martedì 27 ottobre 2015

27 ottobre - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 27/10/15



INDICE

Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
L’ATTUALITA’ DEL VAJONT

Franco Mugliari fmuglia@tin.it
MUGLIA LA FURIA INVITATO COME RELATORE AD UN CONVEGNO!

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
QUANDO GLI AVVOLTOI SI BUTTANO SULLE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO SOLO PER FARSI PUBBLICITA’...

Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro bastamortesullavoro@gmail.com
AL TRIBUNALE DI TARANTO PER IL PROCESSO ILVA

Comitato No basi nobasinoborder@gmail.com
APPELLO ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015

SINTESI DELLA RIUNIONE DI PALERMO DI MEDICINA DEMOCRATICA

Assemblea Lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@yahoogroups.com
REDDITO, SALARIO, WELFARE E LAVORO MIGRANTE. LO SCIOPERO SOCIALE SI RIMETTE IN CAMMINO

COMUNICATI STAMPA: PRECETTATI I FERROVIERI PER GLI SCIOPERI DEL 24 E 25 OTTOBRE

INVITO PRESENTAZIONE PRESSO SENATO DELLA REPUBBLICA ATTI CONVEGNO MATERA
        
Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
PRESIDIO AL TRIBUNALE DI LIVORNO GIOVEDI’ 29 OTTOBRE SULLA ‘SENTENZA’ CONTRO RICCARDO ANTONINI

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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Thursday, October 15, 2015 9:30 AM
Subject: L’ATTUALITA’ DEL VAJONT

