1.
Campania 2: Napoli 2.
Liguria 2: Genova 1, Imperia 1.
Lombardia 2: Bergamo 1, Como 1.
Puglia 2: Foggia 1, Taranto 1.
Abruzzo 1: L'Aquila 1.
Emilia Romagna 1: Reggio Emilia 1.
Umbria 1: Terni 1.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono segnalati a carico delle province.
MORTI SUL LAVORO NEL 2015
Sono stati 678 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015, contro i 661 del 2014 (+2,6%), erano 637 nel 2008 (+6,1%).
i morti sul lavoro non sono aumentati solo questo anno come stimato dalle denunce INAIL, ma noi registriamo un aumento significativo anche rispetto al 2008, anno di apertura dell'Osservatorio.
Con le morti sulle strade e in itinere si superano i 1.400
morti complessivi (stima minima).
Morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015 per regione e provincia in ordine decrescente delle morti.
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in itinere con un mezzo di trasporto.
I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
Lombardia 77: Milano 10, Bergamo 12, Brescia 24, Como 3, Cremona 3, Lecco 2, Lodi 2, Mantova 3, Monza 2 , Pavia 6, Sondrio 6, Varese 5.
Toscana 68: Firenze 9, Arezzo 8 , Grosseto 11, Livorno 5, Lucca 4, Massa Carrara 9, Pisa 7, Pistoia 6, Siena 2, Prato 6.
Veneto 55: Venezia 7, Belluno 2, Padova 6, Rovigo 5, Treviso 7, Verona 9, Vicenza 19.
Campania 52: Napoli 13, Avellino 3, Benevento 9, Caserta 7, Salerno 19.
Sicilia 46: Palermo 15, Agrigento 5, Caltanissetta 4, Catania 4, Messina 6, Ragusa 3, Siracusa 5, Trapani 5.
Piemonte 45: Torino 16, Alessandria 5, Asti 3, Biella 4, Cuneo 10, Novara 1, Verbano Cusio Ossola 1, Vercelli 2.
Lazio 39: Roma 19, Frosinone 6, Latina 2, Rieti 2, Viterbo 10.
Puglia 38: Bari 19, Barletta AndriaTrani 4, Brindisi 4, Foggia 4, Lecce 3, Taranto 4.
Emilia Romagna 32: Bologna 6, Forlì Cesena 3, Ferrara 3, Modena 6, Parma 2, Piacenza 3, Ravenna 4, Reggio Emilia 3, Rimini 2.
Abruzzo 31: L'Aquila 9, Chieti 10, Pescara 3, Teramo 8.
Trentino Alto Adige 24: Trento 10, Bolzano 14.
Marche 19: Ancona 6, Macerata 2, Fermo 3, Pesaro Urbino 3, Ascoli Piceno 5.
Calabria 21: Catanzaro 6, Cosenza 6, Crotone 3, Reggio Calabria 3, Vibo Valentia 3.
Liguria 14: Genova 3, Imperia 2, La Spezia 6, Savona 3.
Friuli Venezia Giulia 15: Gorizia 1, Pordenone 7, Udine 5.
Umbria 14: Perugia 11, Terni 3.
Molise 12: Campobasso 11, Isernia 1.
Sardegna 12: Cagliari 5, Carbonia Iglesias 1, Medio Campisano 2, Ogliastra 1, Olbia Tempio 1, Oristano 3.
Basilicata 8: Potenza 4, Matera 4.
Valle D’Aosta 2: Aosta 2.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono segnalati a carico delle province.
L’INAIL nel 2014 ha riconosciuto complessivamente 662 morti sul lavoro, di questi il 52% sono decessi in itinere e sulle strade, ma le denunce per infortuni mortali sono state 1.107.
Crediamo che anche per il 2015 ci siano più o meno le stesse percentuali.
Nel 2015 tra gli assicurati INAIL sembra ci sia stata un'inversione di tendenza, per la prima volta dopo tantissimi anni questo Istituto vede aumentare le denunce per infortuni mortali, questo nei primi dieci mesi del 2015.
Ma le denunce non comportano necessariamente un riconoscimento dell'infortunio. Sta a noi che svolgiamo un lavoro volontario, senza interesse di nessun tipo, far conoscere anche questo aspetto ai cittadini italiani.

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From: Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
To:
Sent: Wednesday, February 03, 2016 12:03 PM
Subject: QUARTO QUADERNO DEL CONTROSSERVATORIO VALSUSA

