giovedì 28 maggio 2015

28 maggio - Sicurezza sul Lavoro: il nuovo numero di Newsletter



SICUREZZA SUL LAVORO! KNOW YOUR RIGHTS “LETTERE DAL FRONTE” DEL 27/05/15

Invio a seguire e/o in allegato le “Lettere dal fronte”, cioè una raccolta di quelle mail che, tra le tante che ricevo, hanno come tema comune la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini e la tutela del diritto e della dignità del lavoro.
Il mio vuole essere un contributo a diffondere commenti, iniziative, appelli relativamente ai temi del diritto a un lavoro dignitoso, sicuro e salubre.
Invito tutti i compagni e gli amici della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Medicina Democratica
Progetto “Sicurezza sul lavoro! Know Your Rights”

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INDICE

VIDEO INCHIESTA SULLE COOPERATIVE SOCIALI

Tiziano Cardosi tcardosi@tiscali.it
DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA RINUNCEREBBE AL PATTEGGIAMENTO

DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA VITTORIA AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA

A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO ONLUS 5X1000

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MA LA VITA DI CHI LAVORA LA TERRA NON CONTA NIENTE?

IL JOBS ACT DELLA MARCA TREVIGIANA: SI ASSUME SOLO PER LICENZIARE

Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
A PROPOSITO DELLA LEGGE SUGLI ECOREATI

Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
ETERNIT BIS: LO STATO SI COSTITUISCE PARTE CIVILE

Senzapatria News anarres56@tiscali.it
SE QUESTE SONO COOPERATIVE…

SENTENZA SOLVAY ATTESA AD ALESSANDRIA: C’E’ FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA?

Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
INTERVISTA A FULVIO PERINI: “UNA MONTAGNA DI AMIANTO”

Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO OLIVETTI IVREA

Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO ILVA TARANTO

Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
ILVA: I PADRONI CHIEDONO IL CONTO AL GOVERNO

Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
PROCESSO ILVA

Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
ASAPS CONFERMA: PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU TUTTA LA RETE AUTOSTRADALE

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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Saturday, May 16, 2015 11:39 AM
Subject: VIDEO INCHIESTA SULLE COOPERATIVE SOCIALI

Lunedì 4 maggio si è svolta a Pisa l’iniziativa “Inchiesta sul lavoro nelle cooperative sociali e non” con la presentazione del libro di Renato Curcio “La rivolta del riso”.
L’iniziativa è stata organizzata dai Cobas Pisa per far luce sulle cooperative sociali e non, dove le condizioni retributive sono ben al di sotto delle soglie di povertà.
Il video dell’iniziativa è al link:
Altri materiali sono disponibili su www.cobaspisa.it

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From: Tiziano Cardosi tcardosi@tiscali.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 7:00 PM
Subject: DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA RINUNCEREBBE AL PATTEGGIAMENTO

Sul sito di Peacelink http://www.peacelink.it ci sono molti articoli critici con la nuova legge sui reati ambientali; mi pare rilevante questo esempio di come i timori espressi da persone come Amendola si stiano concretizzando.

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DOPO LA LEGGE SUGLI ECOREATI, ILVA RINUNCEREBBE AL PATTEGGIAMENTO
Il Disegno di Legge 1345, che introduce norme per i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale, è diventato legge e già si vedono i suoi effetti negativi.
Il primo impatto della nuova legge sugli ecoreati sul procedimento penale per disastro ambientale è già stato evidenziato da alcune indiscrezioni giornalistiche secondo cui adesso ILVA avrebbe intenzione di rinunciare al patteggiamento.
ILVA aveva infatti chiesto di patteggiare, riconoscendo la responsabilità del disastro ambientale. Ora invece sta prendendo tempo e sta valutando la legge sugli ecoreati. Perché dovrebbe riconoscere di aver causato un disastro ambientale in cambio di una riduzione della pena, quando le nuove norme possono offrire l’assoluzione a chi non inquina “abusivamente”?
ILVA aveva le autorizzazioni in regola, questa è la linea difensiva. Quindi potrà scegliere la strategia che consiste nel sostenere: “Abbiamo inquinato non abusivamente”. Il perfetto tempismo di questa legge, che punisce il disastro ambientale se “cagionato abusivamente”, è tutt’altro che casuale.
Arriva adesso, alla soglia dei rinvii a giudizio. Ricordiamo che rischiano il rinvio a giudizio politici eccellenti di SEL e del PD, ossia di quei partiti che hanno votato entusiasticamente la legge sugli ecoreati.
Il testo di tale legge nella sua formulazione risulta talmente ambiguo da rappresentare de facto un condono ai grandi inquinatori attuali e potenziali.
Esso mette a rischio i processi per disastro ambientale escludendo la possibilità per la magistratura di avviare nuove indagini sui delitti ambientali e di rimettere in discussione impianti inquinanti dotati di autorizzazioni a operare o produrre.
Questo accade attraverso l’inserimento dell’avverbio “abusivamente”, che, nell’articolo 452, sancisce il principio che un disastro ambientale è tale solo se “cagionato abusivamente”.
Ovvero l’articolo 452 dice che chiunque “abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni, costituendo disastro ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”.
Un reato ambientale, secondo la norma, sarà tale solo se sarà stato compiuto al di fuori delle norme. Ma nel caso in cui uno stabilimento industriale, un inceneritore, una discarica o altro soggetto inquinante fossero provvisti di un’autorizzazione a produrre o a funzionare, non sarebbero abusivi e non potrebbero essere giudicati per disastro ambientale.
La nuova legge, infatti, rappresenta uno scudo di impunità eccezionale in quanto sarà molto difficile immaginare impianti che funzionino senza una seppur minima autorizzazione amministrativa.
L’ILVA sarà protetta dalla sua autorizzazione AIA, modificata, allungata a dismisura nei tempi. Un’AIA che è stata ulteriormente depotenziata dalla nuova legge pro-ILVA del 5 gennaio 2015, ma che sarà molto efficace nel proteggere lo stabilimento e i quadri dirigenziali, quali che siano le azioni che verranno compiute a discapito di cittadini, operai e ambiente.
I partiti che hanno votato tale legge (dal PD, a SEL, al M5S e al Nuovo Centro Destra) a nostro parere portano la grave responsabilità di avere di fatto entrare a Taranto un cavallo di Troia, ossia una legge apparentemente positiva che però nasconde l’Ottava Norma Salva ILVA.