di Alexik
Il 9 ottobre è passato, e con lui il 52° anniversario della strage Vajont, quasi assente quest’anno dai telegiornali e dai quotidiani nazionali. Come era prevedibile, una volta spenti i riflettori del cinquantennale, il silenzio ha ricoperto ciò che era già stato sepolto dal fango.
Fango materiale, ma anche morale e politico.
Devo dire che a volte è meglio il silenzio piuttosto che la retorica. Se non altro quest’anno ci siamo risparmiati (ad esclusione di una rapida sortita della Serracchiani) il mantra del “Che non succeda mai più !”, recitato dagli stessi soggetti che nemmeno un anno fa hanno deciso, col decreto “sblocca Italia”, un salto in avanti nella devastazione dei territori.
Ci siamo risparmiati le commemorazioni edulcorate, che rievocano “l’immane tragedia del Vajont” dopo averla asetticamente ripulita da una serie di dettagli: la complicità fra potere politico e industriale, le violenze contro le popolazioni, la connivenza dei media e dei ceti accademici con i monopoli dell’energia, la corruzione degli organi di controllo, i conflitti di interesse, la privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite. Dettagli su cui è meglio sorvolare, casomai risvegliassero analogie col presente. Con la storia, per esempio, di un’altra valle, dove la devastazione è imposta per legge e difesa manu militari.
L’ATTUALITA’ DEL VAJONT
Oggi come allora, lo Stato fa muro attorno alla grande opera. Esimi scienziati la difendono, come è successo a un convegno della Società Geologica Italiana, dove si è decretato che la produzione di 300.000 metri cubi di detriti contenenti amianto, prevista per la perforazione del tunnel in Val di Susa, non costituisce un problema per la salute pubblica.
Era il 2006, ma sembrava di tornare ai bei tempi di Giorgio dal Piaz, il luminare della geologia le cui perizie diedero “rigore scientifico” al progetto della diga del Vajont.
Del resto al convegno di Torino relazionava anche suo nipote, Giorgio Vittorio Dal Piaz, responsabile degli studi geologici di base per il Traforo del Brennero (perché la grande opera è una passione di famiglia).
Oggi come allora, si usano i tribunali per far tacere gli oppositori alla grande opera, come successe a Tina Merlin, inquisita per “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. Oggi come allora, i media decantano la grande opera, con la stessa subalternità e servilismo dimostrati all’indomani della strage del Vajont, quando sfoderarono le più grandi firme del giornalismo nazionale per assolverne d’ufficio i responsabili e tacciare di sciacallaggio chi ne indicava i nomi.
-         Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi. Non è che si sia rotto il bicchiere, quindi non si può dare della bestia a chi l’ha costruito. Il bicchiere era fatto a regola d’arte, testimonianza della tenacia, del talento e del coraggio umano. Sconfitta in aperta battaglia, la natura si è vendicata attaccando il vincitore alle spalle (Dino Buzzati, Corriere della Sera, 11 ottobre 1963).
-         “Si potrebbe dire che questa è una sciagura pulita, gli uomini non ci hanno messo le mani, tutto è stato fatto dalla natura, che non è buona e non è cattiva, ma indifferente. Non c’era niente da fare, non ci sono colpevoli” (Giorgio Bocca, Il Giorno, 11 ottobre 1963).
-         “Nella vita delle Nazioni ci sono anche le tragedia spaventose, le carestie, pestilenze, i cicloni, i terremoti. Ciò che conta è di saperle affrontare con coraggio, senza farne pretesto di odi e di divisioni interne. Se certe reazioni sbagliate venissero dai poveri sopravvissuti che nella catastrofe hanno perso tutta la loro famiglia, non dico che le approverei, ma le comprenderei e giustificherei. Ma qui vengono invece dagli sciacalli che il partito comunista ha sguinzagliato, dai mestatori, dai fomentatori di odio. E sono costoro che additiamo al disgusto, all’abominio e al disprezzo di tutti i galantuomini italiani” (Indro Montanelli, La Domenica del Corriere, 12 novembre 1963).
Di certo gli sciacalli c’erano, ma non quelli indicati da lui. Dopo la strage strani individui cominciarono a circolare a caccia di sopravvissuti. Erano gli avvocati del “Consorzio dei danneggiati del Vajont”, un organismo creato dalla stessa ENEL per dissuadere i superstiti dall’intento di costituirsi parte civile. Un’operazione decisa dai vertici dello Stato, che vedeva coinvolti alti esponenti della DC e del Partito Socialista.
“A voi superstiti non spetta niente” dicevano gli avvocati. Del resto a chi chiedere i danni se è colpa della natura, come dicono anche Buzzati, Bocca, e Montanelli ?
“Vi conviene accettare quello che ora vi viene offerto, altrimenti non avrete niente”.
In cambio l’ENEL offriva una transazione sulla base di un tariffario predefinito: 3 milioni per un coniuge, 2 milioni per un figlio unico, 800.000 lire per un fratello...
Al massimo 33.000 euro, ai valori attuali. Più o meno quanto offerto due anni fa dalla Marzotto in cambio del ritiro dal contenzioso giudiziario delle famiglie degli operai morti alla Marlane di Praia a Mare. Un’altra analogia con il presente: i prezzi della carne umana un tanto al chilo, da allora, non sono cambiati di molto, né le pressioni sulle parti lese nei processi che coinvolgono il potere industriale, come si evince dal servizio della RAI “Marlane, 107 morti, volevano influenzare i testimoni?” visibile al link:
Anche l’epilogo giudiziario del Vajont ha forti affinità coi giorni nostri, con quell’impunità ribadita l’anno scorso dalla sentenza di Cassazione del processo Eternit. Lievissime furono le condanne e colpirono solo i livelli tecnici. Indenni, nemmeno inquisiti, la proprietà della SADE (il conte Vittorio Cini) i vertici dell’ENEL, e i padrini politici della “diga più alta del mondo”. Dal resto l’ENELl/SADE aveva ottimi avvocati.
Qualche giorno dopo la strage, mentre i sopravvissuti scavavano nel fango, scese dall’elicottero il Presidente del Consiglio Giovanni Leone, promettendogli giustizia.
Scaduto il suo mandato di governo, l’avvocato Giovanni Leone andò a presiedere il collegio di difesa dell’ENEL, contro quegli stessi superstiti a cui aveva promesso giustizia.
Pare sia stato lui a scovare, nel Codice Civile, il cavillo della “commorienza”, cioè quel meccanismo per cui se muoiono contemporaneamente i nonni e i genitori, i nipoti perdono ogni diritto ai risarcimenti per la vita dei nonni. Grazie alla “commorienza”, Leone riuscì a far risparmiare all’ENEL una bella fetta di risarcimenti agli orfani del Vajont. Poi lo fecero Presidente della Repubblica.
Più di recente anche i vertici di Marzotto, Solvay, Thyssen Krupp, Eternit, inquisiti per disastri ambientali e morti operaie, si sono avvalsi dei migliori legali sulla piazza. Che ora capisco, non accettavano l’incarico per soldi: puntavano al Quirinale! OTTOBRE 1963: MUORE LONGARONE, NASCE IL NORD EST
Quello della “commorienza” fu solo uno degli innumerevoli oltraggi subiti dai superstiti del Vajont. Ce ne furono altri: il processo tenuto a l’Aquila per ostacolarne la partecipazione. Il trasferimento forzato dei sopravvissuti di Erto e Casso a Vajont (un paese anonimo creato per l’occasione) che ha determinato la perdita, per questa gente, dei propri luoghi e punti di riferimento, in aggiunta a quella dei propri cari. La sparizione dei fondi delle donazioni private. I sussidi da fame, insufficienti per gente che ha perso ogni cosa, e tali da indurla ad accettare l’offerta di transazione dell’ENEL. L’assenza di qualsiasi supporto psicologico dopo un trauma così profondo. L’adozione degli orfani da parte di famiglie che avevano il solo scopo di incassarne i sussidi, senza nessun controllo da parte di un giudice tutelare. L’interruzione delle ricerche dei corpi (centinaia mancano all’appello). La costruzione (con i contributi della Legge Vajont) di un salumificio in un’area del comune di Erto sotto la quale, probabilmente, giacciono ancora delle vittime.
Fino all’ultimo insulto del 2004: la “ristrutturazione’”(costata 4 milioni di euro) a opera dell’ex sindaco De Cesero, del cimitero di Fortogna, che raccoglieva i resti ritrovati di quei poveri corpi. La rimozione delle croci, delle foto, delle lapidi con le iscrizioni poste dai parenti, distrutte in parte dalle ruspe e sostituite da cippi di Stato, tutti uguali, ai quali non si può aggiungere una foto o porre un fiore, e che non coincidono più con la posizione dei corpi.
La creazione di una sorta di sacrario istituzionale, che cancella la memoria viva dei sopravvissuti per sostituirla con una memoria fittizia, come la commozione dei politici che l’usano, di tanto in tanto, come passerella. Nuovo dolore per gente che non ha più nemmeno una tomba su cui piangere.
Ma uno degli oltraggi più abnormi fu certamente la gestione del fiume di denaro della cosiddetta “‘Legge Vajont”. Un massiccio trasferimento di ricchezza sottratta all’assistenza ai sopravvissuti a favore del capitale privato.
Col pretesto della strage, la Democrazia Cristiana ha provveduto a nutrire la propria rete clientelare del Triveneto, finanziando con una massiccia iniezione di denaro pubblico quell’imprenditoria nordestina che stentava ad agganciarsi al “miracolo economico”. Alla faccia del mito del Nord Est e del suo sviluppo nato dall’operosità! Di quelli che “si son fatti da soli”, senza l’aiuto dello Stato, che esecrano l’assistenzialismo meridionale!
Qui se non interveniva Roma ladrona con gli “sghei” se lo scordavano il mito! E a proposito di ladroni: bella figura fottere i propri vicini vittime di una strage! Perché andò esattamente così la nascita di un modello fondato sul cinismo.
La “Legge Vajont” (Legge 357/64), emanata dal governo di centrosinistra presieduto da Aldo Moro, prevedeva per la ricostruzione o l’ampliamento delle attività distrutte dalla catastrofe, finanziamenti pubblici a fondo perduto e prestiti a tasso agevolato praticamente illimitati, oltre a forti agevolazioni fiscali.
La legge non obbligava, per ottenere i benefici, a ricostruire lo stesso tipo di attività, né a farlo a Longarone e dintorni. L’azienda poteva essere ricollocata in qualsiasi parte delle provincie di Belluno, Udine e limitrofe, vale a dire Trento, Bolzano, Gorizia, Vicenza, Treviso e Trieste...praticamente mezzo Triveneto. Dulcis in fundo, i diritti acquisiti con la legge Vajont erano cedibili, assieme alle licenze, a terzi, sia che fossero persone fisiche o giuridiche.
Così recita un’informativa della Polizia tributaria: “Di queste disposizione approfittarono diverse persone le quali provvidero a rintracciare e avvicinare i sopravvissuti già titolari di licenze per l’esercizio di qualsiasi impresa o eredi di questi, facendosi nominare procuratori speciali per la cessione dei diritti dietro compenso di somme esigue. Una volta in possesso della procura, tali persone, per la maggior parte liberi professionisti, proponevano a grossi complessi industriali, a commercianti che volevano ampliare le proprie aziende o a persone facoltose che avessero intenzione di far sorgere una qualsiasi attività, l’acquisto dei diritti dei quali erano venuti in possesso”.
Poteva quindi accadere che il signor Giuseppe Corona, artigiano e ambulante, cedesse i suoi diritti per meno di trecentomila lire alla Arredamenti Morena SpA di Gemona, che ne avrebbe ricavato quasi 503 milioni (dell’epoca) fra finanziamenti a fondo perduto e mutuo agevolato. Al lordo, si intende, della parcella di 21 milioni al mediatore, tale ragionier Aldo Romanet (Romanet diventerà famoso, per aver, in concorso con altri, sottratto e convogliato in conti svizzeri, un miliardo e duecento milioni dai fondi destinati alla ricostruzione).
La Zanussi Mel, fabbrica di compressori del gruppo Zanussi, ricevette più di sei miliardi di finanziamenti e prestiti agevolati grazie all’acquisto delle licenze dagli eredi di un commerciante di calzature di Longarone, di un rivenditore di elettrodomestici e di un oste.
La Indel SpA di Ospitale di Cadore ottenne tre miliardi e 222 milioni comprando le licenze di un geometra e di un fotografo.
La Filatura del Vajont, comprando la licenza di una segheria, ricavò tre miliardi e 190 milioni.
La Confezioni SanRemo SpA, una delle aziende italiane del tessile più grandi dell’epoca, beccò 2 miliardi e 300 milioni, comprando la licenza di un falegname. Ottenne anche forti agevolazioni IGE (poi IVA), e grazie alla Legge Vajont costruì uno stabilimento e un magazzino centrale a Belluno.
Stesso discorso per le Industrie meccaniche di Alano di Piave (un miliardo e 125 milioni grazie alla licenza di un commerciante di legname), per le Ceramiche Dolomite (un miliardo e 200 milioni per le licenze di una sarta e di una carpenteria), per le Industrie San Marco SpA (4 miliardi con la licenza di un albergo e di un impiantista idraulico).
Per capire pienamente il valore di tali cifre, relative a stanziamenti degli anni ‘60-’70, bisogna riparametrarle ai valori attuali, moltiplicandole anche fino a venti volte, a seconda dell’anno di erogazione.
Centinaia di aziende ottennero contributi (circa trecento solo nel bellunese), in zone che non c’entravano nulla con i luoghi della strage, e quelle dei sopravvissuti erano un’esigua minoranza. Che fine han fatto queste attività?
Alcune chiusero subito.
“Nel 1968 ero una sindacalista, capo della Commissione interna di una fabbrica di manifattura nata con i soldi dei morti e finita male, come molte altre aziende che hanno chiuso non appena sono cessate le sponsorizzazioni per il Vajont” racconta una testimonianza.
La Filatura del Vajont ha chiuso dopo aver campato per anni solo grazie ai finanziamenti pubblici. Nel 1975 veniva segnalata da un’interrogazione parlamentare perché non pagava gli stipendi.
La San Remo ha chiuso definitivamente nel 2004. La Ceramica Dolomite è stata acquisita dal fondo americano Bain Capital, che le ha riversato addosso i suoi debiti, e l’anno scorso lo stabilimento di Trichiana ha rischiato la chiusura. La Zanussi Mel è stata da poco acquistata dal colosso cinese dei compressori Wanbao, acquisizione che ha evitato la chiusura dello stabilimento, ma con 142 dipendenti in meno. A Ospitale di Cadore, nello spazio della vecchia Indel, la Società Italiana Centrali Elettrotermiche (SICET), pensa di costruire un nuovo inceneritore.
C’è caso che della Legge Vajont ci rimanga soltanto il fango.