E' uscito il quarto Quaderno del Controsservatorio:
“Il Tribunale Permanente dei Popoli, le Grandi Opere e la Valsusa”.
Il volume è curato da Livio Pepino, per le edizioni Intra Moenia.
Chiedetelo in libreria o scaricatelo in pdf al link:
Nelle scorse settimane sono state pubblicate le motivazioni della sentenza che ha concluso lo scorso novembre la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) dedicata alle Grandi Opere. Il quarto quaderno del Controsservatorio ripercorre le diverse fasi che hanno portato al risultato conclusivo, analizza il contesto e approfondisce le prospettive.
Nel raccomandare vivamente la lettura anticipiamo qui alcuni contenuti delle motivazioni della sentenza che potete trovare anche sul nostro sito, al link:
Il TPP afferma che ha ritenuto importante approfondire e verificare l’interazione e il rapporto gerarchico tra variabili e determinanti economico-finanziarie di una “Grande Opera” proposta come strategica a livello nazionale e sostenuta a livello europeo, e gli obblighi relativi al rispetto dei diritti fondamentali degli individui e delle Comunità nelle normative nazionali e internazionali.
A questo riguardo ha valutato opportuno valutare se e quanto il caso Val Susa poteva essere considerato come espressione di una situazione conflittuale locale, o dovesse essere inquadrato e confrontato con la situazione internazionale (europea e non solo) relativa alle Grandi Opere, per verificarne il possibile carattere di espressione esemplare di un problema sistemico a livello europeo e globale.
E ricorda in proposito di aver acquisito documentazione e informazioni su altre Grandi Opere italiane ed europee ritenute rappresentative di situazioni comparabili e/o complementari alla Nuova linea ferroviaria Torino-Lione e ricorda che la segreteria del Tribunale ha anche effettuato accessi diretti a Notre Dame des Landes e a Venezia.
Ha affermato che il rispetto sostanziale del diritto alla partecipazione coincide con lo strumento principale di garanzia e di legittimazione nei processi decisionali ricordando che qualsiasi limitazione grave dell’esercizio del diritto alla partecipazione ostacola anche la garanzia di altri diritti, e si traduce in una violazione della governabilità democratica.
Il TPP ha rilevato responsabilità anche nelle istituzioni europee e ha concluso che la gestione della vicenda del TAV in Valle di Susa si è delineata non già come episodio isolato e a sé stante ma come metodo diffuso di intervento rispetto alle grandi questioni di modifiche territoriali e dell’ambiente in atto.
Ha poi approfondito la relazione tra interesse locale e interesse generale considerando che l'affermazione secondo cui nessun interesse locale può contrapporsi fino in fondo a quello che viene considerato l’interesse generale è assolutamente condivisibile solo a condizione di mettere a confronto interessi “qualitativamente” simili. E a tale riguardo ha fatto notare che mentre le collettività locali si identificano con un territorio delimitato, ma specifico, la collettività più ampia rimanda a una idea di mercato; che cioè da un lato si pongono i valori e le ragioni della società, sia pure in una accezione delimitata geograficamente e dall’altro i valori e le ragioni dell’economia. Ha concluso che in Val di Susa l’equilibrio tra le ragioni dell’economia e quelle della società viene sacrificato a favore delle prime.
Il TPP ha parlato esplicitamente di una politica che sta plasmando le sue scelte sulle indicazioni provenienti dalle istituzioni internazionali, e che costringe sistematicamente la società ad adattarsi alle leggi dell’economia, non riesce più a tutelare i diritti e allo stesso tempo genera una perdita della “qualità” della democrazia.
E ha concluso che sulle popolazioni già colpite dalle grandi opere si chiude una specie di circolo vizioso antidemocratico e oligarchico, che vede come protagonisti potentissimi interessi di grandi attori economici, che strumentalizzano a proprio ed esclusivo interesse le risorse istituzionali del sistema democratico.
Ecco, queste sono solo alcune delle considerazioni contenute nelle motivazioni della sentenza che hanno portato a riconoscere nel dispositivo finale le violazioni di diritti e le diverse responsabilità.

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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, February 04, 2016 1:16 AM
Subject: IL PIANO MARCHIONNE E’ IL VERO DISASTRO PER I LAVORATORI E PER LA FIAT IN ITALIA

