venerdì 18 settembre 2015

17 settembre - Know Your Rghts n° 226



SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!

NEWSLETTER N. 226 DEL 17/09/15


NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - sp-mail@libero.it)

INDICE


LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.5
1
JOBS ACT: LE “SEMPLIFICAZIONE” SULLA SICUREZZA SUL LAVORO
5
INDICAZIONI SULLA REVISIONE GENERALE DELLE MACCHINE AGRICOLE
8
MACCHINE: RIMUOVERE IN SICUREZZA UN RIPARO O UN DISPOSITIVO
10
CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: L’INFORTUNIO IN ITINERE VA INDENNIZZATO ANCHE AL LAVORATORE SENZA LUOGO DI LAVORO FISSO O ABITUALE
12
FOTOCOPIATRICI: PERICOLI, FATTORI DI RISCHIO E PROCEDURA DI SICUREZZA
13
ALCOOL, DROGHE E SICUREZZA SUL LAVORO: LA PROPOSTA DI SINDACATI E CONFINDUSTRIA
14
LA SICUREZZA CHIMICA NELLE IMPRESE
16



LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.5

Nella mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro, spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia newsletter.
Ovviamente, per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.

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DOMANDA
Ciao Marco,
lavoro in una ditta di pulizie nel settore ospedaliero.
Oggi con il RSPP abbiamo parlato di spogliatoi. O meglio di un locale all’interno di un container che viene adibito a spogliatoio, pur non avendone i requisiti, tanto che tale locale era utilizzato precedentemente come magazzino.
Se puoi passarmi dei riferimenti normativi te ne sarei grato, sperando che le pressioni sul RSPP possano avere qualche risultato a breve.
Ciao e grazie.

RISPOSTA
Ciao,
i requisiti degli spogliatoi, come di tutti i luoghi di lavoro o di pausa dal lavoro, sono regolati dall’Allegato IV del Decreto Legislativo n.81 del 2008.
I contenuti di tale Allegato risultano obbligatori per il datore di lavoro o i dirigenti di qualunque azienda, in virtù del combinato disposto degli articoli 63, comma 1 e 64, comma 1, lettera a) del Decreto.
L’articolo 63, comma 1 stabilisce infatti che:
I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’Allegato IV [del Decreto]”,
mentre l’articolo 64, comma 1, lettera a) stabilisce che:
Il datore di lavoro provvede affinché i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3”.
Mettere a disposizione dei lavoratori luoghi di lavoro non rispondenti ai requisiti di cui all’Allegato IV del Decreto comporta quindi il mancato adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 64, comma 1, lettera a), che è sanzionato penalmente dall’articolo 68, comma 1, lettera b) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro.
Per quanto riguarda gli spogliatori, tenendo conto che nel caso da te citato, si tratta di ditte di pulizie del settore ospedaliero e quindi con lavoratori esposti ad “attività insudicianti” per contatto con agenti chimici e/o biologici, le caratteristiche che questi devono avere sono riportati nei punti seguenti dell’Allegato IV:
1.12.1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
1.12.2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell’ambito dell’orario di lavoro.
1.12.3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
1.12.4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
1.12.5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati”.
Oltre agli spogliatoti, secondo i requisiti di cui sopra, ai lavoratori devono essere messi a disposizioni acqua corrente, docce, gabinetti e lavabi aventi i requisiti di cui all’Allegato IV del Decreto riportati di seguito:
1.13.1.1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi.
1.13.1.2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell’acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l’inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.
1.13.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
1.13.2.2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
1.13.2.3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
1.13.2.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3.1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3.2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un’utilizzazione separata degli stessi”.
Se la tua azienda non dovesse provvedere a sanare la situazione da te lamentata, potete scrivere alla ASL Spresal (Servizio prevenzione sicurezza sul lavoro) una lettera con i riferimenti normativi sopra riportati. La lettera mandatela con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, in modo da creare prova documentale della denuncia.
Il consiglio è di mandare la lettera anche in copia alla Procura della Repubblica (sempre con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno), in quanto, essendo questa una notifica di reato è obbligo per gli ispettori ASL (in quanto Ufficiali di Polizia Giudiziaria) intervenire richiedendo l’adeguamento degli spogliatoi a quanto richiesto dal Decreto e in ogni caso sanzionando il datore di lavoro della tua azienda per il mancato adempimento agli obblighi di cui sopra.
Come al solito è bene che la lettera sia firmata dal RLS della tua azienda e dal maggior numero possibili di lavoratori per dare corpo alla denuncia.
Una denuncia fatta dal solo RLS o da pochi lavoratori li metterebbe infatti in una condizione di ricattabilità da parte dell’azienda. Come al solito l’unione fa la forza.
Marco

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DOMANDA
Ciao,
volevo sapere se in azienda (per quanto riguarda l’officina), ci sono delle temperature minime per svolgere l’attività lavorativa? Il contratto non è chiaro al riguardo, ho letto solo uno standard trovato su Internet di un medico svedese.
Grazie mille.
Saluti.