21 maggio 2015
Per PeaceLink
Antonia Battaglia
Alessandro Marescotti
Luciano Manna

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From: Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 6:26 PM
Subject: DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA VITTORIA AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA

Da Huffington Post

DOPO VENT’ANNI LA LEGGE SUGLI ECOREATI: UNA VITTORIA AL RIBASSO, IN PIENO STILE ITALIA
Tanto tuonò che piovve. Dopo oltre venti anni di vana attesa e mesi di traversie parlamentari, la legge parlamentare sugli ecoreati è stata definitivamente approvata dal Senato. Successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il provvedimento entrerà in vigore tra le due settimane di “vacatio legis” previste per l’iter ordinario.
La totale mancanza nel nostro ordinamento di strumenti penali per sanzionare le condotte delittuose relative alla contaminazione ambientale rende, in ogni caso, una novità positiva l’introduzione di reati ambientali nel codice penale.
Ciononostante restano diversi i punti critici della normativa, piuttosto ammorbidita (rispetto alle potenzialità che vent’anni di gestazione potevano e avrebbero dovuto esprimere) dalle pressioni delle lobbies economiche e dei rispettivi protettorati politici.
L’ITALIA DEL BIOCIDIO E LA MANCANZA DI STRUMENTI PUNITIVI.
Nel nostro paese la tutela dell’ambiente dal punto di vista giuridico sconta da sempre la mancanza di adeguate normative punitive in grado di colpire in modo esemplare le frequenti condotte inquinanti. Eppure non viviamo in un paese incontaminato, anzi (si visiti a tal proposito e a titolo esemplificativo la piattaforma web di mappatura partecipata Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali).
Calcolando soltanto i 57 SIN (Siti di Interesse Nazionale) censiti dal Ministero dell’Ambiente, di cui 18 declassati a SIR (Siti di interesse Regionale), la porzione di territorio nazionale gravemente inquinato per cui occorre predisporre urgenti operazioni di bonifica è pari a 155.000 ettari in terra ferma e 180.000 ettari di aree marine. Un’area che corrisponde al 3% del territorio nazionale, entro cui vivono, secondo i dati dello stesso Ministero, oltre 5 milioni e mezzo di persone, un cittadino su dieci. Ai SIN si aggiungono poi gli oltre 25.000 SIR censiti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, solo 3.011 dei quali bonificati (Fonte: Ministero dell’Ambiente: Siti di interesse nazionale, Stato delle procedure di bonifica al 31 dicembre 2013).
Per capire quali siano le conseguenze in termini sociali e sanitari di tale condizione di grave contaminazione, basta scorrere le risultanze dello Studio Epidemiologico Sentieri, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità. Nei tre rapporti diffusi tra il 2010 e il 2014 si registrano, nelle zone sottoposte a studio, tassi di sovra mortalità e di incidenza di patologie tumorali e di altre malattie legate all’inquinamento ben più alto delle medie regionali di riferimento. Di fronte a tali e conclamate emergenze, causate ciascuna non da un caso fortuito, ma da condotte spesso deliberate, la sostanziale inazione dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni assume contorni di colpevolezza complice.
L’INSOSTENIBILE LIMITATEZZA DELLA NORMATIVA PRECEDENTE.
Fino a questo provvedimento, in mancanza di strumenti normativi adeguati, per punire le condotte dannose in campo ambientale, i magistrati potevano appellarsi soltanto all’abusata fattispecie del “Getto pericoloso di cose”, contravvenzione prevista dall’articolo 674 del Codice Penale (codice Rocco del 1930), secondo cui : “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti”. Fattispecie debole con ancor più debole sanzione: arresto fino a un mese o ammenda fino a 206 euro.
E’ il caso, tra gli altri, della famosa causa intentata contro la contaminazione elettromagnetica di Radio Vaticana alla base dell’elevatissima incidenza di tumori infantili a Cesano, alle porte di Roma, e finita in prescrizione come molte altre cause intentate in questi anni per riconoscere e sanzionare le responsabilità di chi, spesso per decenni, ha inquinato indisturbato vaste aree del territorio nazionale.
IL CONTENUTO DELLA NUOVA NORMATIVA: UNA VITTORIA ALL’ITALIANA, OVVERO AL RIBASSO
La nuova legge raddoppia gli attuali termini di prescrizione per i crimini ambientali e introduce cinque nuove fattispecie di reato, che in caso di condanna o patteggiamento per il reato, prevedono la confisca dei beni e il ripristino dello stato dei luoghi:
-         inquinamento ambientale (pene detentive da 2 a 6 anni, multa da 10 a 100mila euro): la fattispecie prevede che sia punibile chi “abusivamente compromette e deteriora in modo significativo o misurabile la biodiversità o un ecosistema o la qualità del suolo, delle acque o dell’aria”; tra le aggravanti sono previste: lesioni personali, gravi e gravissime e morte della persona; in questo ultimo caso la pena può arrivare fino a un massimo di 12 anni; se la condotta criminosa è causa di lesioni plurime a danno di più persone si applica la pena più grave aumentata fino al triplo, entro il limite massimo dei 20 anni di reclusione;
-         disastro ambientale (pene detentive da 5 a 15 anni): la fattispecie punisce “chi abusivamente altera gravemente o irreversibilmente un ecosistema o compromette la pubblica incolumità”; è prevista specifica aggravante per disastro ambientale in aree protette; sia inquinamento che disastro ambientale vedono, pur in presenza di aggravanti, le pene ridotte fino a un massimo di due terzi in assenza di dolo;
-         traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (pene detentive da 2 a 6 anni, multa fino a 50mila euro): punisce chi “abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività”.
-         impedimento del controllo (pene detentive da 6 mesi a 3 anni), punisce “chi nega o ostacola l’accesso o intralcia i controlli ambientali”;
-         omessa bonifica (pene detentive da 1 a 4 anni, multa fino a 80mila euro): punisce “chiunque avendone l’obbligo non provvede alla bonifica e al ripristino”.
Alcune di queste prescrizioni presentano evidenti punti di criticità.
Anzitutto il ricorrente utilizzo dell’avverbio “abusivamente” nelle fattispecie di inquinamento e disastro ambientale e di traffico di materiale radioattivo. L’utilizzo di tale ulteriore elemento qualificante della condotta comporterà con ogni probabilità diverse difficoltà circa la punibilità di alcuni reati. Tale specifica non appartiene, del resto, ad altre condotte criminose, che, com’è noto, sono punibili in caso di sussistenza di dolo o colpa.
In secondo luogo, nella fattispecie di omessa bonifica lascia non poche riserve la previsione del cosiddetto “ravvedimento operoso”: la pena è diminuita dalla metà ai due terzi per chi si impegni a evitare che la condotta illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, “prima che sia dichiarata l’apertura del dibattimento di primo grado”.
Ulteriore rilievo riguarda l’indeterminatezza di termini come “deterioramento significativo o misurabile”, “grave alterazione” che potrebbero rendere eccessivamente discrezionale la valutazione delle condotte.
Per quanto riguarda le pene, la riduzione fino a due terzi in assenza di dolo delle pene, porterebbe ad esempio, nel caso di disastro ambientale, a una pena detentiva massima di 5 anni, molto meno di quanto previsto per reati le cui conseguenze sociali e sanitarie sono ben inferiori rispetto alle fattispecie in esame.
Infine, nell’ultimo passaggio alla Camera è stato soppresso il divieto di utilizzo della tecnica dell’Air Gun ovvero le perforazioni esplosive per lo sfruttamento di idrocarburi (per cui si prevedeva la pena della reclusione da 1 a 3 anni).
Resta chiaro, che, come ogni norma penale, la legge non ha effetto retroattivo. Rimangono quindi fuori dall’applicazione della legge le condotte criminose risalenti a prima dell’entrata in vigore della legge. Come resta da definire un importantissimo punto: la bonifica dei territori contaminati.
In definitiva, dopo quattro passaggi parlamentari e vent’anni di attesa, di fronte all’entità e alla gravità dell’emergenza ambientale nazionale, era lecito aspettarsi un provvedimento più contundente, che potesse concretizzarsi in una tutela integrale per l’ambiente e le comunità umane esposte a fattori di rischio ambientale.
Anche questa volta, tuttavia, la logica del compromesso e l’effetto delle pressioni esercitate dalle lobbies, in primo luogo Confindustria e mayor dell’industria petrolifera hanno portato al raggiungimento di un risultato parziale, che speriamo possa essere sostanzialmente migliorato quando la politica, dismessa la sua veste di protezione di interessi di parte, rivestirà quelli, ormai impolverati, del difensore di interessi diffusi e generali.

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From: A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
To:
Sent: Thursday, May 21, 2015 9:37 PM
Subject: ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO ONLUS 5X1000

Buonasera,
la nostra Associazione svolge attività di sostegno per le vittime e gli esposti all’amianto, fa informazione e attività legali: sostenendola aiuti la lotta contro l’amianto.
Un aiuto concreto è devolvere il 5x1000 nella vostra dichiarazione dei redditi.
Potete trovare varie informazioni e i modelli della dichiarazione dei redditi ai link qui sotto:
Grazie e SOSTENETECI!
Lorena Tacco
A.I.E.A. Paderno Dugnano

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Friday, May 22, 2015 9:19 AM
Subject: MA LA VITA DI CHI LAVORA LA TERRA NON CONTA NIENTE?