Già nel 2005 avevamo denunciato che il piano Marchionne, confermato nel 2007, puntava ad abbassare i volumi di produzione in Italia per trasferirli all'estero, ridurre gli investimenti sull'auto e impostare un piano di riduzione dei costi. Tutto ciò ha portato a dimezzare la produzione di auto in Italia.
Il piano 2005-2008 di agosto 2005 prevedeva 10 miliardi di euro di investimenti, 20 nuovi modelli e 23 aggiornamenti in quattro anni, la riduzione della capacità produttiva in Italia di 65.000 vetture (da 1,43 milioni a 1,36 milioni).
Il piano 2007-2010 del novembre 2007 prevedeva 16 miliardi di euro di investimenti, 23 nuovi modelli e 23 restyling. Per il 2010 la produzione di 2,8 milioni di auto (3,5 assieme alle joint-venture) di cui 300.000 ciascuno per i marchi Lancia e Alfa che sarebbe tornata sul mercato americano nel 2009.
Il piano per Chrysler prevedeva ancora 21 nuovi modelli entro il 2014 e il raddoppio della produzione di auto da 1,3 a 2,8 milioni.
La realtà è stata molto diversa dagli annunci. Attuata con rigore la riduzione dei costi, sono stati bloccati gli investimenti, ogni volta con una scusa diversa, modelli annunciati non si sono fatti e molti altri rimandati. Ad esempio la nuova 147 (ora chiamata Giulietta) prevista per il 2007 uscirà nel 2010, l'ammiraglia Alfa nel 2008, poi nel 2009 non è mai uscita, la stessa sorte per SUV Alfa e SUV Fiat che non sono mai stati prodotti.
Dal 2005 la produzione è stata massicciamente spostata all'estero e in Italia è rimasta la produzione di sole 650.000 auto.
Sempre con gran clamore che nel 2014 ad Auburn Hills, in Michigan, Marchionne presenta il piano: 7 milioni di auto entro 2018 "Cominciamo a scrivere un nuovo libro: un piano che porterà il nuovo colosso globale a produrre sette milioni di auto, arrivando al 2018 con l'utilizzo del 100% della capacità produttiva negli impianti in Italia e in Europa" cosi tuonavano i media assecondando il burattinaio (vedi http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/06/fiat-il-nuovo-sogno-di-marchionne-55-miliardi-di-investimenti-e-7-milioni-di-auto-vendute/975081).
Ora il "camaleontico" Amministratore nella "conference call" con gli azionisti a Londra, annuncia incremento degli obiettivi finanziari, e le decisioni di posticipare il lancio di nuovi modelli di auto (a partire dal quelli a marchio Alfa) e cancellare l'obiettivo di produrre 7 milioni di veicoli, per l’anno 2018, senza nel contempo proporne uno nuovo (vedi  http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/06/fiat-il-nuovo-sogno-di-marchionne-55-miliardi-di-investimenti-e-7-milioni-di-auto-vendute/975081).
La Fiat e il suo Amministratore Delegato hanno dimostrato di non essere credibili: hanno annunciato piani ottimistici non supportati dagli investimenti necessari per attuarli.
Marchionne non solo sta distruggendo l'industria automobilistica Italiana, ma insieme al governo Renzi, e alla Confindustria stanno distruggendo tutti i diritti e le tutele guadagnati dai lavoratori con le dure lotte degli anni Sessanta e Settanta.
Il "burattinaio" dopo aver ottenuto la libertà di licenziamento, il potere di scegliere quali sono le Organizzazioni Sindacali con qui dialogare, sferra un nuovo attacco attraverso l'introduzione delle gabbie salariali nella stessa azienda.
Anche stavolta parte da Pomigliano, L'azienda ha comunicato alle Organizzazioni Sindacali l'intenzione di avviare la procedura per la realizzazione di 12 turni settimanali da destinare a soli lavoratori dello stabilimento di Pomigliano della fascia C in regime di contratto di solidarietà, mentre per la fascia A e B restano i 10 turni.
Ciò determinerà uno dei primi esempi di separazione del trattamento salariale, a parità di condizione lavorativa, nell'ambito degli organici di una stessa azienda.
In pratica durante il sabato di straordinario i 2.300 lavoratori fascia A e B, per la produzione della Panda saranno pagati con la maggiorazione; gli altri lavoratori in regime di solidarietà, che cioè lavorano da anni al massimo un paio di settimane al mese, saranno pagati in via ordinaria, vale a dire più o meno la metà dei loro "selezionati" colleghi.
Questa discriminazione salariale è resa possibile dallo stesso contratto specifico dell'auto, e dall'aperta complicità di FIM e UILM e dalle ambiguità politiche della FIOM sia nazionale che regionale.
Governo e FIM, FIOM, UILM avevano osannato Marchionne riconoscendogli virtù e qualità fuori dal comune.
La CUB ha sempre denunciato l'incongruenza tra piani industriali e risorse disponibili. Adesso tutti fanno finta di accorgersi dell'inganno della Fiat.
Per organizzare una lotta di contrasto al continuo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, è indispensabile sconfiggere l'indifferenza e la rassegnazione dei lavoratori, indotti ad accettare passivamente, come se si trattasse di un fato ineluttabile la loro condizione di subalternità.
Aspettare supinamente che chi è complice dello sfascio industriale, chiami i lavoratori alla lotta sarebbe una scelta negativa e suicida per gli interessi immediati e futuri degli operai.
Basta promesse! Difendere l'occupazione in tutti gli stabilimenti, un piano di investimenti massiccio e credibile, rilancio del marchio Alfa.
Ridurre l'orario a parità di salario e distribuire il lavoro tra i vari stabilimenti.
Per il medio periodo il governo deve operare per la difesa dell'occupazione, del reddito, del lavoro, dell'ambiente per favorire la riconversione del settore dentro un nuovo modello di sviluppo.
Queste sono le rivendicazioni della FLMUNITI-CUB

FLMUNITI-CUB |
01/02/16

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From: Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Thursday, February 04, 2016 10:06 PM
Subject: PICCO ANOMALO DI MORTALITA’ NEL 2015

Un aggiornamento sul dato di mortalità anomala nella prima parte del 2015.

Giustamente, si nota, occorre vigilare.