RISPOSTA
Ciao,
per quanto riguarda la temperatura a livello legislativo ci sono solo delle indicazioni generiche.
Il D.Lgs.81/08 specifica all’articolo 63, comma 1 che “I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV”. Tale conformità è posta a carico del datore di lavoro dall’articolo 64, comma 1, lettera a) che impone “Il datore di lavoro provvede affinché i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, comma 1”.
Nell’Allegato IV, relativamente alla temperatura dei locali, il punto 1.9.2.1 specifica che
La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”;
e il punto 1.9.2.2 chiarisce che:
Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti”.
Tieni conto quindi che il confort di un ambiente di lavoro non è legato solo alla temperatura, ma anche alla umidità dell’aria, alla presenza di ventilazione, al lavoro svolto, agli indumenti indossati.
Pertanto, a livello tecnico, più che di temperatura di parla di “parametri microclimatici”.
A tale proposito sono state redatte nel 2006, ma sono ancora del tutto valide, le Linee Guida “Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro” da parte del Coordinamento tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle regioni e delle Provincie autonome, che puoi scaricare al link http://www.ispesl.it/linee_guida/tecniche/LGMicroClima062006.pdf.
In tale documento, con riferimento a norme tecniche della UNI (Organismo italiano di normazione), sono specificati come valutare le condizioni microclimatiche dei luoghi di lavoro, in funzione dei parametri sopra citati.
Le Linee Guida citate considerano sia le temperature (calde o fredde) che arrecano solo una sensazione di mancanza di comfort al lavoratore, sia le temperature (calde o fredde) che possono, oltre che dare fastidio, anche creare l’insorgere di disturbi a livello organico e/o di patologie.
Il datore di lavoro di qualunque azienda deve redigere il Documento di Valutazione dei Rischi, in cui deve indicare, per ogni rischio individuato in azienda, il livello del rischio e quali misure di prevenzione e protezione occorre adottare per eliminare o ridurre tale rischio (articoli 17, comma 1, lettera a), 28, 29 del D.Lgs.81/08.
In particolare per il microclima l’articolo 181, comma 1 del D.Lgs.81/08 impone che:
Nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi”,
dove tra gli agenti fisici l’articolo 180 riporta anche il microclima.
Pertanto il datore di lavoro della tua azienda deve valutare i parametri microclimatici degli ambienti di lavoro dell’azienda, secondo le norme tecniche descritte all’interno delle Linee Guida citate e, se questa valutazione comporta una mancanza di confort o addirittura rischi di malesseri o malattie, deve adottare misure tecniche e organizzative di prevenzione e protezione per migliorare le condizioni microclimatiche.
Marco

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DOMANDA
Ciao Marco,
vorrei sapere se, a seguito delle visite mediche periodiche, il medico competente deve dare comunicazione anche al RLS?
Grazie.

RISPOSTA
Ciao,
relativamente ai risultati delle visite mediche, il medico competente è obbligato (articolo 41, comma 6-bis del D.Lgs.81/08) a comunicare il giudizio della visita (idoneità fisica o meno a svolgere la mansione) al lavoratore e al datore di lavoro.
Per motivi di privacy il medico competente non può però dire al datore di lavoro (al lavoratore invece sì) i motivi (cioè le patologie) che hanno portato a una eventuale non idoneità.
Ovviamente il lavoratore è libero di comunicare queste informazioni al RLS, ma non lo è obbligato a fare il medico competente.
Il medico è invece obbligato a comunicare anche al RLS (articolo 25, comma 1, lettera i) del del D.Lgs.81/08) nell’ambito della riunione periodica (ex articolo 35) “i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata” e a fornire “indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori”.
Marco

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DOMANDA
Ciao Marco,
desideravo sapere se c’è una norma che impone uno studio sui rischi dello stress correlato al fatto che siamo in cassa integrazione dal febbraio 2011.
Ciao e grazie per la tua risposta.

RISPOSTA
Ciao,
non c’è una norma specifica, ma un dettato legislativo che impone al datore di lavoro di qualunque azienda, e indipendentemente dall’inserimento contrattuale dei lavoratori (come definiti dall’ articolo 2, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo n.81 del 2008) di eseguire una valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, compreso quello da stress lavoro correlato (articolo 17, comma 1, lettera a) e articolo 28, comma 1, lettera a) del Decreto).
Il problema nel tuo caso è che la metodica ufficialmente riconosciuta in Italia per valutare lo stress lavoro correlato (quella che segue le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza, descritta poi in dettaglio all’interno di una linea guida dell’INAIL) è congegnata in maniera tale da considerare come concorrenti allo stress circa 70 fattori di rischio e di considerare che il rischio da stress sia elevato, soltanto se almeno 35 di questi fattori risultino negativi per i lavoratori.
Pertanto una valutazione da stress lavoro correlato nel tuo caso deve essere comunque fatta, perché anche la cassa integrazione è fonte di stress, ma se svolta secondo i metodi ufficiali darà paradossalmente un risultato di rischio basso, in quanto solo 1 o 2 fattori di rischio sui circa 70 assumeranno valori negativi.
A disposizione per ulteriori chiarimenti e un saluto.
Marco

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NOTA
Nel testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i seguenti acronimi e termini:
ASL = Azienda Sanitaria Locale
CCNL = Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DVR = Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI = Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori in appalto
RSPP = Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS = Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
D.Lgs.81/08 o Decreto: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”)



JOBS ACT: LE “SEMPLIFICAZIONE” SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

Nota Bene
Riporto a seguire un articolo del Sole 24 Ore in cui si sintetizzano le modifiche al D.Lgs.81/08 apportate dal D.Lgs. 81/15, uno dei Decreti attuativi del cosiddetto “Jobs Act” (Legge n.183 del 10/12/14).
Mi limito a riportarlo, nonostante la fonte, perché sintetizza tutte le modifiche, senza commenti.
Mi riprometto, una volta analizzato nel dettaglio il D.Lgs. 81/15 di evidenziare le possibili conseguenze delle modifiche introdotte.
Marco Spezia


Da Il Sole 24 Ore
08/09/15
di Pierpaolo Masciocchi

Approvato il 4 settembre in via definitiva una bozza di Decreto Legislativo (che dovrà ora essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale) recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadine e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

L’articolo 20 dello schema di Decreto Legislativo interviene su molteplici aspetti del D.Lgs. 81/08, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Tra le novità più rilevanti si segnala:
-         per quanto attiene al campo di applicazione della disciplina, si prevede l’applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 81/08 nei confronti dei lavoratori che effettuino prestazioni di lavoro accessorio solamente nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista, prevedendo l’applicazione, negli altri casi, delle disposizioni specifiche per i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230 bis del Codice Civile e per i lavoratori autonomi; l’applicazione delle richiamate disposizioni oltre che ai soggetti già menzionati (si tratta in generale di soggetti che svolgono attività di volontariato in vari campi e a vario titolo) viene inoltre estesa anche agli appartenenti alle associazioni religiose e ai volontari accolti nell’ambito dei programmi internazionali di educazione non formale;
-         riguardo alle modalità di effettuazione della valutazione dei rischi, si demanda ad uno specifico Decreto del Ministro del lavoro l’individuazione degli strumenti di supporto per la richiamata valutazione, tra i quali si fanno rientrare anche gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OiRA (Online interactive Risk Assessment);
-         si dispone il raddoppio degli importi della sanzioni nel caso in cui ci sia una violazione di specifici obblighi (invio dei lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria, richiesta al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico, formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) riferita a più di cinque lavoratori; allo stesso tempo, le stesse sanzioni sono triplicate se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori.