Al Ministero delle Politiche Agricole (ministro@pec.politicheagricole.gov.it).
Ministro Martina dica qualcosa su questa carneficina.
Continua inarrestabile la strage di agricoltori schiacciati dal trattore. Sono già 21 dal 1° maggio Festa dei Lavoratori e inaugurazione dell’EXPO che “nutre il pianeta”. Sono 51 dall’inizio dell’anno. Nel 2014 sono stati schiacciati dal trattore 152 lavoratori e 142 da quando l’Osservatorio che dirigo le ha mandato una mail il 28 febbraio 2014 per avvertirla, come del resto ho fatto con Renzi e Poletti dell’imminente strage che puntualmente si è verificata. Lo stesso è stato fatto nel febbraio 2015.
Il risultato è lo stesso: la Sua indifferenza e quella di Renzi e Poletti. La vita di questi lavoratori non vale neppure un twitter? Eppure la vediamo tutti i giorni in televisione.
Se ne occupi finalmente! Lei è il Ministro delle Politiche Agricole. Questo post sarà continuamente aggiornato fino a quando non la vedremo spendere una parola su queste vittime che si potrebbero dimezzare se solo ci fosse un’informazione corretta e attenta, oltre ovviamente a interventi mirati per mettere in sicurezza i vecchi trattori con interventi sulle cabine.
Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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From: Lavoro & Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
To:
Sent: Friday, May 22, 2015 9:28 AM
Subject: IL JOBS ACT DELLA MARCA TREVIGIANA: SI ASSUME SOLO PER LICENZIARE

L’IMPRENDITORE BERDINI VUOLE DISFARSI DI TRE OPERAI MENTRE NE CERCA ALTRETTANTI: ECCO GLI EFFETTI PERVERSI DELLA LEGGE
SIGNIFICATIVO L’ASSORDANTE SILENZIO DI TUTTA LA POLITICA E DELLE ASSOCIAZIONI D’IMPRESA, BENCHE’ IL FATTO SIA ASSURTO ALL’ATTENZIONE DELLA CRONACA LOCALE E NAZIONALE
di Augustin Breda

La ditta Bardini srl di Nervesa della Battaglia (TV), poco meno di cinquantina dipendenti, potrebbe essere la prima azienda industriale della Marca che, in sede di Direzione Territoriale del Lavoro e in assenza di una conciliazione, intimerà il licenziamento di tre operai per ragioni economiche e organizzative mentre al contempo ha assunto altrettanti lavoratori in loro sostituzioni. E’ evidente che i tre lavoratori neo assunti, ora precari con contratti a termine, potrebbero essere stabilizzati con tutti i vantaggi economici del Jobs Act. Un altro dei fenomeni da iscrivere al clima della riforma del lavoro di Renzi/Poletti.
I tre lavoratori sospesi hanno tra i 35 e i 50 anni, con un’anzianità aziendale ultra decennale.
Sono operai specializzati, oltre il livello riconosciuto, e due hanno diploma di studi tecnici superiori. Due sono iscritti alla FIOM e Giuseppe Ingallo era l’unico RSU (Rappresentante dei lavoratori) in azienda. Uno dei tre operai è un migrante con permesso di soggiorno per lavoro.
I tre lavoratori sono stati esonerati dalla prestazione lavorativa il 23 aprile, in attesa dell’esito della conciliazione prevista dalle nuove disposizioni normative. La volontà esplicitata, nero su bianco, dalla società è risolvere il rapporto di lavoro come comunicato dall’imprenditore Ivan Bardini.
L’auspicio è che l’azienda torni sui suoi passi, come hanno rivendicato con forza la FIOM e i colleghi di lavoro, che hanno scioperato per chiedere di non procedere con i licenziamenti (mentre scriviamo la Direzione Territoriale del Lavoro ha fatto sapere che si occuperà del caso il giorno 3 giugno). In caso contrario potremmo essere di fronte ad una causa pilota, che farà giurisprudenza.
Con l’attuale formulazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, modificato nel 2012 con la riforma Fornero, il Giudice dovrà definire prima di tutto se le motivazioni dei licenziamenti sono o no di “manifesta insussistenza” e nel caso siano di “manifesta insistenza” potrà esservi la reintegra sul posto di lavoro. In caso contrario, il giudicante potrà anche stabilire che c’è l’illegittimità del licenziamento per insussistenza di giusta causa, ma il giudice potrà condannare il datore al pagamento di un indennità, anche forte, senza che si configuri il diritto al reintegro sul posto di lavoro.
Dunque la linea di demarcazione tra la reintegra e la sola tutela indennitaria è rappresentata, rispettivamente, dall’insussistenza o meno del fatto dichiarato dall’azienda. Il problema di notevole rilevanza, per il giudice che è chiamato a dirimere, consiste nell’individuare il concetto di sussistenza del fatto. Il Legislatore non definisce con tassatività e tipicità tale nozione di insussistenza del fatto, lasciando alla giurisprudenza e a coloro che sono tenuti ad applicare il diritto l’arduo compito di interpretare la norma. Anche se pare evidente ai lavoratori che a fronte di 3 licenziamenti e 3 assunzioni, si configuri la “manifesta insussistenza” della motivazione “economica e organizzativa” comunicata dall’azienda ai tre operai e alla Direzione territoriale del Lavoro.
La causa è certamente complessa, anche per l’indubbia ragione economica collegata al minor costo dei lavoratori dei neo assunti. Per il delegato RSU della FIOM si aggiunge l’eventuale valutazione della discriminazione, anch’essa apparentemente palese, oltre alla possibile azione per attività antisindacale contro l’imprenditore, che riferisce ad un profilo penale.
Quest’ultima azione non spetta al lavoratore, ma è nelle facoltà della FIOM di Treviso e del suo Segretario Generale.
Meglio farebbe l’impresa a evitare uno scontro tanto aspro e soprattutto drammatico per chi rischia il lavoro e relativo reddito. Significativo anche l’assordante silenzio, su questo emblematico evento, di tutta la politica e delle Associazioni d’impresa, benché il fatto sia assurto all’attenzione della cronaca locale e nazionale. E’ chiara la portata nelle sue possibili ripercussioni nei rapporti di lavoro e sociali. Evidentemente vorrebbero che gli operai accettassero d’essere agnelli sacrificali del nostro tempo.
Scordatevelo.