Saluti.
Enzo


ECCO PERCHE’ CI SONO STATI PIU’ MORTI NEL 2015

2015: mai visti tanti decessi dalla Seconda Guerra Mondiale.
Questa la bomba partita l’11 dicembre scorso dalle pagine del quotidiano L’Avvenire, dove il demografo Gian Carlo Blangiardo commentava i dati di mortalità appena rilasciati dall’ISTAT. Una bomba che ha acceso il dibattito destinato a occupare i media nell’ultimo scorcio dell’anno passato. Perché nel 2015 tanti morti? Quali le ragioni? Colpa della crisi economica? Dei tagli alla sanità? Dell’influenza? Dell’inquinamento atmosferico? Del clima?
Le ipotesi, talvolta fantasiose e poco poggiate su dati solidi, si sono rincorse per settimane sulla carta, alla radio, sul web. L’invito alla cautela da parte dell’ISTAT è arrivato un po’ tardi, con un comunicato stampa datato 28 dicembre. 
Ora, a quasi due mesi di distanza, si può cercare di capire qualcosa di più, grazie anche ad alcuni studi e riflessioni condotti nelle ultime settimane (due dei quali sono pubblicati in avdance da Epidemiologia & Prevenzione, la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia).
L’IPOTESI BLANGIARDO
Ma partiamo dall’origine: l’analisi di Gian Carlo Blangiardo. Dai dati ISTAT relativi ai primi sette mesi del 2015 il demografo desume un surplus di 39.000 morti in confronto al medesimo periodo del 2014: “un aumento dell’11% che, se confermato su base annua, porterebbe a 664.000 i morti nel 2015, contro i 598.000 dello scorso anno”. Un’impennata di 66.000 decessi che Blangiardo assimila a quelli registrati solo durante le due guerre mondiali (in un intervento successivo, pubblicato su Neodemos, le stime vengono riallineate al bilancio demografico ISTAT che a fine dicembre offre le statistiche relative ai primi otto mesi del 2015, ma cambia poco: il surplus arriva a 68.000 decessi in più).
Nella ricerca delle possibili cause (resa peraltro ardua dalla tipologia dei dati ISTAT, che nella prima fase di elaborazione sono aggregati, ossia mancano dei dettagli relativi al genere e alle singole età dei deceduti) Blangiardo esclude un ruolo preminente dell’invecchiamento della popolazione, che darebbe conto solo di una piccola quota, circa 16.000 morti. E gli altri 52.000? Secondo il docente di demografia della Bicocca di Milano queste morti in più sarebbero “un evento straordinario che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato”. E ammonisce: “Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo può avere effetti molto pesanti”. 
Due notazioni a questo punto:
-         i 68.000 morti sono stimati basandosi sull’assunto che il tasso di aumento registrato nei primi otto mesi resti costante fino a fine anno (se ne avrà certezza solo quando ISTAT fornirà il bilancio demografico per tutto il 2015);
-         sia per la determinazione dell’eccesso di morti, sia per quanto concerne il peso dell’invecchiamento della popolazione, i confronti sono fatti rispetto al solo anno 2014.
LE PRIME RISPOSTE
Ora, in attesa che il gruppo di lavoro incaricato dal Ministero della salute (di cui fanno parte, oltre allo stesso Ministero della salute, Agenas, Istituto Superiore di Sanità e alcuni servizi epidemiologici regionali) produca le proprie analisi, qualche risposta in più alla “epidemia di morti” del 2015 c’è.
Il primo approfondimento viene da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale Lazio e del Ministero della salute che si è occupato di studiare la mortalità nelle 32 città facenti parte del Sistema di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera (SiSMG), pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione.
In questo lavoro si è scavato un po’ più a fondo rispetto a quanto reso possibile dai dati grezzi dell’ISTAT, arrivando ad analizzare l’andamento dei decessi, riferiti alla popolazione degli ultra65enni, su base stagionale.
I risultati, ottenuti da un confronto con un periodo di riferimento rappresentato dalle medie degli anni 2009-2013 (il 2014 è stato escluso in quanto anomalo), confermano l’elevata mortalità del 2015 (+11% rispetto al riferimento) mettendo in luce un picco nei primi tre mesi dell’anno (+13%) correlabile al clou dell’epidemia influenzale, e uno nel periodo estivo (+10%) associabile alla forte ondata di calore dell’estate 2015. 
I ricercatori non si sono fermati qui. I dati del Sistema informativo della mortalità del Comune di Roma hanno permesso loro di approfondire ulteriormente l’analisi, abbinando ai dati di mortalità stagionali quelli riguardanti il sesso, le classi di età e le cause di morte. Si è così accertato che l’eccesso di mortalità invernale a Roma ha riguardato soprattutto i grandi anziani (ultra 85enni), deceduti in gran parte per cause respiratorie e cardiovascolari, compatibili con le complicanze dell’influenza.
Che spiegazioni si possono avanzare a questo punto? “Innanzitutto, va notato che un aumento dei decessi nei mesi invernali era stato già segnalato a livello europeo (Progetto EuroMOMO: Excess mortality among the elderly in European countries, December 2014 to February 2015. Euro Surveill) e attribuito alla particolare virulenza dell’epidemia influenzale della stagione 2014-2015 e, in parte, alla minore efficacia del vaccino” sottolinea Paola Michelozzi, prima firmataria del lavoro. “In Italia la situazione potrebbe essersi ulteriormente complicata in seguito all’allarme suscitato dal caso Fluad, che ha comportato un minor accesso alle vaccinazioni da parte dei soggetti più suscettibili, gli anziani. Per quanto concerne la mortalità estiva, è molto probabilmente associata alle ondate di calore di luglio, particolarmente intense e di lunga durata”. 