Inoltre si modifica il campo di applicazione delle sanzioni a carico del datore di lavoro, del dirigente, del noleggiatore e del concedente in uso (comma 1, lettera o)) e in particolare:
-         si prevede, per il datore di lavoro e il dirigente, la pena dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740 a 7.014,40 euro per la violazione non più della valutazione dei rischi bensì della norma per la salvaguardia dei lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione;
-         si prevede che, per il datore di lavoro e il dirigente, la pena dell’arresto da due a quattro mesi o l’ammenda da 1.096 a 5.260,80 euro siano comminati per la violazione relativa alla valutazione del rischio elettrico e alle procedure di uso e manutenzione per lo stesso rischio;
-         si dispone che, per il datore di lavoro e il dirigente, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 548 a euro 1.972,80 sia erogata non più per la mancata tutela dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro nella scelta delle attrezzature di lavoro da utilizzare, bensì per il mancato rispetto di specifiche misure tecniche ed organizzative (tra le quali quelle dell’allegato VI) utili a ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che le stesse possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non siano adatte;
-         si precisa che la violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature di lavoro (e non più ai luoghi di lavoro come attualmente previsto) indicati nell’allegato VI è considerata un’unica violazione, penale o amministrativa a seconda dell’illecito, ed è punita con la pena dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.096 a 5.260,80 o con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 548 a euro 1.972,80.

Tra le altre modifiche:
-         si inserisce l’articolo 73 bis nel D.Lgs. 81/08 concernente l’abilitazione alla conduzione dei generatori di vapori: in particolare, si dispone la reviviscenza di una norma abrogata dall’articolo 24 del D.L. 112/08 e di un regolamento attuativo (D.M. 1 marzo 1974, recante le norme per l’abilitazione alla conduzione di generatori di vapori); allo stesso tempo, si demanda a un apposito Decreto la disciplina relativa all’abilitazione e conduzione dei generatori di vapore, nonché i requisiti per l’ammissione agli esami, le modalità di svolgimento delle prove, quelle di rilascio e rinnovo dei certificati, nonché i parametri di equipollenza dei certificati e titoli rilasciati in base alla normativa vigente;
-         riguardo ai requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori nei cantieri temporanei o mobili, si dispone che l’allegato XIV, contenente le prescrizioni cui devono uniformarsi i contenuti, le modalità e la durata dei corsi ai fini degli attestati di frequenza che devono possedere i soggetti richiamati, debba essere aggiornato in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, e che i corsi indicati nel medesimo allegato, per il solo modulo giuridico, possano svolgersi in modalità e-learning.

Infine tra le modifiche di ordine organizzativo a livello nazionale:
-         si prevede la facoltà, per il datore di lavoro, di avvalersi gratuitamente, su richiesta da inoltrare all’INAIL, di un servizio di informazione preventiva e orientamento generali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (effettuato dall’INAIL, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente) anche in collaborazione con le ASL e gli organismi paritetici;
-         non viene più previsto, nell’ambito dei compiti di sorveglianza sanitaria, l’obbligo della visita medica preventiva in fase pre-assuntiva intesa a valutare l’idoneità alla mansione specifica;
-         per quanto attiene lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, viene meno la facoltà riconosciuta al datore di lavoro (nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori) di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni (dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed a determinate condizioni);
-         si prevede che, in attesa del Decreto Interministeriale in cui si definiscono le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP (Sistema Informativo Nazionale Prevenzione), nonché le regole per il trattamento dei dati, restino in vigore le sole disposizioni del D.Lgs. 81/08 relative ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici, e non più anche quelle relative al registro infortuni;
-         per quanto attiene l’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, si dispone che per operatore si intenda oltre al lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro, anche il datore di lavoro che ne faccia uso;
-         si prevede che possano produrre interpelli in materia di salute e sicurezza del lavoro all’apposita Commissione anche le regioni e le province autonome;
-         si modifica la composizione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che viene presieduto dal Ministro della salute, e della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. Per quanto attiene ai compiti della Commissione;
-         si prevede il monitoraggio sulle procedure di organizzazione e gestione aziendale nonché su quelle relative alle indicazioni metodologiche necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, e si rimanda ad un Decreto Direttoriale (da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in esame) l’individuazione delle modalità e dei termini per la nomina dei componenti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;
-         si prevede che ai lavori della Commissione possano partecipare rappresentanti di altre amministrazioni centrali dello Stato, in relazione a specifiche tematiche, anche in riferimento a competenze relative a differenze di genere (oltre che in quelle relative all’istruzione);



INDICAZIONI SULLA REVISIONE GENERALE DELLE MACCHINE AGRICOLE

Da: PuntoSicuro
15 settembre 2015

Disponibile il pieghevole informativo dell’INAIL “Revisione generale periodica delle macchine agricole ai sensi dell’articolo 111 del D. Lgs. 30 aprile 1992 n.285”.

Pubblichiamo il nuovo pieghevole informativo dell’INAIL relativo alla revisione generale delle macchine agricole, realizzato dal Gruppo di lavoro composto da INAIL (Direzione Centrale Prevenzione, Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici), Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Direzione Generale dello Sviluppo Rurale) e Coordinamento Tecnico delle Regioni, a supporto del Piano Nazionale Agricoltura.

L’articolo 111 del Decreto 20 maggio 2015 “Revisione generale periodica delle macchine agricole ai sensi dell’articolo 111 del D.Lgs. 285/92 [cosiddetto “nuovo Codice della Strada”]” prevede che:
Al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro e nella circolazione stradale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dispone la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette a immatricolazione a norma dell’articolo 110, al fine di accertarne lo stato di efficienza e la permanenza dei requisiti minimi di idoneità per la sicurezza della circolazione”.
Inoltre tale articolo prevede che:
A far data dal 31 dicembre 2015 è disposta la revisione obbligatoria del trattore agricolo in circolazione soggette ad immatricolazione in ragione del relativo stato di vetustà”.