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From: Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
To:
Sent: Saturday, May 23, 2015 6:39 PM
Subject: A PROPOSITO DELLA LEGGE SUGLI ECOREATI

La norma in questione ha luci e ombre.
Si tenga presente che l’alternativa era rimanere con reati contravvenzionali, con il “getto pericoloso di cose” e il “disastro” generale oppure, (versione iniziale del testo) con “in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente”.
Uno dei punti maggiormente critici della legge è l’aggiunta dell’avverbio “abusivamente” alla definizione del reato, lasciando intendere che chi inquina in presenza di autorizzazione ambientale (e quindi non “abusivamente”) non verrà toccato dall’apparato sanzionatorio.
Come sapete Medicina Democratica non voleva quell’avverbio ma ha comunque sostenuto il proseguo della legge contestualmente proponendo emendamenti (non accolti per lo più).
Non ricordo che gli attuali detrattori abbiano fatto tale sforzo o ritenevano la partita perduta in partenza?
Non sono convinto comunque che la presenza dell’avverbio in questione sia così catastrofica mentre ci sono altri aspetti su cui non sono affatto d’accordo, come quello del sistema (parte sesta bis) da nessuno denunciato, della prescrizione tramite la Polizia Giudiziaria con uscita dal procedimento giudiziario con un adempimento e il pagamento di una sanzione amministrativa che è molto più negativo del criticato “ravvedimento operoso”.
Nessuno che denuncia questo aspetto! Un grave fatto di inquinamento può venire “chiuso” senza neppure che si apre pienamente un procedimento...
Tornando all’avverbio “abusivamente”, pur non essendo un esperto di diritto, la lingua italiana attribuisce al termine di abusivo il significato di “illecito”. E’ quindi pacifico che non rispettare una prescrizione autorizzativa è un illecito (un abuso) che oggi ha una sua (moderata) fattispecie già punita (formalmente anche con la sospensione o il ritiro della autorizzazione).
Questa fattispecie rimane ma se dal fatto vi è un “disastro” o un “inquinamento” si può aggiungere una specifica ipotesi di reato.
Io ero (e sono) uno di quelli che criticava il reato di danno ambientale (guarda caso MAI utilizzato in vicende come quelle di ILVA) in quanto lo stesso è legato alla contestuale violazione di una norma ambientale (quindi anche una prescrizione autorizzativa).
Non si poteva pretendere il ripristino/indennizzo per un danno ambientale se non vi era contestualmente una specifica violazione a una altra norma ambientale.
A mio avviso l’avverbio non salva (non deve salvare) chi ha una autorizzazione, è un limite ma è analogo (a mio avviso in misura meno vincolante) rispetto a quello esistente per il danno ambientale.
Va ricordato un aspetto. Come ambientalisti siamo certamente contro quando viene permesso a un’azienda di emettere sostanze pericolose in quanto lo consideriamo un rischio e l’obiettivo è quello di produzioni senza rischio, potremmo dire che per noi ogni emissione è un inquinamento ma così non è per la normativa.
Fissare un limite a una emissione non significa emettere una licenza (un “diritto”) di inquinamento a un’azienda, almeno con l’introduzione della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento è così, non esiste una soglia permessa quale diritto eterno, il contrario quella soglia può essere messa in discussione e rivista al ribasso in ogni momento.
Da parte delle aziende ovviamente questo viene vissuto al contrario come una diritto a inquinare.
Ma la definizione di inquinamento non è legata al rispetto o meno di una soglia permessa ma significa esclusivamente un evento di deterioramento ambientale, per l’esattezza l’inquinamento è “l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi”.
Qui non si parla di “abusivo” o no. Quindi “inquinamento” ha una accezione estesa e determina degli obblighi generali per le imprese, al di là dei dettagli delle autorizzazioni. Per inciso tale accezione ampia viene prese da alcuni (per esempio Amici della Terra italiani) per dire che non esistono “vittime dell’inquinamento” perchè ognuno di noi inquina consumando e su tale base approva l’incenerimento e quant’altro.
Sul fatto che ILVA rinunci al patteggiamento (probabilmente in prospettiva di una applicazione della norma considerata di “favor rei”, ma non so quanto possono ovvero se e quanto la nuova norma possa essere retroattiva) non credo sia un grande notizia, per inciso non mi risulta che il patteggiamento sia deciso dall’imputato, lo può chiedere, ma il Pubblico Ministero e il giudice devono decidere se concederlo. In reati gravi come quelli di ILVA che l’imputato cerchi di svignarsela con il patteggiamento non mi sembra una grande risultato per le vittime!
Su ILVA pesano principalmente le leggi ad hoc fatte per salvaguardarla e non questa norma.
Per quanto concerne gli omicidi dei lavoratori non vedo cosa c’entra la norma in questione, gli infortuni e malattie professionali sono soggette ad altra, precedente e immutata normativa.
Vediamo di ragionare a mente fredda su questa norma e cercare di far emergere i lati positivi che ci sono.
Saluti
Marco Caldiroli