In questa analisi non si può tralasciare un dato importante, e cioè che il 2014 è stato un anno anomalo, caratterizzato da una mortalità inferiore all’atteso (-5,9%). “Soprattutto nell’estate 2014 la mortalità è stata molto bassa: ciò potrebbe avere determinato all’inizio del 2015 la presenza di un bacino più ampio di soggetti suscettibili (per una ridotta capacità di difesa dell’organismo dovuta all’età avanzata e alla presenza di malattie croniche) e, quindi, un maggiore impatto dell’epidemia influenzale 2014-2015. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, l’aumento dei decessi dell’inverno 2015.
Un ulteriore tassello del puzzle di cause che hanno prodotto l’eccesso di morti del 2015 è fornito da un altro gruppo di studiosi. Cesare Cislaghi, Giuseppe Costa e Alberto Rosano (rispettivamente un economista sanitario, un epidemiologo e un demografo) nell’editoriale di accompagnamento all’articolo di Michelozzi focalizzano l’attenzione su un altro fattore determinante: la composizione della popolazione. Ecco la loro interpretazione del fenomeno.
L’EFFETTO PRIMA GUERRA MONDIALE
I tre studiosi introducono un’ipotesi a prima vista spiazzante: l’eccesso di mortalità del 2015 sarebbe dovuto in gran parte all’aumento di popolazione anziana per effetto, non solo di una maggiore longevità, ma anche di qualcosa di molto remoto: gli effetti della Prima Guerra Mondiale (e non nel senso in cui se ne parlava nelle prime analisi apparse sui giornali!).
Ossia: tra il 1917 e i 1920 si è verificato, per motivi facilmente intuibili, un forte calo di natalità che si traduce nella “mancanza” di oltre 250.000 nati in quegli anni.
“Il transito di questi soggetti nel periodo da noi considerato ha portato i sopravvissuti che nel 2009 avevano tra gli 89 e i 92 anni ad avere nel 2015 tra i 95 e i 98 anni di età, e ciò fa sì che numericamente gli ultranovantenni del 2015, per lo più facenti parti delle coorti successive al 1920, siano il 40% in più degli ultranovantenni del 2009. E’ allora evidente” - spiegano gli epidemiologi - “che se c’è un 40% in più di soggetti a rischio di manifestare un evento, cioè il decesso, ci si deve anche aspettare che ci sia un 40% in più di eventi, cioè di decessi”.
Se si introduce questa correzione, se cioè insieme alle variazioni dei decessi si considera anche la variazione del numero dei soggetti a maggior rischio di morire (se cioè oltre al numeratore si tiene d’occhio anche il denominatore) il fenomeno viene molto ridimensionato. Cosa peraltro confermata da alcune analisi effettuate partendo da dati di mortalità regionale e decessi ospedalieri, che suggeriscono come la mortalità dell’inverno 2014/2015 sia in linea con la media degli anni precedenti ma superiore al 2014 (anno anomalo, come si è già visto); l’eccesso estivo, per il quale la correzione demografica è meno rilevante, sarebbe invece confermato e attribuibile alle ondate di calore.
Secondo Cislaghi, Costa e Rosano “l’eccesso di mortalità nel 2015 è un incremento in gran parte dovuto all’aumento di popolazione anziana, fenomeno non evitabile, e in parte più modesta a fenomeni in parte prevenibili come l’epidemia influenzale di inizio 2015 e l’ondata di calore del luglio 2015 (anche se nel merito occorrono ulteriori approfondimenti)”.
CHE CONCLUSIONI SI POSSONO TRARRE DA QUESTA VICENDA?
Per prima cosa, indipendentemente dalla diversa quantificazione dell’effetto “incremento di mortalità”, sia i ricercatori romani sia i firmatari dell’editoriale concordano su un punto: i sistemi di vigilanza e monitoraggio del Paese vanno resi più efficienti, se non riprogettati. 
Tanto per cominciare, bisogna disporre dei dati di mortalità in maniera più celere. Oggi l’ISTAT fornisce le statistiche nazionali della mortalità per causa con due anni di ritardo, mentre i dati più tempestivi, che sono comunque aggregati e senza informazioni sulle cause, vengono rilasciati con una latenza di molti mesi. Un ritardo che, siccome i dati sui decessi sono il più importante macroindicatore dello stato di salute di una popolazione, si traduce nell’impossibilità di usare queste statistiche per programmare interventi di prevenzione tempestivi. Per esempio per promuovere la vaccinazione antinfluenzale, qualora si confermi un eccesso di morti a causa del virus, o per gestire al meglio le conseguenze delle ondate di freddo o di caldo.
Inoltre, sarebbe una buona cosa mettere in relazione e rendere reciprocamente leggibili e interpretabili i sistemi di rilevazione locali (regionali, comunali) che in genere dispongono di dati più aggiornati, ma che sono inutilizzabili per un confronto tra diverse realtà locali a causa dei diversi metodi rilevazione e codifica utilizzati.
Occorre anche vigilare sulla qualità dei dati e utilizzare i metodi di analisi corretti. “Pensiamo che nei sistemi di vigilanza e di monitoraggio il calcolo degli eventi attesi dovrebbe essere sempre stimato a priori nella misura più accurata possibile in modo che quando poi si conta quanto è successo si possa subito dire se si è in presenza o meno di una situazione di allarme” - auspicano Cislaghi, Costa e Rosano.
Infine, anche il richiamo ai possibili effetti della crisi e delle disuguaglianze sociali non dovrebbe essere lasciato cadere nel vuoto, anche questi, infatti, sono possibili fattori da tenere sotto controllo. Insieme all’inquinamento atmosferico, anch’esso causa di eccessi di morti prevenibili, come dimostra un articolo di Renzi e altri che analizza decessi e ricoveri attribuibili alle polveri sottili a Roma nel dicembre scorso, in pubblicazione sullo stesso numero di Epidemiologia & Prevenzione