L’articolo 57 del D.Lgs. 285/92 impone poi che:
E’ disposta la revisione generale, con periodicità di cinque anni, delle seguenti macchine agricole:
-         trattori agricoli come definiti nella Direttiva 2003/37/CE del 26 maggio 2003;
-         macchine agricole operatrici semoventi a due o più assi
-         rimorchi agricoli aventi massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, se le dimensioni d’ingombro superano i 4,00 metri di lunghezza e 2,00 metri di larghezza”.

La visita di revisione per i veicoli di cui all’articolo 111 del D.Lgs. 285/92 impone poi che:
-         per tutti i veicoli non presentati a revisione e che continuano a circolare dopo le rispettive scadenze, si applicano le sanzioni di cui al comma 6 del medesimo articolo 111;
-         qualora la visita di revisione abbia avuto esito sfavorevole, senza che il veicolo sia stato escluso dalla circolazione, il veicolo stesso può continuare a circolare anche oltre la scadenza per esso prevista ma, non oltre un mese dalla data di annotazione sulla carta di circolazione dell’esito dell’avvenuto controllo tecnico; in tal caso sulla carta di circolazione è apposto il timbro “Revisione ripetere - Da ripresentare a nuova visita entro un mese”, consentendo così al veicolo di continuare nel frattempo a circolare, sempre che si sia provveduto al ripristino della prescritta efficienza e ferma restando l’applicazione delle sanzioni di legge per l’eventuale riscontrata mancanza, inefficienza o deficienza dei dispositivi prescritti;
-         se le anormalità e i difetti riscontrati risultano tali da compromettere la sicurezza della circolazione stradale, sulla carta di circolazione è apposto il timbro “Revisione ripetere - Veicolo sospeso dalla circolazione fino a nuova visita con esito favorevole; può circolare solo per essere condotto in officina”; tale timbro vale quale foglio di via per recarsi in officina nel corso della giornata stessa in cui il timbro è stato apposto, nell’osservanza delle eventuali ulteriori prescrizioni indicate;
-         è consentita la circolazione anche oltre i termini di scadenza per i veicoli per i quali la prenotazione è stata effettuata entro i termini, anche se la data fissata per la presentazione a visita e prova va oltre i termini di scadenza: tale agevolazione non è consentita qualora la carta di circolazione sia stata revocata, sospesa o ritirata con provvedimento ancora operante; eventuali prenotazioni, avanzate dopo la scadenza dei termini, possono essere annotate sulla domanda di revisione, ma non consentono la circolazione, permettendo soltanto che il veicolo sia condotto alla visita di revisione nel giorno per il quale la visita stessa risulti prenotata;
-         per le macchine agricole immatricolate in data antecedente al 1 gennaio 2009, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio Decreto, stabilisce procedure semplificate di aggiornamento dei documenti di circolazione.

Le modalità di esecuzione della revisione, ai fini della sicurezza della circolazione stradale, sono definite con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 80 del D.Lgs. 285/92.
Il Ministro dei trasporti stabilisce, con propri Decreti, i criteri, i tempi e le modalità per l’effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, al fine di accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosità e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti dal D.Lgs. 285/92, con la possibilità di effettuare tale revisione mediante unità mobili.
Con riferimento ai requisiti minimi di sicurezza, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 295 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 16 dicembre 1992: “Le revisioni delle macchine agricole soggette ad immatricolazione sono stabilite con provvedimento del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, con periodicità non inferiori a cinque anni, a partire dalla data di prima immatricolazione delle macchine agricole stesse”.

I trattori agricoli sono sottoposti alla revisione generale a far data dal 31 dicembre 2015 e successivamente ogni cinque anni, entro il mese corrispondente alla prima immatricolazione, secondo l’anno stabilito nel prospetto a seguire:
-         trattori agricoli immatricolati entro il 31 dicembre 1973: Revisione entro il 31 dicembre 2017;
-         trattori agricoli immatricolati dal 1° gennaio 1974 al 31 dicembre 1990: revisione entro il 31 dicembre 2018;
-         trattori agricoli immatricolati dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 2010: revisione entro il 31 dicembre 2020;
-         trattori agricoli immatricolati dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2015: revisione entro il 31 dicembre 2021;
-         trattori agricoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2016: revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione.
Le macchine agricole operatrici e i rimorchi agricoli sono sottoposte alla revisione generale a far data dal 31 dicembre 2017.

In merito alla formazione professionale dei conduttori di macchine agricole, i criteri, le modalità e i contenuti della formazione professionale per il conseguimento dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole stesse, sono stabiliti, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 73 del D.Lgs. 81/08, con l’Accordo del 22 febbraio 2012, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Il documento di INAIL “Revisione periodica delle macchine agricole” è scaricabile all’indirizzo:



MACCHINE: RIMUOVERE IN SICUREZZA UN RIPARO O UN DISPOSITIVO

Da: PuntoSicuro
16 settembre 2015

Un intervento (“La manutenzione delle macchine. Aspetti di sicurezza” a cura dell’ingegnere Ernesto Cappelletti) si sofferma sulla sicurezza nelle attività di manutenzione in cui è necessario spostare, rimuovere o neutralizzare un riparo o un dispositivo di protezione. L’isolamento delle fonti di alimentazione, le istruzioni per l’uso e la normativa.

In diversi articoli pubblicati su PuntoSicuro abbiamo mostrato i rischi e i pericoli degli operatori addetti alla manutenzione delle macchine, con particolare attenzione al contenuto della Direttiva 2006/42/CE del 17 maggio 2006 (la cosiddetta “Nuova Direttiva Macchine”).
Cosa fare tuttavia quando per alcune attività di manutenzione è necessario rimuovere un riparo o disabilitare un dispositivo?