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From: Franco Mugliari fmuglia@tin.it
To:
Sent: Sunday, October 18, 2015 4:43 PM
Subject: MUGLIA LA FURIA INVITATO COME RELATORE AD UN CONVEGNO!

Con oltre 90.000 visitatori (l’obiettivo è di arrivare a 100.000 entro la fine del 2015, ma sarà dura) e 100 membri, anche la comunità scientifica e professionale si è accorta di Muglia La Furia, invitandolo a partecipare come relatore ad un convegno a Firenze il prossimo 6 novembre.
Oltre a Guariniello, a discutere di 231 e di formazione “efficace”, ci sarà anche Muglia La Furia che penso abbia titolo per parlarne, magari anche in maniera provocatoria, visto che in questi mesi di spunti e materiali sui temi in discussione ne ha offerti davvero parecchi.
Per essere più precisi, la tavola rotonda avrà come tema “La formazione efficace” e la sintesi del contributo di Muglia La Furia potrebbe essere il seguente: “La formazione per essere degna di questo nome deve essere efficace, altrimenti che formazione è?” Bello vero?
E gli organizzatori saranno contenti di questa ideona? Staremo a vedere. Intanto andiamoci.
Il programma completo è scaricabile all’indirizzo:
La scheda di iscrizione al Convegno è all’indirizzo:

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Monday, October 19, 2015 9:59 AM
Subject: QUANDO GLI AVVOLTOI SI BUTTANO SULLE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO SOLO PER FARSI PUBBLICITA’...

Gli interventi mediatici su questo presunto aumento delle morti sul lavoro fanno comprendere bene chi sono e perché adesso che l’INAIL ha “sparato” questo presunto aumento a due cifre delle morti sul lavoro rispetto al 2014.
Incompetenti e disinformati si buttano sulla “preda mediatica” che viene sparata da centinaia di media, soprattutto in rete.
In realtà l’anno veramente tragico e con un aumento a due cifre è stato il 2014 rispetto al 2013, se si considerano morti sul lavoro anche i lavoratori che non sono assicurati all’INAIL e che muoiono lo stesso, senza sapere che non avranno neppure la visibilità dopo morti: morti sul lavoro INVISIBILI.
In realtà non esiste un aumento molto significato delle morti sul lavoro nel 2015 rispetto al 2014. Occorre guardare queste tragedie in termini assoluti e non solo una parte seppur significata che è quella degli assicurati INAIL.
Se si fa questa operazione si vede che l’aumento è “solo” del 2%.
Ma se si analizzano tutte le morti sul lavoro e io in prima persona lo faccio da ben da 8 anni, da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro (http://cadutisullavoro.blogspot.it) che registriamo aumenti.
Il 19 ottobre 2008 erano morti sui luoghi di lavoro 519 lavoratori, oggi 19 ottobre 2015 sono ben 559 (+8,2%) e questo nonostante la perdita di milioni di posti di lavoro.
I morti per infortuni sui luoghi di lavoro sono questi, poi se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere si superano già oggi i 1.150 morti.
Tornando all’aumento a due cifre delle morti per infortuni sul lavoro tra gli assicurati INAIL sui luoghi di lavoro, occorre capire che questo aumento è dovuto soprattutto all’innalzamento dell’età causato dalla legge Fornero che costringe lavoratori anziani, nonostante acciacchi e salute mal ferma a svolgere lavori pericolosi.
La seconda causa è dovuta al Jobs Act che ha fatto ritenere conveniente far emergere una parte del lavoro nero. Economicamente è più conveniente con gli incentivi dati ai datori di lavoro, metterli in regola che continuare a farli lavorare in nero o in grigio.
Questi lavoratori sarebbero morti lo stesso, ma adesso sono visibili a tutti con la potenza mediatica che hanno l’INAIL e l’ANMIL, ma come dicevo l’aumento rispetto all’anno scorso, se si monitorano i morti sul lavoro, è intorno al 2%.
Occorre guardare il problema nella sua reale dimensione e fare una campagna informativa e mettere a disposizione fondi per i due settori che presentano i maggiori rischi d’infortuni gravi e mortali: l’agricoltura (che supera da solo il 30% di tutte le morti sul lavoro e più specificatamente i morti causati dal trattore che sono intorno al 20% di tutte le morti) e l’edilizia con il 22%.
Quando il Jobs Act, svelerà tutta la sua potenza distruttrice che riguarderà tutti i nuovi assunti, che non avranno più la protezione dell’articolo 18, (mica tutti i datori di lavoro sono santi) e saranno costretti a svolgere lavori pericolosi previo licenziamento con una scusa, ne vedremo delle belle nei prossimi anni su questo fronte.
E le casse dello Stato e dell’INAIL piangeranno tantissimo per gli infortuni gravi e mortali.
Prego che gli scandalizzati per un giorno di questa mattanza, che evitino di parlare di problemi che non conoscono e che non utilizzino queste tragedie per farsi un po’ di pubblicità.
E a leggere in questi giorni quello che si trova nel web, sono una moltitudine.

Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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From: Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, October 20, 2015 8:15 PM
Subject: AL TRIBUNALE DI TARANTO PER IL PROCESSO ILVA

Un primo commento.
Cronache più dettagliate in seguito.
Il processo ILVA si è aperto in un delirio confuso di avvocati e procedure, di verifiche delle notifiche, di consegna di nuove parti civili in spazi stretti e affollati in un Tribunale blindato da una sorta di zona rossa presidiato da polizia e carabinieri
Unico punto di riferimento solido i centoventi operai ILVA, lavoratori del cimitero e della Pasquinelli, proletari dei quartieri Tamburi e Paolo Sesto, familiari di operai morti in fabbrica e di morti di tumore sul territorio, che hanno invaso il tribunale, contestato le transenne di accesso della polizia e animato il presidio ora pieno, ora semivuoto perchè tutti dentro il Tribunale.
Dal presidio esterno Slai Cobas e Rete hanno incessantemente denunciato con parole dure e precise i padroni assassini, i loro complici (faccendieri funzionari ed enti di controllo, istituzioni e politici come Vendola e Stefano, che non si sono presentati, i grandi assenti complici di morti e distruzione sindacalisti confederali) con forte consenso dei cittadini presenti o che passavano.
Il presidio ha affermato che non saranno accettate più zone rosse, che tutti possono e devono partecipare, perchè vogliamo un processo popolare, vogliamo giustizia e risarcimenti, consapevoli che l’unica giustizia è quella proletaria e che non sarà un processo che ci salverà, ma una mobilitazione operaia e popolare che spazzi via il sistema del capitale di cui fanno parte la famiglia Riva e complici.
Vogliamo dare un segnale forte e chiaro, un appello alla partecipazione e alla mobilitazione a Taranto come in tutto il paese.
Alle 11 l’udienza si è conclusa con un rinvio al 1 dicembre, non più nel Tribunale, ma addirittura in una caserma dell’Aeronautica che dobbiamo riempire.
Il presidio non si è invece concluso, si è trasferito in folta delegazione alla portineria A dell’ILVA dalle 14 alle 15
Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna: ed è andata benissimo: molti operai in entrata e uscita hanno ascoltato i comizi volanti di operai della Rete Nazionale e di attivisti di fabbrica dello Slai Cobas.
Il processo è entrato in fabbrica, la lotta di lunga durata dentro e fuori i tribunali è cominciata e non si fermerà.

20 ottobre 2015
Slai Cobas per il Sindacato di classe Taranto
Rete Nazionale per la Sicurezza e Salute sui posti di lavoro e sul territorio
telefono: 347 53 01 704

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From: Comitato No basi nobasinoborder@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, October 21, 2015 11:59 AM
Subject: APPELLO ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015

APPELLO ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015
MANIFESTAZIONE AL POLIGONO DI CAPO TEULADA
3 NOVEMBRE ORE 10.30
CONCENTRAMENTO PORTO PINO

La Trident Juncture 2015 (TJ015), la più imponente esercitazione NATO degli ultimi 15 anni, arriva al culmine e conclude una intensissima stagione di esercitazioni e addestramenti, programmata dall’alleanza per tutto il 2015. L’esercitazione coinvolge 33 Stati, ed è ospitata nei poligoni, nelle basi navali e negli aeroporti militari di Portogallo, Spagna e Italia.
La fase preparatoria dell’esercitazione è cominciata da tempo, mentre dal 3 Ottobre ci troviamo in una fase di “simulazione” e organizzazione dei comandi. La fase operativa a fuoco avrà inizio il 21 ottobre e proseguirà sino al 6 novembre, i centri principali in Italia saranno il comando JFC di Lago Patria (Napoli), il poligono di Capo Teulada in Sardegna e l’aeroporto di Trapani Birgi in Sicilia (che sarà affiancato da altri cinque aeroporti militari: Sigonella, Decimomannu, Amendola, Pratica di Mare e Pisa-Grossetto).
E’ uno scenario che richiede uno sforzo di consapevolezza e la volontà di agire.
Riteniamo sia necessario continuare a opporre alle attività militari, per tutta la durata dell’esercitazione, comprese le fasi preparatorie, iniziative e mobilitazioni contro la guerra, le sue strutture, la sua economia, la sua celebrazione (come quella del 4 di novembre) e contro la presenza della NATO, da attuarsi ovunque possibile. In Europa molte sono state e, a breve, saranno le iniziative e le mobilitazioni contro la TJ015, da Cagliari a Napoli, da Marsala a Saragozza.
Nell’ambito di questa ampia mobilitazione la rete No Basi Né Qui Né Altrove si propone di agire il 3 Novembre su uno dei principali teatri di guerra in Italia, il poligono di Capo Teulada, dove è previsto il bombardamento delle flotte NATO contro la costa sarda, lo sbarco di reparti anfibi italiani, USA e del Regno Unito, lo schieramento di reparti di terra che si dispongono a sparare, bombardare e distruggere con ogni tipo di armamento disponibile.
Ci presenteremo, come sempre, con l’obiettivo di inceppare la macchina bellica e ostacolare lo svolgimento dell’esercitazione, solidali con tutte le altre realtà di lotta antimilitarista e antimperialista che si preparano a fare altrettanto.
Ripetiamo il nostro appello ad agire sui luoghi della guerra, possibilmente negli stessi giorni, sia per accrescere l’efficacia dell’azione sia per rendere più chiara la volontà generale e diffusa di opporsi e sabotare questo abominio.
PARTECIPIAMO NUMEROSI ALLA MANIFESTAZIONE A TEULADA
IL 3 NOVEMBRE!
NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA
A FORAS SA NATO DAE SA SARDIGNA E DAE SU MUNDU!!