4 febbraio, 2016

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From: Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Friday, February 05, 2016 5:40 PM
Subject: IL CASO ETERNIT: IL GRANDE PROCESSO

Segnalo che è disponibile online, il volume curato da Rosalba Altopiedi e Sara Panelli, Il grande processo, dossier del caso Eternit, liberamente leggibile e scaricabile, per esempio da questo link:

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From: Senza Patria News anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Saturday, February 06, 2016 8:41 AM
Subject: 18 MARZO SCIOPERO GENERALE!

Per conoscenza e ... passaparola!
Quello in allegato è il documento definitivo della proclamazione dello Sciopero Generale già inviato ieri mattina a mezzo telegramma agli indirizzi in epigrafe.
Presidente del Consiglio: Matteo Renzi
Ministro del Welfare: Giuliano Poletti
Ministro della Funzione Pubblica: Marianna Madia
Presidente della Commissione di Garanzia ex Legge 146/90: Alberto Alesse 

OGGETTO: PROCLAMAZIONE SCIOPERO GENERALE
La Confederazione Unitaria di Base, in sigla CUB, il Sindacato Intercategoriale Cobas Lavoratori Autorganizzati, in sigla SI Cobas e l’Unione Sindacale Italiana AIT, in sigla USI-AIT proclamano lo sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per l’intera giornata del 18 marzo 2016:
-         per i turnisti compreso il primo turno montante;
-         per i Ferrovieri lo sciopero è dichiarato dalle 21 del 18 marzo alle 21 del 19 marzo.
MOTIVAZIONI DELLO SCIOPERO
Contro la guerra e gli interventi militari all’estero che dietro al pretesto della lotta al terrorismo promuovono piani imperialistici di sfruttamento e oppressione.
Contro l’accordo sulla rappresentanza del 10/01/14 tra Confindustria, CGIL, CISL, UIL atto a irreggimentare le rappresentanze dei lavoratori e il diritto di sciopero; la libertà di organizzazione sindacale e di sciopero.
Contro la politica economica e sociale del governo Renzi e dell’unione Europea, contro il Jobs Act e le altre misure per il mercato del lavoro, contro l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Contro il blocco dei contratti pubblici e privati, l’aziendalizzazione della contrattazione e la individualizzazione del rapporto di lavoro; contro le privatizzazioni, le grandi opere dannose e la distruzione del territorio.
Contro la legislazione che a vario modo favorisce precarizzazione e forme di sfruttamento selvaggio (esternalizzazioni, appalti, sub-appalti, cooperative di comodo) come ampiamente appurato nel settore della logistica, del cargo e della salute pubblica e privata.
Contro la riforma della scuola, per la stabilizzazione del personale.
Contro il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione.
Contro la riforma del mercato del lavoro, che lascia milioni di disoccupati privi di mezzi di sussistenza e promuove lavoro gratuito, per la garanzia del salario.
Per la redistribuzione del reddito attraverso consistenti aumenti salariali per tutti i lavoratori e pensionati.
Per la rivalutazione delle pensioni, riduzione degli anni per il diritto alla pensione, salute e sicurezza sui posti di lavoro. Diritto all’abitare, contro la precarietà e lavoro gratuito.
Per il diritto al lavoro, attraverso la riduzione d’orario a parità di salario, investendo per la bonifica dei siti inquinati, la messa in sicurezza del territorio, il risparmio energetico e le energie alternative.
Per la libertà di circolazione della forza lavoro, la parità di diritti agli immigrati e l’integrale abolizione della legge “Bossi-Fini”.
Durante lo sciopero generale saranno garantiti i servizi minimi essenziali. Eventuali articolazioni di categoria e/o territoriali saranno comunicate a cura delle stesse. Si rammenta alle istituzioni in indirizzo di garantire il rispetto dell’informazione all’utenza sullo sciopero come previsto dall’articolo 2, comma 6 della Legge 146/90 e successive modificazioni.

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From: Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent: Saturday, February 06, 2016 10:15 AM
Subject: INIZIATIVE IN SARDEGNA CONTRO L’AMIANTO

Invio con la presente il comunicato che abbiamo redatto in seguito alle iniziative promosse da Medicina Democratica (MD) e Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) in Sardegna che stanno portando a buoni e importanti frutti.
Sulla sentenza di Brescia si entrerà meglio in merito, una volta letto bene il dispositivo.
Saluti a tutti
Fulvio Aurora
                             