L’intervento ricorda che la Nuova Direttiva Macchine (Punto 1.2.5 dell’Allegato I) indica che:
se per alcune operazioni la macchina deve poter funzionare con un riparo spostato o rimosso e/o con il dispositivo di protezione neutralizzato, il selettore del modo di comando o di funzionamento deve simultaneamente:
-         escludere tutti gli altri modi di comando o di funzionamento,
-         autorizzare l’attivazione delle funzioni pericolose soltanto mediante dispositivi di comando che necessitano di un’azione continuata,
-         autorizzare l’attivazione delle funzioni pericolose soltanto in condizioni di minor rischio, evitando i pericoli derivanti dal succedersi delle sequenze,
-         impedire qualsiasi attivazione delle funzioni pericolose mediante un’azione volontaria o involontaria sui sensori della macchina.
E se queste quattro condizioni non possono essere soddisfatte simultaneamente, il selettore del modo di comando o di funzionamento deve attivare altre misure di protezione progettate e costruite per garantire una zona di intervento sicura.
Inoltre, continua la Direttiva al posto di manovra l’operatore deve avere la padronanza del funzionamento degli elementi sui quali agisce.

Riguardo poi alla disabilitazione dei dispositivi di protezione, l’intervento riporta indicazioni tratte dalla norma tecnica UNI EN ISO 11161:2010, norma che specifica i requisiti di sicurezza per i sistemi di fabbricazione integrati, che incorporano due o più macchine interconnesse e fornisce requisiti e raccomandazioni per la progettazione sicura, la protezione e le informazioni per l’uso dei sistemi di fabbricazione integrati.
Nell’intervento si indica che nel caso in cui sia necessario accedere alle zone pericolose della macchina con la macchina in funzione, è necessario prevedere dei modi di comando appropriati. La selezione manuale del modo di comando deve essere bloccabile (ad esempio con selettore a chiave, codice di accesso, ecc.).
Quando i dispositivi di protezione sono disabilitati, occorre prevedere ulteriori misure di protezione che garantiscano un livello di sicurezza equivalente. Tali misure di protezione possono includere:
-         comandi ad azione mantenuta (comando a due mani o comando di abilitazione);
-         velocità e/o forza ridotta;
-         individuazione di una posizione sicura e di un accesso sicuro per l’esecuzione dell’intervento.
Il documento riporta ulteriori indicazioni sul comando di abilitazione e sui casi di velocità ridotta senza comando ad azione mantenuta.

Riportiamo poi qualche breve indicazione sull’isolamento dalle fonti di alimentazione di energia (Punto 1.6.3 dell’Allegato I della Direttiva).
Si ricorda che la macchina deve essere munita di dispositivi che consentono di isolarla da ciascuna delle sue fonti di alimentazione di energia. Tali dispositivi devono essere identificati chiaramente. Devono poter essere bloccati, qualora la riconnessione rischi di presentare un pericolo per le persone. I dispositivi devono inoltre poter essere bloccati nel caso in cui l’operatore non possa verificare l’effettivo costante isolamento da tutte le posizioni cui ha accesso.
In particolare nel caso di macchine che possono essere alimentate ad energia elettrica mediante una spina ad innesto, è sufficiente la separazione della spina, a patto che l’operatore possa verificare da tutte le posizioni cui ha accesso, che la spina resti disinserita. E l’eventuale energia residua o immagazzinata dopo l’isolamento della macchina deve poter essere dissipata senza rischio per le persone.
Si indica tuttavia che, in deroga a quanto indicato, taluni circuiti possono non essere separati dalla loro fonte di energia onde consentire, ad esempio, il supporto di pezzi, la tutela di informazioni, l’illuminazione delle parti interne, ecc. In questo caso devono essere prese disposizioni particolari per garantire la sicurezza degli operatori.

L’intervento sottolinea poi che non si deve effettuare nessun intervento di manutenzione sulla macchina in movimento: prima di ogni intervento occorre bloccare in posizione di aperto mediante lucchetto i sezionatori delle alimentazioni presenti (alimentazione elettrica, pneumatica, ecc.). Tutti i dispositivi di sezionamento devono poter essere bloccati in posizione di “circuito isolato”, per esempio mediante lucchetti, in modo che gli operatori che intervengono sulla macchina possano accertarsi che nessun elemento della stessa possa essere avviato finché è in corso l’intervento.

Viene poi presentato un esempio di procedura:
-         prima di intervenire sulla macchina ogni operatore blocca tutti i sezionatori delle fonti di alimentazione esterne con mezzi di bloccaggio personali (per esempio lucchetti) e porta con sé le chiavi di apertura;
-         ogni operatore rimuove i mezzi di bloccaggio personali dei sezionatori solamente una volta terminato l’intervento sulla macchina;
-         in questo modo il blocco dei sezionatori può essere rimosso solo dopo che tutti gli operatori hanno rimosso i mezzi di bloccaggio personali, ovvero solo dopo che tutti gli operatori hanno terminato gli interventi sulla macchina.

E dunque una procedura di questo tipo evita che un operatore possa avviare la macchina senza accorgersi della presenza di altri operatori all’interno delle zone pericolose della macchina; perché sia efficace è essenziale che tutti gli operatori che intervengono sulla macchina blocchino i sezionatori con lucchetti personali.
Nell’intervento sono riportati anche altri esempi e immagini esplicative.

Concludiamo questo breve excursus sulla sicurezza nella manutenzione delle macchine ricordando che (Punto 1.7.4 dell’Allegato I della Direttiva) ogni macchina deve essere accompagnata da istruzioni per l’uso nella o nelle lingue comunitarie ufficiali dello Stato membro in cui la macchina è immessa sul mercato e/o messa in servizio. Le istruzioni che accompagnano la macchina devono essere “istruzioni originali” o una traduzione delle istruzioni originali; in tal caso alla traduzione deve essere allegata una copia delle istruzioni originali.
Tuttavia in deroga a quanto indicato, le istruzioni per la manutenzione destinate a essere usate da un personale specializzato incaricato dal fabbricante o dal suo mandatario possono essere fornite in una sola lingua comunitaria compresa da detto personale.