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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 6:08 AM
Subject: ETERNIT BIS: LO STATO SI COSTITUISCE PARTE CIVILE

La Repubblica Piemonte Torino
ETERNIT BIS, RENZI MANTIENE LA PROMESSA: LO STATO SI COSTITUISCE PARTE CIVILE
La presidenza del Consiglio, assieme alla Regione Piemonte e alla Provincia di Alessandria, sarà tra i soggetti danneggiati nel processo per omicidio sui morti da amianto a Casale Monferrato. Respinta l’istanza della difesa del magnate svizzero Schmidheiny che chiedeva lo spostamento a Ivrea. Il sindaco di Casale, Palazzetti: “Istituzioni finalmente unite”
La presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita parte civile al processo Eternit bis, di cui oggi a Torino è ripresa l’udienza preliminare. Era stato il premier Matteo Renzi, all’indomani della discussa sentenza di Cassazione che aveva dichiarato prescritto il reato di disastro, ad annunciare che si sarebbe impegnato, anche in tema di prescrizione, per evitare in futuro casi simili. Era stata dunque grande la delusione dei parenti delle vittime quando, all’avvio del processo bis per omicidio, né lo Stato né gran parte degli enti locali si erano fatti vedere.
Mancanza colmata ora: si sono costituite anche la Regione Piemonte e l’ente della Provincia di Alessandria, che vanno ad aggiungersi alla quarantina di soggetti pubblici e privati che avevano presentato la domanda nelle scorse udienze. Resta intanto a Torino il processo: il giudice Federica Bompieri ha letto in aula, alla riapertura dell’udienza preliminare per omicidio volontario, l’ordinanza con cui ha stabilito che il magnate svizzero Stephan Schmidheiny deve essere giudicato nel capoluogo piemontese, e non a Ivrea come chiedevano le difese.
Il processo contro il colosso dell’amianto conta 258 decessi tra residenti ed ex operai degli stabilimenti italiani della multinazionale Eternit. Proprio per il fatto che la prima vittima in ordine cronologico a essere entrata nel fascicolo aperto dal Pubblico Ministero Raffaele Guariniello era di Cavagnolo, la difesa dell’imputato aveva chiesto il trasferimento del procedimento al tribunale di Ivrea. Dopo la riorganizzazione degli uffici giudiziari, infatti, il comune di Cavagnolo è passato dalla competenza di Torino a quella del tribunale eporediese. Ma secondo il giudice quel primo decesso era già stato inserito nel procedimento prima della riforma degli uffici giudiziari, quando il paesino era sotto la giurisdizione di Torino.
“Le istituzioni sono finalmente unite, a tutti i livelli, nel perseguire i responsabili del caso Eternit” - è quanto afferma il sindaco di Casale Monferrato (Alessandria), Titti Palazzetti, commentando la costituzione di parte civile dello Stato, della Regione Piemonte e della Provincia nel processo Eternit bis.
“È giusto inoltre ricordare” - aggiunge – “come il governo abbia mantenuto le promesse fatte alla città dopo la sentenza della Cassazione dello scorso novembre: sono stati stanziati i fondi per le bonifiche, è ripreso l’iter per adeguare ai tempi la legge sui reati ambientali e ora la decisione di costituirsi parte civile così come promesso alla signora Romana Blasotti in occasione dell’incontro a Roma. Tutti insieme” - conclude il sindaco – “proseguiamo con fermezza nella richiesta di giustizia, anche per tutte le persone che nel resto d’Italia e nel mondo stanno subendo i danni dell’amianto”.