COMUNICATO STAMPA
Al seguito delle denunce presentate presso la Procura della Repubblica di Nuoro dalla Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) e da Medicina Democratica (MD), gli organi della Autorità Giudiziaria sono intervenute nell’area dei siti industriali del Comparto fibre delle società Enichem e Montefibre di Ottana, a partire da quanto era stato esposto dalle associazioni proponenti e addirittura andando oltre: terreni fortemente inquinati da amianto e da altre sostanze tossiche, discariche abusive e incontrollate “ricche” di altrettanti rifiuti dannosi per la salute.
E, sembra che sia solo l’inizio.
Ancora l’esposto-denuncia alla Procura rilevava anche una mancanza di applicazione delle leggi a tutela dei lavoratori e in particolare degli ex esposti all’amianto, molti dei quali hanno contratto gravi malattie e non pochi sono per questo deceduti.
Ciò ha fatto muovere l’INAIL regionale (i cui responsabili, forse, si sono accorti di avere una coscienza non del tutto limpida) che a Cagliari il 4 febbraio ha indetto una conferenza stampa.
E’ stato confermato che l’amianto in fabbrica esisteva che i lavoratori ne potevano soffrire, ma che era stato fatto tutto o quasi per rispondere a quanto stabilito dalla normativa. Peccato che i numeri e le procedure fornite dagli stessi responsabili dell’INAIL hanno dimostrato il contrario.
Su 77 malattie professionali denunciate ne sono state riconosciute 6 e su 1.441 richieste di risarcimenti previdenziali ne sono stati “concesse” 12. La Legge richiede una applicazione puntuale, non burocratica. Sembra che l’INAIL invece di operare per riconoscere sia stato più propenso a intervenire per non riconoscere.
Gli organi di stampa e i mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto di tutto ciò. I fatti e gli argomenti sono stati anche presentati e discussi nelle assemblee legislative (Consiglio Regionale della Sardegna e Parlamento), oltre i Comuni, i sindacati, gli altri movimenti e associazioni.
AIEA e MD chiedono di fare una grande operazione di verità e di giustizia: di riconoscere che molti, a tutti i livelli e in varia misura hanno prodotto, in nome dell’occupazione (o del profitto?) condizioni peggiori di salute e di ambiente. Si è visto, infatti, successivamente come il lavoro svincolato dal diritto alla salute è stato fortemente ridimensionato lasciando dietro di sé povertà, malattia e grave inquinamento.
Confidiamo che la Magistratura vada fino in fondo, ma la sua azione non può essere l’unica. Per questo siamo impegnati a sollecitare tutti i soggetti interessati a fare la loro parte.
Per primo vogliamo raggiungere l’obiettivo di eliminare l’amianto dalla Regione Sardegna.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario da subito che:
-         i lavoratori ex esposti vengano inseriti nel Registro degli esposti e avviati di conseguenza alla sorveglianza sanitaria nelle forme e nei modi concordati fra la Regione e le associazioni degli ex esposti, prevedendo l'emissione della richiesta di malattia professionale per i casi interessati a tutte le lesioni asbesto correlate compresi oltre i mesoteliomi e le asbestosi anche i carcinomi polmonari le placche pleuriche;
-         che il Registro dei Mesoteliomi venga allargato a tutti i tumori asbesto correlati e in particolare vengano iscritti anche coloro cui è stato diagnosticato un carcinoma polmonare;
-         che vengano riconosciute le malattie professionali tabellate;
-         che venga eliminata la prescrizione per le rendite al superstite;
-         che anche ai/alle vedovi/e degli ex esposti venga concessa la possibilità di chiedere la rivalutazione contributiva ai sensi della Legge 257/92;
-         che venga riconosciuto il diritto ai risarcimenti INPS “iure ereditatis” derivanti dalla ricostituzione della pensione in seguito all'acquisizione della rivalutazione contributiva;
-         che venga approvato il Disegno di Legge n. 1645 comunicato alla Presidenza del Senato il 22/10/14 riguardante: "Misure sostanziali, processuali e previdenziali a tutela delle vittime, a qualsiasi titolo, dell'amianto".
Per ciò stesso AIEA in Sardegna si raggrupperà, unificando tutte le sezioni esistenti in un’unica realtà regionale con sede a Cagliari e parlerà con una voce sola di concerto con i responsabili nazionali.

Per il Direttivo Nazionale di AIEA:
-         Armando Vanotto, presidente;
-         Fulvio Aurora, segretario;
-         Maura Crudeli, vice segretaria;
-         Valentino Gritta, vice presidente, responsabile per il Nord;
-         Mario Murgia, vice presidente responsabile per il Sud;
-         Dario Vittone, tesoriere.
Per MD Sardegna:
-         Francesco Carta.

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From: Muglia la Furia fmuglia@tin.it
To:
Sent: Saturday, February 06, 2016 4:30 PM