Inoltre il relatore ricorda che per gli interventi di manutenzione ordinaria le istruzioni per l’uso devono contenere informazioni sufficientemente dettagliate a consentire agli operatori di effettuarle in condizioni di sicurezza senza trovarsi in condizioni pericolose. Il fabbricante, nella redazione delle istruzioni per l’uso, può assumere che gli operatori addetti alla manutenzione abbiano una formazione di base adeguata a questo ruolo; tale formazione è normalmente superiore a quella degli operatori addetti alla produzione e deve essere indicata come requisito minimo di addestramento dal fabbricante della macchina nelle istruzioni per l’uso.

In definitiva devono comunque essere fornite tutte le informazioni specifiche delle operazioni da effettuare che consentano all’operatore di agire in condizioni di sicurezza senza “improvvisare”.

Il documento “La manutenzione delle macchine. Aspetti di sicurezza”, a cura dell’ingegnere Ernesto Cappelletti è scaricabile all’indirizzo:

CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: L’INFORTUNIO IN ITINERE VA INDENNIZZATO ANCHE AL LAVORATORE SENZA LUOGO DI LAVORO FISSO O ABITUALE

Da Studio Cataldi
15/09/15

NEL RISARCIMENTO RIENTRA IL TRAGITTO DAL DOMICILIO DEL LAVORATORE A QUELLO DEL PRIMO O ULTIMO CLIENTE DELLA GIORNATA.

Qualche giorno fa la Cassazione, Sezioni Unite Civili, con Sentenza n. 17685 del 7 settembre 2015, ha chiarito, nell’ambito dell’infortunio in itinere nel tragitto casa/lavoro, quali sono gli incidenti indennizzabili e quali no.

A pochi giorni di distanza da questa importante pronuncia del Giudice di legittimità italiano, si è espressa sulla materia anche la Corte di Giustizia Europea (Terza Sezione, Causa C-266/2014 del 10/09/15) con specifico riferimento ai dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale per i quali si pone la questione di stabilire il tragitto casa/lavoro.

Secondo i giudici della Corte Europea il diritto dell’Unione Europea persegue l’obiettivo della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e pertanto costituiscono orario di lavoro gli spostamenti tra il domicilio e il primo o l’ultimo cliente della giornata lavorativa.
Ne consegue che per i dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale, l’INAIL risarcisce per il tragitto dall’ultimo o dal primo cliente al domicilio del lavoratore.

Nei casi in cui il lavoratore non abbia un luogo di lavoro fisso (a titolo esemplificativo, servizi a domicilio del cliente, vendita porta a porta, rappresentanti), va comunque considerato al lavoro durante gli spostamenti necessari per raggiungere il luogo dove è richiesta la prestazione.

L’indennizzo è però escluso in caso di rischio elettivo, vale a dire quando lo stesso lavoratore si mette, volontariamente o colpevolmente, nella condizione di procurarsi il danno (eccesso di velocità, soste alternative per scopi personali, ecc.).

a cura dell’avvocato Cristina Bassignana



FOTOCOPIATRICI: PERICOLI, FATTORI DI RISCHIO E PROCEDURA DI SICUREZZA

Da Portale Consulenti
25 agosto 2015
di Matteo Puppo

L’utilizzo di macchine fotocopiatrici nei luoghi di lavoro può costituire una sorgente di rischio per la salute.
Si tratta di apparecchiature in grado di emettere diversi agenti chimici, come l’ozono, composti organici volatili, polveri di toner, selenio, cadmio, prodotti sia per rilascio dai materiali impiegati per il loro funzionamento (toner, inchiostri, carta) sia in seguito alla particolare tecnologia di stampa utilizzata.
In particolare, la produzione di ozono è dovuta al processo di carica e scarica generato dal campo elettrico, prodotto intorno ai fili corona, durante il loro funzionamento. La presenza di ozono in prossimità delle macchine fotocopiatrici viene normalmente avvertita già a basse concentrazioni (0.01-0.02 ppm) a causa del tipico odore pungente. A concentrazioni superiori (0.25 ppm) l’ozono è irritante per occhi e mucose, fino a portare irritazioni delle vie respiratorie, tosse e dispnea a livelli alti.

Inoltre, a causa degli alti tassi di emissione dei composti organici volatili e del contributo significativo al livello totale di composti organici volatili, presenti nel determinato ambiente, le macchine fotocopiatrici sono ritenute responsabili di molti casi di sintomi associati alle sindromi correlate all’edificio.

L’attività di fotocopiatura è ormai pressoché diffusa in tutti gli uffici.
Poiché la tecnica si basa sull’azione della luce ultravioletta, si verifica la formazione di ozono dall’ossigeno dell’aria, in quote assolutamente modeste. Si sviluppano anche prodotti di pirolisi delle resine termoplastiche, di composizione assai varia, che costituiscono circa i l 95% del toner, e dei lubrificanti del rullo di pressione.

I rischi legati all’uso della fotocopiatrice sono i seguenti:
-         durante l’operazione di copiatura viene rilasciato dell’ozono in quantità non dannosa per la salute: in caso tuttavia di uso prolungato della copiatrice, soprattutto in ambiente scarsamente ventilato, l’odore potrebbe diventare sgradevole, l’ozono può aumentare la reattività bronchiale all’istamina cosicché i soggetti asmatici possono presentare, in maniera soggettiva, un peggioramento della loro situazione clinica (la possibilità che tali eventi si verifichino è comunque da considerarsi remota);
-         in associazione al rischio sopraelencato la quantità di ozono prodotto può aumentare in ambienti confinati, dalle apparecchiature elettriche che utilizzano alti voltaggi e dai filtri elettrostatici dell’aria;
-         elettrocuzione per contatto con elementi elettrici scoperti;
-         ustioni per contatto con parti calde interne all’apparecchio;
-         irritazione alle vie respiratorie ed effetti sistemici dovuti al rilascio di metalli pesanti (contenuti nel toner).

Visto quanto sopra riportato si rende necessaria la stesura di specifica procedura di sicurezza, allo scopo di evitare possibili rischi per la salute e la sicurezza degli operatori interessati, tramite la formazione mirata sul corretto utilizzo della fotocopiatrice.