Rete No Basi Né Qui Né Altrove

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From: Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent: Thursday, October 22, 2015 6:47 PM
Subject: SINTESI DELLA RIUNIONE DI PALERMO DI MEDICINA DEMOCRATICA

PRE-CONGRESSO DI MEDICINA DEMOCRATICA PALERMO
Il giorno 9 Ottobre 2015, presso i locai dell’ex Ospedale Psichiatrico di Palermo, si è svolto un confronto tra Medicina Democratica (MD) e un gruppo di medici e operatori collegati all’esperienza della locale cooperativa Maccacaro o comunque a precedenti percorsi di lotta che avevano come riferimento la figura del fondatore di MD.
Il vice Presidente di MD, Paolo Fierro, ha presentato il senso dell’iniziativa che è stato quello di cercare contatti e confronti in relazione al prossimo congresso di Firenze a partire da un luogo in qualche modo emblematico delle realtà meridionali, sottolineando l’importanza di portare alla scadenza congressuale il contributo strategico e i tanti spunti che nascono dai mille fermenti del Sud. In particolare, sulla base di una scaletta concordata, si è proposta la discussione sul problema specifico del divario territoriale dell’assistenza sanitaria, sui dati relativi a mortalità evitabile, politiche finanziarie restrittive, modifiche del titolo V della Costituzione e ultime proposte governative verso forme di assistenza integrativa in relazione ai piani di arretramento del Servizio Sanitario Nazionale.
Franco Ingrilli, medico palermitano da anni impegnato nel sociale, ha descritto la gravissima difficoltà di sopravvivenza civile di interi settori della società siciliana, che ai mali storici ha visto aggiungersi gli effetti della crisi economica e delle politiche restrittive dei veri governi degli ultimi anni.
In una situazione storica di grave difficoltà e di allontanamento delle fasce deboli dai servizi sanitari è nata la proposta di costruire una rete di ambulatori popolari ,sulla base dell’esperienza greca e con la prospettiva di un accreditamento presso le ASL quale forma di sussidiarietà “orizzontale”.
Per l’occasione erano presenti i rappresentanti di centri sociali cittadini che hanno descritto la complessa opera di aggregazione in ambiti urbani caratterizzati da forte disagio sociale, la conquista di spazi in edifici pubblici abbandonati riaperti ad attività come gli ambulatori popolari.
MD, per bocca di Fierro, pur riconoscendo il grosso valore delle esperienze che si sviluppano al di fuori dei circuiti istituzionali, compresi quelli sanitari, mette in guardia contro i pericoli intrinsechi alle proposte sussidiarie o comunque di sostituzione dell’Assistenza Pubblica con forme di convenzionamento privato seppur nell’ambito del terzo settore “senza fini di lucro”.
Al di là delle buone intenzioni di chi propone una sussidiarietà “fuori del mercato”, MD ritiene che questa prospettiva vada respinta perchè mistificante in una fase in cui i governanti, fedeli esecutori delle direttive del Fondo Monetario Internazionale, hanno in programma un ulteriore arretramento dell’assistenza sanitaria.
Il motivo di questo programma non è quello di sollevare lo stato da settori improduttivi ed economicamente insostenibili, come viene in genere dichiarato ufficialmente (non si può dare tutto a tutti), ma al contrario l’obbiettivo è quello di dare spazio al mercato della salute, che è un settore molto lucroso.
E’ compito invece di chi vuole una prospettiva diversa creare degli spazi di libertà e organizzazione autonoma dove poter sperimentare anche ipotesi di assistenza alternativa, ma finalizzate ad aprire le contraddizioni e organizzare il conflitto.
Lottare per l’esigibilità dei diritti è il contrario della richiesta di riconoscimento di forme pur nobili di assistenza pietistica.
Questa è la linea di MD ribadita più volte negli ultimi congressi (Brindisi e Milano) e questa convinzione deriva da decenni di esperienza in situazioni di storico disagio sociale come Napoli, per tanti versi non dissimile da Palermo o dalla Sicilia in genere.
Sulla base di queste esperienze è possibile proporre, secondo le condizioni specifiche, dei passaggi tattici che consentano l’apertura di spazi di agibilità, di confronto con l’istituzione, ma specialmente di organizzazione dei soggetti deprivati del diritto alla Salute. Questi passaggi non possono sostituire l’obbiettivo strategico di conquistare l’accesso di tutti gli strati sociali a un’assistenza qualificata ed efficace.
L’intervento di Aboubakar Soumahoro, dirigente dell’USB immigrati, è stato esplicativo in proposito. Descrivendo la faticosa costruzione della soggettività sociale dei lavoratori immigrati, legati dai due elementi caratterizzanti, l’essere parte di cicli produttivi come mano d’opera salariata e l’essere “stranieri” senza diritti perché privi di permessi e cittadinanza.
La soggettività degli immigrati si sta affermando a partire proprio dalla presa di coscienza del proprio diritto di essere riconosciuti come esseri umani e non come braccia da sfruttare per l’economia privi di identità civile. Il passaggio successivo è stato quello della lotta per il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’umanità , e cioè salute, istruzione, abitazione etc.
La Salute in particolare è la prima richiesta che viene percepita da qualunque etnia, nazionalità, condizione lavorativa: è l’istinto della sopravvivenza per la qual cosa la malattia è un problema che oltre che generare apprensione crea immediate ricadute sulla capacità lavorativa.
Per questo motivo i lavoratori immigrati sono stati protagonisti di una esperienza di lotta sorta attorno all’interno del dopolavoro dell’Ospedale Ascalesi di Napoli, punto d’incontro di medici, infermieri, studenti dei collettivi studenteschi (Medicina, Sociologia, Psicologia, Orientale, Stranieri dell’Erasmus etc.), militanti dei centri sociali che all’epoca si riunivano per discutere i temi della globalizzazione.
Quindi si son sviluppate forme di assistenza di necessità, all’inizio precaria e, successivamente, con la crescita della consapevolezza della propria forza, la creazione di un coordinamento che si confrontasse con l’istituzione sia all’interno che all’esterno dell’ospedale. Si è costruita intanto l’ipotesi di un ambulatorio dedicato nell’ospedale che si avvalesse dei mediatori culturali, che non erano semplici traduttori, ma punti di riferimento delle comunità, immigrati che aiutavano i loro compaesani.
Si sono costituiti gruppi d’intervento esterno fatti di immigrati e militanti che agissero nelle situazioni di maggiori difficoltà: si è trattato di organizzare forme di contrasto alle violazioni della pur carente legislazione locale e nazionale, come l’ostruzionismo di alcuni distretti sanitari al rilascio degli Stranieri Temporaneamente Presenti (Casandrino), interventi nei campi ROM per sensibilizzare i soggetti ai temi della salute (Casoria), mobilitazioni contro gli sgomberi di edifici abbandonati, occupati da lavoratori immigrati per necessità (Pianura, Ercolano), smascherando l’ipocrisia delle ragioni “sanitarie” addotte dalle istituzioni.
Tutto questo lavoro è culminato con la creazione di un ambulatorio per la tutela della salute degli immigrati, ufficializzato dalla ASL Napoli 1 come Unità Operativa, ancora attualmente funzionante, che svolge un’importante ruolo, non solo sanitario, ma anche di stimolo della ricerca e nella sperimentazione di nuove forme di terapia.
Aurora ha poi ribadito la linea di MD sulla sussidiarietà pur sottolineando che la nostra organizzazione non è un partito “bolscevico” nel senso che si possono considerare utili momenti tattici connessi a situazioni particolari, forme di sperimentazione di intervento o autorganizzazione, purché indirizzati a difendere l’articolo 32 della Costituzione ed il Sistema Sanitario Nazionale, così come delineato dalle lotte del movimento operaio degli anni 70.
Il suo intervento si è quindi focalizzato sui temi ambientali e sui danni da esposizione all’amianto, ricordando come la Sicilia aveva avuto dei clamorosi fenomeni di utilizzo inconsapevole di laterizi contaminati da asbesto nella costruzione di interi abitati in zone in cui questo minerale affiora da sempre dalle rocce. C’è quindi un fenomeno ambientale che alla luce delle odierne conoscenze e della legislazione corrente andrebbe monitorato e controllato.
Il tema ha stimolato l’intervento da parte di un rappresentante dei centri sociali che ha rammentato gli interventi di un comitato locale tendenti a stimolare i servizi territoriali ASL per gli opportuni rilievi e le loro ricerche sulle correnti d’aria che genererebbero un accumulo di fibre sulle pareti delle colline, accumulo non considerato nei rilievi ufficiali.
Tutti i presenti, con qualche eccezione, hanno concordato con le perplessità e la cautela espressi dai dirigenti di MD circa la “sussidiarietà orizzontale” e comunque sulla necessità di un intervento nei settori di maggiore disagio sociale con forme e modi da decidere localmente, in autonomia.
La riunione si è conclusa con l’impegno preso da alcuni medici presenti a costruire una locale sezione di MD e, allo scopo, sono stati inviati al responsabile della sezione individuate i documenti necessari