Che il fenomeno degli infortuni sul lavoro in agricoltura rappresenti una tragica realtà e che la provincia di Bolzano non faccia eccezione, è noto a tutti.
Nel 2015 in Italia, secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, i morti schiacciati dal trattore sono stati quasi 150, pari al 60% di tutti gli infortuni mortali in agricoltura. La Provincia di Bolzano anche nel 2015, con 14 infortuni mortali, ha superato quella di Trento (10), anche a causa degli infortuni nel settore agricolo (5 morti in provincia di Bolzano contro i 4 del Trentino).
L’unico che pare non essersi accorto della drammatica situazione, o forse non ancora contento del trattamento di favore riservato agli agricoltori, pare essere l’onorevole Manfred Schullian, parlamentare del Südtiroler Volkspartei, membro della Commissione Agricoltura.
Sua è infatti la proposta di due emendamenti alla legge “mille proroghe” 2016, finalizzati a procrastinare al 31 dicembre 2016 l’entrata in vigore degli obblighi di abilitazione all’uso, ai sensi del comma 5 dell’articolo 73 del D.Lgs. 81/08, e di revisione delle macchine agricole, ai sensi dell’articolo 111 del nuovo Codice della Strada.
L’obbligo dell’abilitazione all’uso di determinate attrezzature (escavatori, gru, trattori, carrelli elevatori ecc.), è in vigore, per tutti gli altri settori economici da 2 anni e, solo per quello agricolo, dal 1 gennaio 2016.
Avete letto bene, l’onorevole Schullian sta chiedendo la proroga di un obbligo, quello dell’abilitazione all’uso del trattore, in vigore già dal 1 gennaio 2016.
A denunciare la cosa è il Coordinatore del Gruppo di Lavoro Interregionale “Prevenzione in agricoltura e selvicoltura” che, in una lettera del 29 gennaio, inviata al Capo Segreteria del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali, scrive:
“Considerato che erano state già tre le proroghe intervenute circa la revisione e due quelle sull’abilitazione obbligatoria, è evidente che i contenuti degli emendamenti in questione, a fronte di un Decreto tecnico attuativo della revisione già predisposto e in attesa di firma, comporterebbero un ingiustificabile ritardo nel compimento del percorso di prevenzione fin qui delineato, e prolungherebbero inutilmente la serie di lutti collegati alla mancata messa a norma dei trattori (quasi 150/anno). Infine, limitatamente all’obbligo di abilitazione, non si capisce perché spostare nel tempo l’applicazione di un obbligo che è già in vigore a partire dal 1 gennaio 2016”.
Sempre nella denuncia dei tecnici regionali si legge che si tratta di provvedimenti essenziali per migliorare le condizioni di sicurezza dei lavoratori agricoli e si invita chi di dovere a “scongiurare tale vergognosa e ingiustificata dilazione”.
Speriamo che l’appello trovi il dovuto accoglimento da parte del Ministero e che non si voglia, ancora una volta, accontentare una categoria e un partito, scambiando i pochi, ma essenziali voti della Südtiroler Volkspartei, per la stabilità del governo Renzi.
Un tentativo, quello dell'onorevole Schullian che, comunque vada, otterrà l'effetto di generare dubbi e incertezze tra gli addetti ai lavori. Complimenti onorevole! 

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Paola Armellini via Change.org mail@change.org
To:
Sent: Tuesday, February 02, 2016 11:38 AM
Subject: IL PROCESSO PER LA MORTE DI MIO FIGLIO



Il 5 marzo saranno passati già quattro anni dalla morte di mio figlio Matteo: stava montando un palco, quello per il concerto di Laura Pausini a Reggio Calabria. Matteo è morto sul lavoro.
Quattro anni in cui il processo per la sua morte, dopo un apparente celere avvio, rischia di fermarsi.
Mi hanno proposto un accordo per i danni che avrei subito e ho rifiutato: per me giustizia è individuare il responsabile di quanto successo, non un assegno da 350.000 euro sventolato in aula.
Il punto è che il procedimento per la morte di mio figlio Matteo quasi certamente dovrà iniziare da capo. Il Giudice incaricato da giugno prenderà servizio a Palmi e toccherà ad altri gestire l’istruttoria dall’inizio fino alla fine. Questo vuol dire che molto probabilmente, davanti al nuovo Giudice tutti i testimoni che hanno già deposto dovranno tornare in aula per ripetere quanto in precedenza messo agli atti e forse tra un anno e mezzo il processo arriverà allo stesso punto in cui si trova oggi. Con l’avanzare del tempo, il risultato finale di tutta questa storia, potrebbe essere quello della prescrizione e dunque potrebbe essere che io non riesca mai a vedere i responsabili della morte del mio unico figlio.
Ci sono grosse possibilità che giustizia per Matteo non venga mai fatta perché il passare del tempo fa calare un velo di indifferenza sulla giovane vita di un lavoratore morto e fa perdere le tracce di quanto successo.
Quella di mio figlio è una triste storia in cui confluiscono una miriade di problemi all’italiana: improvvisazioni, mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e sugli infortuni sul lavoro per i lavoratori di serie B come Matteo ai quali si aggiungono tutti i noti problemi di un’organizzazione giudiziaria che certamente non agevola la richiesta di giustizia delle vittime del reato.
Matteo non tornerà in vita e forse nel suo caso non verrà individuato neanche un colpevole. L’unica ragione rimasta per andare avanti è per me fare in modo che la morte di mio figlio possa avere in qualche modo un senso. Un senso di giustizia per tutti.
Per questo, chiedo che vengano messi all’ordine del giorno i disegni di legge sulla prescrizione che prevedono la sospensione della prescrizione con la sentenza di condanna di primo grado.
Abbiamo bisogno di giustizia. Voglio almeno questa magra consolazione.



Firma la petizione

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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Thursday, February 11, 2016 4:14 PM
Subject: CONFESSIONE EX OPERAIO ILVA: "SOTTO DISCARICHE E COKERIE C'È DI TUTTO"

Segnalo il video al link:
Confessione ex operaio ILVA: "Sotto le discariche e le cokerie c'è di tutto".

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