Un esempio di procedura in tal senso, realizzata in questo caso dall’Università di Venezia, è scaricabile all’indirizzo:



ALCOOL, DROGHE E SICUREZZA SUL LAVORO: LA PROPOSTA DI SINDACATI E CONFINDUSTRIA

Da Portale Consulenti
4 settembre 2015
di Marcello Parrella

L’attuale regolamentazione della sorveglianza sanitaria relativa alla assunzione di alcol e droga da parte di lavoratori adibiti ad alcune mansioni ritenute maggiormente rischiose, in considerazione anche del quadro normativo contraddittorio nel confondere i differenti aspetti della assunzione e della dipendenza ed ancora inattuato quanto alla prevista revisione delle procedure, è rimessa a tre accordi Stato-regioni e alla difforme interpretazione e applicazione da parte delle Regioni e degli organismi di vigilanza.
Le parti sottoscrittrici del presente documento (vedi link alla fine dell’articolo) ritengono, in linea con le scelte di semplificazione perseguite dal Governo, e confermando l’esigenza di una disciplina che garantisca il rispetto di tutti gli obblighi di legge ai fini della salute e sicurezza sul lavoro, di proporre un’unica procedura, notevolmente semplificata e integralmente sostitutiva di tutte quelle esistenti e di automatica applicazione sul territorio.

La presente proposta, considerato il carattere di unificazione delle procedure e la linea di coerenza seguita per i criteri e le disposizioni individuati, riferiti ai controlli in merito all’assunzione di alcol e droga da parte di lavoratori, è concepita per essere adottata nella sua interezza.

QUADRO NORMATIVO
L’articolo 41 del D.Lgs 81/08 estende la sorveglianza sanitaria alle verifiche di alcool dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
Il successivo articolo 42 disciplina i provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica. La Legge 125/01, all’articolo 15, nel disporre il divieto di somministrazione e di assunzione di alcool per i lavoratori adibiti a determinate mansioni, attribuisce i controlli alcolimetrici alle ASL o al medico competente, senza individuare alcuna procedura.
Per i lavoratori affetti da patologie alcool correlate la stessa Legge richiama le disposizioni del D.P.R. 309/90 (articolo 124). Con apposita intesa, nel 2006 la Conferenza Stato-regioni ha individuato le attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
Il D.P.R. 309/90, all’articolo 124, dispone tutele a favore dei lavoratori affetti da tossicodipendenza e all’articolo 125 rimette l’accertamento della tossicodipendenza, a spese del datore di lavoro, al Servizio Sanitario Nazionale.
Con appositi Accordi nel 2007 e 2008, la conferenza Stato-Regioni ha disciplinato le procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il richiamato articolo 41 del D.lgs 81/08 rinvia a un successivo accordo Stato Regioni da adottare entro il 2009 per la rivisitazione delle condizioni e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcool dipendenza.
La Regioni hanno recepito gli accordi Stato Regioni individuando procedure di accertamento difformi sia dagli accordi sia tra le Regioni stesse, incrementando ulteriormente il disorientamento degli operatori sul territorio.

SITUAZIONE ATTUALE
Nel confermare la correttezza della estensione della sorveglianza sanitaria alle questioni afferenti l’alcool e la droga, che effettivamente incidono sia sulla vita personale sia sul lavoro, si ritiene che le procedure afferenti la sorveglianza sanitaria, attribuita al medico competente, debbano essere connotate da semplicità e brevità, oltre a dover distinguere (ai fini del giudizio di idoneità legato al rapporto di lavoro) gli aspetti di rilievo per la sicurezza sul lavoro da profili di esclusivo rilievo personale.
Premesso, dunque, che il datore di lavoro deve affidare i compiti ai lavoratori tenendo conto delle loro condizioni, che i lavoratori stessi devono rispettare (oltre che le previsioni di legge) le indicazioni del datore di lavoro, e che, quindi, i lavoratori adibiti a determinate mansioni non devono assumere né alcool né sostanze stupefacenti o psicotrope, le parti sottoscrittrici del presente documento propongono le seguenti procedure per l’accertamento dell’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti, riferite alle mansioni indicate nell’allegato A.
Le stesse parti, rilevando che lo stato di dipendenza, sia da alcool che da sostanze stupefacenti, oltre a integrare comunque gli estremi per l’inidoneità alle mansioni di cui all’allegato A, è un aspetto che la legge assegna alla competenza delle strutture pubbliche (articolo 125 del D.P.R. 309/90 e articolo 15 della Legge 125/01) e agli appositi programmi di recupero, ritengono che, in applicazione delle previsioni di legge, spetti al medico competente esclusivamente l’accertamento dell’assunzione di alcool e sostanze stupefacenti ai fini del giudizio di idoneità lavorativa e che lo stesso debba rinviare il lavoratore alle strutture competenti in caso di positività degli esami finalizzati all’accertamento dell’assunzione di alcol e/o stupefacenti per l’accertamento di situazioni di dipendenza e per i successivi trattamenti.

CONSIDERAZIONI GENERALI
L’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti in ambito lavorativo è vietato per i lavoratori adibiti a mansioni a rischio. La legge prevede sanzioni penali per la violazione del divieto.
Gli accertamenti sanitari, nell’ambito dell’obbligo di sorveglianza sanitaria, sono finalizzati a escludere l’assunzione, in vista del giudizio di idoneità da parte del medico competente. La valutazione dello stato di dipendenza, coinvolgendo aspetti attinenti alla vita privata e non solo al lavoro, è quindi rimessa alle strutture pubbliche.
Il datore di lavoro svolge una preventiva attività di informazione sui divieti di legge, sulle sanzioni conseguenti e sulle conseguenze sulla salute del consumo di alcool e di droga con riferimento a tutti i lavoratori e, per i lavoratori adibiti alle mansioni di cui all’allegato A, una adeguata formazione, nell’ambito di quanto previsto dagli accordi Stato-Regioni relativi alla formazione dei lavoratori.
Poiché la legge prevede il divieto di assunzione di alcool e di sostanze psicotrope o stupefacenti e commina sanzioni penali, in aggiunta alle disposizioni di natura contrattuale, e il lavoratore che assuma alcool o sostanze psicotrope o stupefacenti che sia dichiarato inidoneo alla mansione viola precise disposizioni di legge, si prevede che al lavoratore definito inidoneo vengano comminate specifiche sanzioni disciplinari.
Al lavoratore, comunque, verrà conservato il posto di lavoro. Per il periodo di avviamento alle azioni di recupero la legge dispone la conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di tre anni (articolo 125 del D.P.R. 309/90).
Il datore di lavoro, in considerazione degli effetti della assunzione di alcool e sostanze stupefacenti sulla salute dei lavoratori e sui possibili rischi per la sicurezza di tutti i lavoratori, adibisce, ove possibile, il lavoratore dichiarato inidoneo alla mansione a rischio ad altre mansioni, secondo quanto previsto dall’articolo 42 del D.Lgs. 81/08 e su conforme giudizio del medico competente, in collaborazione con il RSPP, sentito il RLS/RLST.
Resta fermo che, comunque, il lavoratore che abbia assunto alcol o sostanze stupefacenti può causare pericoli anche nell’esercizio di mansioni non considerate a rischio.