La Stampa Alessandria
ETERNIT, ANCHE RENZI PARTE CIVILE CONTRO LO SVIZZERO SCHMIDHEINY
IL PROCESSO BIS RESTA A TORINO
Nel procedimento Eternit Bis, di cui si sta celebrando l’udienza preliminare, l’Avvocatura dello Stato ha presentato istanza di parte civile per la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Anche Renzi ha chiesto (e ottenuto) di costituirsi parte civile contro lo svizzero Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio volontario di 258 persone uccise dal mal d’amianto. Nel procedimento Eternit Bis, di cui si sta celebrando a Torino l’udienza preliminare, stamane l’Avvocatura dello Stato ha presentato istanza di costituzione di parte civile per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri. E così hanno fatto la Regione e la Provincia, entrambe accolte. La procura ha accolto favorevolmente le istanze dei tre enti, “anzi ci eravamo stupiti non l’avessero già fatto” ha commentato il Pubblico Ministero Raffaele Guariniello.
Ovviamente, invece, la difesa si è opposta osservando che, sulla base del principio di rilevante gravità dei fatti contestati, che sta alla base della richiesta di ammissione avanzata in particolare della presidenza del Consiglio, “lo Stato” - ha rilevato l’avvocato Astolfo Di Amato – “avrebbe titolo di costituirsi in qualsiasi processo indipendentemente dal reato. Così salta qualsiasi selezione”.
Eh no, ha replicato il legale inviato da Renzi: “Il criterio di gravità va correlato al contesto in cui è avvenuto il reato” e ha richiamato il caso della strage in piazza della Loggia a Brescia.
L’avvocato Mattioda ha, invece, sottolineato che la Regione ha ben titolo di costituirsi, perché per le vittime d’amianto ha dovuto sostenere notevoli spese sanitarie.
Alla Provincia di Alessandria è stato contestato che, dopo la legge che ha “abolito” questi enti, o meglio ne ha ridotto drasticamente i compiti, è venuto meno il suo ruolo “esponenziale” della collettività. “Non è così” - ha replicato l’avvocato Alberto Vella – “vero che la cosiddetta legge Delrio ha modificato il ruolo della Provincia inserendolo, però, in una revisione della Costituzione che, comunque, non è ancora avvenuta. Quindi il ruolo esponenziale, cioè rappresentativo della collettività, che è indicato nella Costituzione, non è ancora venuto meno”.
Il processo Eternit bis resterà a Torino.
La difesa aveva avanzato al giudice Federica Bompieri la richiesta di spostare il processo a Ivrea, sollevando l’eccezione della competenza territoriale, essendo la prima vittima di Cavagnolo, un comune che oggi rientra nella giurisdizione del tribunale di Ivrea. Secondo il giudice, però, il fascicolo con il nome della persona deceduta è stata aperto prima del riassetto territoriale, ovvero quando il Comune di Cavagnolo era sotto la giurisdizione del tribunale di Torino, dove quindi continuerà a svolgersi il processo.
21/05/15
Silvana Mossano

Alessandria News
ANCHE LO STATO PARTE CIVILE AL PROCESSO ETERNIT BIS
Si è aperta questa mattina, giovedì, la terza udienza davanti al giudice per le indagini preliminari al processo Eternit Bis: anche lo Stato italiano, insieme e Regione Piemonte e Provincia di Alessandria si sono costituiti parte civile
Terza udienza, questa mattina, giovedì, davanti al giudice per le indagini preliminari di Torino per il processo Eternit Bis promosso dal Pubblico Ministero Raffaele Guariniello contro Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio volontario.
Da Torino, Bruno Pesce, coordinatore AFEVA, Associazione Famigliari Vittime dell’Amianto, ha fatto sapere che anche lo Stato Italiano si è costituito parte civile, insieme alla Provincia di Alessandria e alla Regione Piemonte. Una notizia attesa fin dalle prime battute del processo, quella della costituzione dello Stato come parte danneggiata che rafforza, almeno dal punto di vista simbolico, la battaglia dei casalesi per avere giustizia delle morti causate dalle lavorazioni dell’amianto.
La difesa del magnate svizzero tenterà davanti al giudice di affermare il principio del “Ne bis in idem” che ossia al fatto che nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto.
21/05/15

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From: Senzapatria News anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 8:58 AM
Subject: SE QUESTE SONO COOPERATIVE...

23 maggio 2015
QUANDO L’ETICHETTA NON E’ IL CONTENUTO
Dinamica Centro Servizi Società Cooperativa Foligno (capitale sociale 383.336,18 €).2013, valore della produzione 7.391.654 €, utile/perdita 1.160 €, ricavi 7.387.061 € (2013).
E’ la “cooperativa” che non ha assunto 2 lavoratori cimiteriali, tra l’altro svantaggiati, (vedi http://www.usi-ait.org/index.php/notizie/915-senigallia-aggiornamento) protetti da clausola sociale nell’appalto dei servizi cimiteriali di Senigallia dopo aver vinto, seconda classificata, una gara giocata al casinò del massimo ribasso e li ha sostituiti con due interinali flessibili a chiamata all’altrettanto massimo ribasso con la connivenza della amministrazione comunale.
Cooperativa questa? Che si sottrae agli obblighi di legge ed umani? Cooperativa? Che esclude proprio un lavoratore che ha sempre lottato per la sicurezza chiedendo solo l’applicazione delle leggi dello stato? Cooperativa? Che lascia nella miseria più nera un onesto lavoratore, unico reddito di una famiglia di quattro persone? Cooperativa?
No questa roba non è una cooperativa, lo sappiamo bene noi dell’USI: le cooperative nascono per l’auto aiuto, senza fondi dello stato, in un momento di crisi nera (vera) alla fine dell’800, per salvare dalla fame il popolo espulso dalla sopravvivenza della cosiddetta in(ri)voluzione industriale che portò alla rovina numerosi artigiani e costrinse a lavori sempre più massacranti. I lavoratori infatti vennero sottoposti a condizioni di sfruttamento disumane.
Fu allora che si realizzarono associazioni volontarie e i lavoratori coraggiosi costituirono società operaie o società di mutuo soccorso, che prevedevano il versamento settimanale di un contributo da cui poi gli associati avevano diritto ad un’assistenza reciproca, mutua, in caso di malattia, infortuni o morte. Da queste esperienze derivarono le prime forme di cooperazione, come ad esempio le cooperative di consumo, per procurarsi gli alimenti essenziali di qualità e a prezzi contenuti, quelle di acquisto di beni e servizi, nonché quelle di lavoro e di produttori.
Nella prima metà del XIX secolo dunque nasce l’idea di un’economia cooperativa, mirante a rendere accessibile anche ai lavoratori l’acquisizione dei mezzi di produzione.
No, non può essere una cooperativa solo perché si appiccica un’etichetta di comodo che non ha più valori (ereditata solo perché era nata tale) e non è neppure una brutta copia: 437 dipendenti, il numero di soci non è dato sapere se non quello delle tre Società partecipate proprietarie (“socie” di altro tipo però): Co.S.I.F. Consorzio servizi integrati Foligno (dal 2005) Capitale sociale 38.940,00 €, SEICER srl (dal 2003) Capitale sociale 700.000 €, Angel Service Società consortile a R.L. (dal 2012) Capitale sociale 500.000,00 €.
No, un etichetta non è il vero contenuto se assomiglia di più ad una società di capitali.
E’ un incongruenza che non si può sentire. O sono cooperative o sono società per azioni: ambedue le cose contemporaneamente appaiono paradossali allo stesso modo di quando i ministri (del PD) sfilavano in corteo contro se stessi. Una condizione inaccettabile che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile e che quindi inganna tutti.
Nelle società di capitali infatti vi è una tendenziale irrilevanza della persona del socio che deriva dalla mancanza di una sua responsabilità per le obbligazioni sociali e si riflette sulla mancanza di poteri gestori al socio in quanto tale. Mentre invece le cooperative sono imprese che dovrebbero mettere al primo posto le persone rispetto al denaro, il lavoro rispetto al capitale e i soci avrebbero diritto a partecipare alle assemblee decisionali secondo il metodo “di una testa e un voto”.
Invece ci sono solo Consigli di Amministrazione che redigono e decidono.
No. Queste non sono Cooperative, se non hanno conservato quella dimensione umana e solidale e assembleare con la quale e per la quale erano nate.
Mariella Caressa