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From: Assemblea Lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@yahoogroups.com
To:
Sent: Friday, October 23, 2015 10:58 AM
Subject: REDDITO, SALARIO, WELFARE E LAVORO MIGRANTE. LO SCIOPERO SOCIALE SI RIMETTE IN CAMMINO

STRIKE MEETING | BOLOGNA #31O – #1N
Una nuova fase, segnata dal Partito della Nazione guidato da Renzi, si sta delineando nel nostro paese con un piano delle riforme a tutto campo che tocca molti nodi, dalla scuola ai servizi pubblici e ai beni comuni, dai diritti sul lavoro (pensiamo al diritto di sciopero) al salario e al welfare.
Questo attacco, mascherato dalla stucchevole propaganda della ripresa, non trova, se non in forme parziali e insufficienti, resistenze e possibili vie di fuga. Per questo è necessario riprendere il cammino e ripartire. Ripartiamo da un nuovo strike meeting!
Rimettere al centro della nostra agenda e del nostro agire l’esperienza dello Sciopero Sociale è il primo obiettivo che si pone il prossimo Strike Meeting: il lavoro iniziato lo scorso autunno e proseguito fino a ora non è di certo esaurito e deve necessariamente trovare nuova linfa da una discussione che ci auguriamo ricca e immediatamente pratica, in grado di essere una verifica del lavoro fatto ma capace di rilanciare verso un nuovo autunno di mobilitazione sociale e un nuovo processo organizzativo.
Le esperienze diffuse di mutualismo, di autorganizzazione, di sindacalismo sociale e conflittuale sono il nostro punto di partenza e vivono quotidianamente negli sportelli legali e in quelli del diritto all’abitare, nelle scuole di italiano con i migranti e nelle occupazioni di case, nei picchetti davanti ai cancelli dei magazzini della logistica e nelle lotte per i permessi di soggiorno, nelle battaglie dei lavoratori autonomi e delle finte partite IVA.
Lo sciopero sociale del 14 novembre 2014 ha avuto la capacità di ricomporre nella frammentazione del mercato del lavoro un universo di precari e precarie che per la prima volta hanno visto nello sciopero una possibilità di insubordinazione. Ora si tratta di ripensare i nostri strumenti e i nostri discorsi a partire dall’esigenza di comunicare con le diverse figure del lavoro che non si sentono immediatamente coinvolte nel nostro percorso. Si tratta, ancora, di creare le condizioni locali di un processo di organizzazione europeo, come quello che si è delineato a Poznan nella prospettiva di uno sciopero sociale transnazionale.
Davanti a noi abbiamo la possibilità di dare concretezza ai processi di organizzazione che abbiamo avviato nell’ultimo anno e possiamo farlo a partire dalle campagne che tracceremo insieme in questa due giorni di assemblee e workshop, e dalle gambe che riusciremo a dare a tali campagne nella agenda comune. Abbiamo bisogno di demistificare il Jobs Act: i dati che la realtà ci consegna sono ben diversi dalla felice retorica renziana.
L’incremento dei tassi di occupazione, di cui Renzi va così fiero, proviene da nuovi contratti lavorativi precari e sotto-pagati, stipulati grazie agli incentivi fiscali, alle decontribuzioni e i bonus occupazionali che il governo concede alle imprese. C’è necessità di smascherare e denunciare il business della disoccupazione giovanile che si cela dietro il programma “Garanzia Giovani” e gli stage che diventano uno strumento di ricatto o nascondono lavoro gratuito, celandosi dietro all’economia della promessa. Aprire una battaglia sul reddito e farlo nella sua dimensione estensiva, agganciandola alla lotta per un salario minimo e un welfare europei e per un permesso di soggiorno senza condizioni, per sovvertire quei rapporti di forza che trasformano il reddito in una nuova forma di workfare.
Mentre nelle scuole si fanno barricate contro la riforma renziana e nelle università si rimette al centro il diritto allo studio minato dai nuovi indicatori ISEE, mentre il mondo del lavoro cosiddetto tradizionale vede nei prossimi rinnovi contrattuali dei meccanici e della funzione pubblica un imminente terreno di scontro, mentre i migranti sfidano ogni giorno il regime dei confini e il governo europeo della mobilità lo strike meeting può essere lo spazio per riconnettere esperienze e percorsi, per produrre iniziative che siano parte di un percorso verso un nuovo, più largo ed efficace, sciopero sociale.
Lo sciopero sociale si rimette in cammino!
Ci vediamo a Bologna!
Sabato 31 Ottobre
Ore 10.30 Assemblea Plenaria: “Riprendere il cammino: sciopero sociale, prospettive ed organizzazione”
Ore 14 Workshop Formazione, Workshop Reddito, salario, welfare e lavoro migrante, Workshop Comunicazione, Workshop strumenti territoriali, organizzazione e sindacalismo sociale