La proposta congiunta recante la proposta di una procedura per l’accertamento dell’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL è scaricabile all’indirizzo:



LA SICUREZZA CHIMICA NELLE IMPRESE

Da Portale Consulenti
11 settembre 2015

La guida di ECHA (European CHemical Agency - Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche) “La sicurezza chimica nelle imprese” (vedi link a fine articolo) contiene informazioni pratiche tese a chiarire i ruoli e gli obblighi delle imprese a norma dei regolamenti REACH, CLP e BPR, relativamente alla marcatura e imballaggio degli agenti chimici.
Tuttavia, si ricorda agli utenti che i testi dei regolamenti REACH, CLP e BPR sono gli unici veri riferimenti giuridici e che le informazioni contenute nel documento citato non costituiscono un parere legale. L’uso di dette informazioni rientra nell’esclusiva responsabilità dell’utente. ECHA declina ogni responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni contenute nel presente documento.

Il regolamento UE concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), il regolamento UE relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele (CLP) e il regolamento sui biocidi (BPR) incidono sulle attività commerciali della maggior parte delle imprese con sede nell’UE e in Islanda, Liechtenstein e Norvegia, che aderiscono allo Spazio Economico Europeo (SEE).

Molte piccole e medie imprese ritengono che questi regolamenti non si applichino alla loro attività.
Infatti, da recenti indagini e ispezioni condotte nei paesi aderenti all’UE o al SEE è emerso che quasi il 70% delle piccole e medie imprese che non operano nel settore chimico non è a conoscenza dell’impatto diretto che i regolamenti REACH e CLP hanno sulle relative attività. Considerato il loro fatturato, le imprese più piccole non pensano di doversi conformare al regolamento REACH. Pertanto, si rischia di immettere sul mercato prodotti chimici non conformi e non sicuri.
Al contempo, le indagini condotte sulle piccole e medie imprese e sulle imprese di fabbricazione mostrano che le piccole aziende informate dell’esistenza dei suddetti regolamenti e del relativo impatto sulle loro attività commerciali sono quelle più attive nel riprogettare i processi di fabbricazione. Inoltre, le imprese di tutte le dimensioni sono impegnate nella sostituzione dei prodotti chimici più pericolosi con alternative più sicure.

La sicurezza chimica è una risorsa per le aziende.
La conformità ai regolamenti REACH, CLP e BPR può inoltre permettere ai clienti di soddisfare le seguenti esigenze:
-         operare legalmente sul mercato dell’UE;
-         garantire la fornitura, l’uso e la gestione sicuri delle sostanze chimiche;
-         rendere più sicuro l’ambiente di lavoro;
-         risparmiare sui costi riducendo l’impatto sulla salute nei luoghi di lavoro e sull’ambiente;
-         migliorare la loro reputazione agli occhi dei clienti, dei consumatori, degli investitori e della comunità, che sono sempre più attenti alla gestione responsabile delle sostanze chimiche e alla sostenibilità;
-         trovare nuovi mercati qualora abbiano sviluppato alternative più sicure per le sostanze chimiche molto pericolose, per esempio quelle destinate a essere gradualmente eliminate perché estremamente preoccupanti per la salute dell’uomo e per l’ambiente;
-         diventare più competitivi sui mercati internazionali.

Il REACH è il regolamento 1907/06/CE concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche.
Si tratta della principale normativa UE relativa alle sostanze chimiche e prende in considerazione, in linea di principio, tutte le sostanze in quanto tali o in quanto componenti di miscele o contenute in articoli per uso industriale, professionale o al consumo. Pertanto, il regolamento REACH ha ripercussioni sulla maggior parte dei settori industriali e si applica alla maggior parte delle imprese nell’UE.

Il REACH stabilisce le norme più ambiziose al mondo in materia di sicurezza chimica.
I fabbricanti e gli importatori sono tenuti a dimostrare come la sostanza che immettono sul mercato possa essere utilizzata in modo sicuro e a comunicare ai propri clienti le misure di gestione dei rischi.
Al fine di garantire l’uso sicuro delle sostanze chimiche, tutti gli attori sono tenuti ad assicurare la comunicazione lungo l’intera catena di approvvigionamento. Se non è possibile gestire opportunamente i rischi, le autorità competenti possono limitare l’uso di una sostanza o assoggettarlo ad autorizzazione preventiva.

Le prescrizioni del REACH per la gestione delle sostanze chimiche incentivano le imprese a riesaminare il portafoglio delle loro sostanze chimiche e a sostituire quelle più pericolose con alternative più sicure. Uno degli scopi del regolamento è promuovere l’innovazione e migliorare la competitività dei marchi europei sui mercati internazionali.
Le imprese possono utilizzare le informazioni prodotte ai sensi del REACH anche per conformarsi ad altre normative.

Il CLP è il regolamento 1272/08/CE relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele. Il CLP integra il regolamento REACH e assicura che i pericoli delle sostanze chimiche siano comunicati in modo chiaro a lavoratori e consumatori attraverso etichette con pittogrammi e indicazioni standard.

La guida ECHA (European CHemical Agency) “La sicurezza chimica nelle imprese” è scaricabile all’indirizzo:



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