domenica 23 agosto 2015

23 agosto - IL GOVERNO PER L'AUTUNNO: TAGLIO DEI SALARI, NORME ANTISCIOPERO E DIVIETO DEI SINDACATI DI BASE



(Da Sole24ore) - "C'è stato un drastico calo degli accordi che hanno contrattato salario ed un parallelo vertiginoso aumento di quelli che si sono incaricati di gestire le crisi. Questo vuol dire aver discusso temi come la riduzione degli organici, la mobilità, i contratti di solidarietà, la cassa integrazione, la terziarizzazione, la riconversione, la ristrutturazione. Nel 2009 la contrattazione del salario ricorreva nel 53% degli accordi ed è scesa progressivamente per arrivare ad un 13% nel 2014, mentre negli stessi anni la contrattazione delle crisi è passata dal 20 al 68%".
«La contrattazione è linfa vitale per la democrazia del nostro paese – dice Gigi Petteni segretario confederale Cisl – e come lo sviluppo delle relazioni industriali è una delle strade migliori per rilanciare la competitività delle imprese e promuovere l’occupazione». 

In questi dati - valutati di fatto positivamente dalle dichiarazioni della Cisl - c'è tutto l'attacco al salario e alla condizione, diritti dei lavoratori già avvenuto in questi anni: il salario è fortemente diminuito; le contrattazioni e gli accordi sindacali sono praticamente da temere per i lavoratori perchè le uniche cose che contrattano sono per le aziende, mentre i lavoratori "ottengono" tagli ai posti di lavoro e ai salari, peggioramento delle condizioni di lavoro.
In autunno il governo Renzi, dopo aver dato tanto ai padroni con il Jobs act, andrà avanti su questa strada. Eliminando di fatto la contrattazione nazionale e stabilendo definitivamente come unico tavolo di contrattazione quello aziendale, dove ancora di più si parlerà di produttività, di crisi aziendale, di flessibilità, di piegare i diritti alle esigenze dei padroni, e quando si parlerà di aumenti salariali sarà solo lì dove e se questi potranno essere legati a premi di risultato, per i quali, tra l'altro, sono state fortemente utilizzate le agevolazioni derivanti dalla decontribuzione e dalla detassazione. 
D'altra parte il messaggio che arriva dalle aziende è chiaro: non c’è ricchezza da dividere. Quindi anche la contrattazione aziendale si fa per affrontare difficoltà (dei padroni) o "per cogliere opportunità".
Il contratto collettivo nazionale stabilirà al massimo minimi salariali uguali per tutti, mentre gli aumenti saranno solo legati ai risultati dell'azienda (che dirà sempre che non ci sono...). 


"Secondo Ichino «si dovrebbe arrivare a un sistema in cui il contratto aziendale può sostituire completamente il contratto nazionale, come in Germania». Si tratteranno così in fabbrica non solo i salari ma anche orari di lavoro e livelli di inquadramento"

Certo non può il governo stesso non vedere che così si apre la strada alle vecchie gabbie salariali con divisione tra lavoratori di un'azienda e lavoratori di un'altra, o tra zone economicamente più deboli che hanno contratti più poveri e zone più forti. Ma questo non provoca nessuna perplessità: «Del resto - sostiene Ichino - avere una busta paga da 800 euro a Reggio Calabria significa vivere abbastanza bene mentre con quei soldi a Milano si fa la fame."

E' chiaro però che per attuare la riforma reazionaria della contrattazione che taglia conquiste storiche dei lavoratori, bisogna mettere mano subito al diritto di sciopero.
E' questo è il secondo impegno del governo Renzi per l'autunno. 
"sarà quasi inevitabile, per comune ammissione delle diverse anime della maggioranza di governo, mettere una soglia di sbarramento per il diritto di sciopero: "E' immaginabile - dice Damiano - che si possa stabilire una soglia di approvazione tra il 30 e il 40 per cento dei lavoratori coinvolti". Un referendum per decidere se scioperare o no". 
Un'azione antisciopero che ora si dice dovrà valere per servizi e pubblico impiego, ma che inevitabilmente si estenderà subito nelle fabbriche e posti di lavoro privati, perchè è soprattutto qui che c'è da difendere il profitto dei capitalisti. 
Ma per far passare l'attacco alla contrattazione e al diritto di sciopero, inevitabilmente ci vogliono solo quei sindacati che stanno nelle regole decise da padroni e governo.
Da qui, la terza riforma che il governo farà: la legge della rappresentanza.
"Il nodo principale da sciogliere è quello della rappresentanza: chi e quando ha il diritto di trattare con le controparti e firmare accordi che poi riguardano tutti i dipendenti, che siano o no iscritti ai sindacati? Sull'argomento le proposte del presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano e quella del senatore Pietro Ichino, prevedono sostanzialmente una soglia di sbarramento del 5 per cento di rappresentanza per potersi sedere al tavolo delle trattative.
Come si misura? Soprattutto in base ai risultati delle elezioni dei delegati perché molto più difficile è conoscere dalle aziende, attraverso l'Inps, il numero di dipendenti che sono iscritti a questo o quel sindacato. Soglia di sbarramento anche per poter firmare un accordo: dovrà essere approvato dal 50 per cento più uno dei lavoratori o dei delegati sindacali".
Su questo nella maggioranza qualcuno propone anche di "tagliare la testa al toro" e di realizzare la contrattazione con un solo sindacato, in rappresentanza degli altri, così ci saranno meno rogne; unica perplessità è che se conta il numero degli iscritti c'è la possibilità che questo sindacato unico sia la Cgil, e questo non va certo bene nè ai padroni, nè al governo, nè soprattutto a Cisl e Uil. 
Sulla legge sulla rappresentanza che vuole fare il governo si è alzata sì qualche voce, disturbata dai metodi del dittatorello Renzi, da parte dei sindacati confederali. Ma la dichiarazione fatta dalla Camusso è la più logica risposta: "Abbiamo già stabilito nel patto con la Confindustria le nuove regole sulla rappresentanza", quindi il governo deve ricalcare quel patto. 
EFFETTIVAMENTE QUESTA VOLTA CAMUSSO HA RAGIONE, QUELLE REGOLE SONO GIA' AMPIAMENTE FASCISTE, CHE BISOGNO C'E' DI FARNE ALTRE?!  

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