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From: Maria Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Friday, October 23, 2015 2:31 PM
Subject: COMUNICATI STAMPA: PRECETTATI I FERROVIERI PER GLI SCIOPERI DEL 24 E 25 OTTOBRE

NESSUNO TOCCHI EXPO!
PRECETTATO LO SCIOPERO NAZIONALE DEI FERROVIERI DEL 24/25 OTTOBRE
Ce lo aspettavamo, perché l’orientamento del Governo era stato chiaro, durante la convocazione del 21 ottobre 2015 a Roma; dove abbiamo ribadito con forza le legittime rivendicazioni dei lavoratori, per sentirci ripetere come un disco incantato del Governo, che EXPO è un evento planetario e dalle Aziende Ferroviarie che non discutono con sindacati non firmatari di contratto.
Ricordare il diritto costituzionale allo Sciopero, ricordare il drastico peggioramento delle condizioni di lavoro dei ferrovieri e le decine di morti per incidenti sul lavoro, le aggressioni al personale, i licenziamenti di lavoratori impegnati nelle battaglie per la sicurezza del servizio, le preoccupazioni per il progressivo smantellamento del Servizio Base e per una privatizzazione selvaggia del settore che mette in pericolo il futuro di migliaia di lavoratori come già accade nel trasporto Aereo, le rimostranze per una riforma pensionistica che ha aumentato di 7 anni l’asticella per molti ferrovieri portandola oltre la nostra aspettativa di vita media, lo sdegno per regole del mercato del lavoro che fomentano la precarietà e lo sfruttamento e per il disfacimento dei diritti essenziali alla Istruzione e alla salute minacciati dalla inadeguatezza di investimenti pubblici, non hanno avuto peso.
Invero, chiedevamo solo fatti concreti e non vaghe promesse destinate a perdersi nel vento e nelle pratiche concertative di altri soggetti, falsi alfieri di chi lavora, guardiani solo di se stessi.
Troppo abituati i muri di quelle stanze a trovare compromessi a perdere sulla testa dei lavoratori, a misurare interessi di sigla con quelli delle persone, a cucinare meccanismi di potere e privilegi...per ascoltare le nostre istanze.
Eppure alla fine siamo stati giudicati noi irresponsabili; non l’arroganza delle aziende, non il cinismo delle istituzioni.
E’ il segno sciagurato della repressione del Diritto di Sciopero, già limitato nei servizi pubblici da una delle leggi più restrittive del mondo ma oggi ancora attaccato da governo, padroni e sindacati amici, come già accaduto per i lavoratori del Colosseo.
Siamo ancora qui, a dire che irresponsabile è chi nega il legittimo dissenso e le aspettative dei lavoratori, chi nega ogni diritto di parola e di espressione, lasciando solo la via dello scontro, per poi reprimerla con indicibile freddezza.
Ce lo aspettavamo, eppure la precettazione dello Sciopero Convocato da CUB Trasporti, CAT e USB, per il trasporto passeggeri del 24/25 ottobre 2015, lascia un senso di vuoto, di amarezza, di reclusione...il senso di diritti negati e voci soffocate.
Rimangono in piedi gli scioperi proclamati nel comparto Cargo (merci) Trenitalia nei giorno 22 e 23 ottobre e anche l’agitazione sindacale proclamata dalla CUB Trasporti per Linate e Malpensa il 24 ottobre per la ditta WFS Ground Italy dove si sono appena consumati 15 licenziamenti.
Siamo già pronti alla nuova convocazione di sciopero per fine novembre, quando per i ferrovieri si consumerà l’ennesimo scippo di diritti, con un rinnovo farsa delle RSU che in ossequio agli accordi tra sindacati di regime e Confindustria consegneranno la rappresentanza dei lavoratori alle sole sigle benevoli e conniventi.
I ferrovieri continueranno la mobilitazione e sosterranno le giuste lotte dei prossimi mesi, dei lavoratori della Scuola, del Pubblico impiego, dell’Industria, della Logistica...e anche le mobilitazioni di studenti, disoccupati e sfollati, per ricostruire insieme civiltà e diritti.
NOI CI SIAMO
Ferrovieri CUB Trasporti

SCIOPERO FERROVIERI DALLE 21 DI SABATO 24 ALLE 21 DI DOMENICA 25 DIFFERITO PER ORDINE DEL MINISTRO DEI TRASPORTI
Rispettare qualcuno vuol dire prendere le persone sul serio, valutare con cura quello che stanno dicendo e se non si è d’accordo proporre argomenti all’altezza.
Se, anziché avanzare proposte di soluzione alle vertenze in atto (tra le quali la Riforma del Regime Pensionistico), i delegati dal Ministro si sono limitati ad un generico richiamo al nostro senso di responsabilità e all’ormai scontata Ordinanza di differimento/precettazione di uno sciopero, deve essere ben chiaro a tutti che i Ferrovieri non vengono rispettati e con essi non viene rispettata la Costituzione che garantisce il diritto al lavoro (Articolo 1), allo sciopero (Articolo 40) e a una economia che non arrechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (Articolo 41).
Con la presente condanniamo l’ennesima pretestuosa (ieri la crisi economica, oggi l’EXPO, domani il Giubileo) iniziativa politica volta a sovvertire l’ordinamento democratico del Paese allo scopo di annichilire le giuste rivendicazioni dei lavoratori.
Non possiamo inoltre non constatare il silenzio assordante del fronte sindacale istituzionale che molto probabilmente pensa che il diritto di sciopero sia solo una prerogativa di alcune siglee non un legittimo strumento di difesa e rivendicazione dei lavoratori.
Coordinamento Autorganizzato Trasporti

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From: Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent: Friday, October 23, 2015 10:32 PM
Subject: INVITO PRESENTAZIONE PRESSO SENATO DELLA REPUBBLICA ATTI CONVEGNO MATERA

COMUNICATO STAMPA
PRESENTAZIONE DEL VOLUME “PATOLOGIE ASBESTO CORRELATE: PREVENZIONE E RICERCA, GIUSTIZIA PER LE VITTIME E PER GLI EX ESPOSTI”
Roma: Senato della Repubblica: 28 ottobre 2015 ore 15 presso la Sala Caduti di Nassirya piazza Madama
Il giorno 28 ottobre a Roma presso il Senato della Repubblica verrà presentato il volume “Patologie asbesto correlate: prevenzione e ricerca, giustizia per le vittime e per gli ex esposti”.
Il fascicolo raccoglie tutti gli interventi dei relatori che hanno dato lustro al convegno tenutosi a Matera il 17 e 18 ottobre 2014 alla presenza di centinaia di cittadini per iniziativa dell’Associazione Italiana Esposti Amianto Val Basento ed è diviso in due parti: la prima riguarda il problema sanitario (prevenzione, clinica, ricerca), la seconda quello giuridico (interventi diversi ispirati dalla giurisprudenza).
Il contenuto di questa pubblicazione, sottoposto a una valutazione critica, vuole offrire un contributo al dibattito su diversi problemi, alcuni dei quali non ancora risolti, ad esempio:
-         la sorveglianza sanitaria degli ex esposti all’amianto e l’eventuale possibilità di diagnosi precoce delle malattie asbesto correlate;
-         le contraddizioni emergenti dalle norme e dalla giurisprudenza sui benefici previdenziali, non ultimo la sentenza Eternit della Cassazione, del 19/11/2014, che ha posto con forza il problema della prescrizione delle responsabilità penali per reati ambientali;
-         la non prescrizione del diritto alla rendita a superstiti.
Sarà l’occasione giusta per parlare e discutere sullo stato di avanzamento del Disegni di Legge 1645 fermo in Commissione lavoro del Senato, del perché non si riesce ad approvare il Piano Nazionale Amianto e tutto quello che comporta in termini di sanità, di ambiente e di risarcimenti. Si parlerà ancora del Fondo per le vittime dell’amianto professionali e ambientali. Si discuterà su alcune situazioni difficili, in particolari al Sud come quella dell’Isochimica di Avellino, dell’Enichem di Pisticci, di Ottana e di altri siti. Non si dimenticheranno i processi in corso ponendo alcune fondamentali esigenze, come quelle dell’eliminazione della prescrizione, come di evidenziare la necessità del riconoscimento delle malattie professionali da parte INAIL senza necessariamente passare da lunghi e sfibranti cause giudiziarie e della prescrizione della rendita al superstite nel caso di decesso postdatato, oltre 3 anni e 150 giorni dalla data del decesso.
Aprirà l’incontro il Senatore Felice Casson, primo firmatario del Disegni di Legge 1645 sull’amianto.
L’invito è rivolto alle associazioni degli ex esposti all’amianto, ai sindacati, agli esperti nel campo della prevenzione, della giurisdizione, delle bonifiche, della cura delle malattie correlate all’amianto. Non ultimo a coloro che sono politicamente impegnati per l’effettiva pratica dismissione dell’amianto in ogni suo aspetto e per la realizzazione del Piano Nazionale Amianto.
E’ necessario comunicare i nominativi di chi intende partecipare all’incontro, al Coordinamento Nazionale Amianto.

Fulvio Aurora
Coordinamento Nazionale Amianto
Maura Crudeli AIEA Lazio
338 97 65 786

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From: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Sunday, October 25, 2015 10:19 PM
Subject: PRESIDIO AL TRIBUNALE DI LIVORNO GIOVEDI’ 29 OTTOBRE SULLA ‘SENTENZA’ CONTRO RICCARDO ANTONINI

A proposito della “sentenza” contro Riccardo Antonini, occorre continuare la denuncia contro sentenze scandalose e vergognose.
Per questo motivo si terrà un presidio presso il Tribunale di Livorno giovedì 29 ottobre dalle ore 9 alle ore 12.
Riccardo è stato licenziato 4 anni fa da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) “per essersi posto in un evidente conflitto di interesse con la società”.
Il cavalier Moretti, Amministratore Delegato delle Ferrovie, è l’autore di questa “bella” impresa e principale imputato per la strage del 29 giugno 2009.
I giudici del lavoro, Luigi Nannipieri di Lucca, poi trasferito a Livorno, Giovanni Bronzini (presidente), Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio di Firenze, si sono piegati alla “bella impresa” del cavalier Moretti, che da un anno e mezzo è passato a Finmeccanica con oltre il doppio di “compenso” (2 milioni e 300.000 euro all’anno).
Il licenziamento di Riccardo è dovuto al suo impegno a fianco dei familiari delle 32 vittime della strage ferroviaria (annunciata) di Viareggio. L’accusa di aver partecipato gratuitamente all’incidente probatorio per familiari e sindacato è un volgare pretesto. L’accusa di aver offeso Moretti alla Festa del PD a Genova il 9 settembre 2011, è un falso pretesto. Tra l’altro, la denuncia-querela di Moretti nei confronti di Riccardo è stata archiviata dalla magistratura di Genova (prima dal Pubblico Ministero e poi dal Giudice delle Indagini Preliminari).
Questi giudici sanno bene che il licenziamento di Riccardo è politico e quindi discriminatorio e per questo, anche le loro, sono sentenze politiche. Il giudice Nannipieri, nell’udienza del 5 luglio 2012, propose la conciliazione (sottoscritta da Riccardo, ma respinta dagli avvocati di FSI), sottolineando che non vi era alcuna proporzione tra i fatti ed il licenziamento...Perché è stato costretto a rimangiarsi tutto ciò?
Questi giudici hanno voluto credere ai testimoni di Moretti: l’addetto stampa Fabretti, l’autista e la protezione aziendale (La Manna, Ragusa, Passaseo). Questi testimoni (si fa per dire), avrebbero potuto contraddire la denuncia (archiviata!) di Moretti?!
Questi giudici, hanno preferito genuflettersi ai poteri forti, confermando il licenziamento di Riccardo perché dipendente infedele a Moretti, a Elia, a Soprano...anch’essi rinviati a giudizio con accuse pesantissime per la strage di Viareggio. Queste sentenze scriteriate per l’intera collettività ostacolano i ferrovieri “infedeli” a Moretti & Company, unica possibile difesa della sicurezza e della salute dei lavoratori e dei cittadini.
Con queste sentenze, i giudici hanno mostrato sudditanza nei confronti di poteri forti e disprezzo per le 32 vittime; sentenze che contribuiscono a istigare datori di lavoro, presidenti, manager, funzionari e dirigenti, a continuare a trascurare la sicurezza e la salute dei dipendenti nelle “loro” aziende. L’incremento dei morti sul e da lavoro, nel confermare questa drammatica verità, è anche la conseguenza di simili sentenze.
A fine agosto, al cantiere navale di Livorno, muore un operaio e 12 rimangono feriti, ad agosto a La Spezia, un manovratore è schiacciato tra due respingenti sui binari ferroviari, il 9 ottobre a Lucca, un operaio muore in una cartiera...e tanti sono i feriti: da Livorno a Lucca, alla KME di Barga (LU).
Ma questi giudici, quando si renderanno conto che le loro macabre sentenze grondano del sangue di questi operai vittime del profitto, del mercato, della produttività, dell’assenza di norme antiinfortunistiche di prevenzione e protezione?!

27 ottobre 2015
Assemblea 29 giugno
Associazione “Il Mondo che vorrei”
e-mail: info@ilmondochevorreiviareggio.it

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