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To:
Sent: Sunday, May 24, 2015 10:44 PM
Subject: SENTENZA SOLVAY ATTESA AD ALESSANDRIA: C’E’ FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA?

I potenti resteranno impuniti?
Il ruolo dei Giudici popolari.
A Bussi si sospettano minacciose pressioni sulla Giuria: gli imputati (tra cui quelli di Spinetta) prosciolti per prescrizione.
Udienza del 25 maggio 2015
Con le arringhe finali dei difensori Ausimont (Montedison) e Solvay si è prossimi alla sentenza in Corte di Assise ad Alessandria per il disastro ecologico di Spinetta Marengo.
Quale sentenza è attesa? Se ascolti gli addetti ai lavori, gli avvocati, la disputa sembra se il dolo dell’articolo 439 riguarda solo i terroristi che versano cianuro nei tubi dell’acquedotto o anche i dirigenti d’azienda che consapevolmente versano cancerogeni nelle falde acquifere.
Se invece interroghi la gente, ti rendi conto che non c’è molta fiducia nella giustizia. Difficilmente la pronunciano con la maiuscola. E non per le motivazioni che le attribuisce Berlusconi. Bensì proprio per il contrario. Sono infatti convinti che i potenti resteranno impuniti, in virtù del fatto che sono potenti, ricchi. I magistrati, dicono, hanno sempre fatto parte di quella casta.
La Giuria popolare? Sì, ma conta davvero? Le notizie che giungono dall’Abruzzo non hanno fatto altro che intorbidire le aspettative. La sentenza della Corte d’Assise di Chieti, che mandò in parte assolti (per avvelenamento delle acque) e in parte prescritti (per disastro ambientale) 19 dirigenti e tecnici della Montedison, imputati per il mortifero inquinamento causato dalle discariche di Bussi sul Tirino (Pescara), è infatti altamente sospetta di pressioni indebite del Presidente della Corte su alcuni membri della Giuria.
Alcune giurate hanno infatti affermato di essersi sentite dire dal Presidente che “se avessero condannato per dolo, e se poi gli imputati si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo, negozio e casa compresi”. Affermazione in sé falsa perché la legge prevede la responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo oppure di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”. Fatti e prove ben documentati dai Pubblici Ministeri, dall’Istituto superiore della sanità, dall’Avvocatura dello Stato.
Però quella minacciosa prospettazione della loro rovina economica era volta a derubricare il disastro da reato doloso a colposo, punito con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già scattata.
No dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto fra un’udienza e l’altra ai sei giudici popolari. Così fu la genesi della sentenza.
Ora, sulla correttezza della condotta dei due giudici togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio superiore della Magistratura, anche annullando il verdetto.
Cose del genere sono impensabili per la Corte di Assise di Alessandria. Ma questa provincia ha già assistito sgomenta alla vergognosa prescrizione dell’Eternit e tutti, a cominciare dalle vittime e dai familiari dei morti, hanno chiaro che una sentenza Solvay per colpa, invece che per inquinamento doloso delle acque e dolosa omessa bonifica, equivarrebbe a una prossima prescrizione.

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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Monday, May 25, 2015 6:43 PM
Subject: INTERVISTA A FULVIO PERINI: “UNA MONTAGNA DI AMIANTO”

Diffondo il link sull’intervista di Fulvio Perini sul rischio amianto nella perforazione del tunnel della linea AV in Val di Susa.
Alessandra Cecchi

Pubblicato il 24 mag 2015
Nell’ambito di una produzione Speciale in collaborazione tra Zeroincondotta (http://www.zic.it), SmkVideofactory e Radioalsuolo in occasione di “Una montagna di libri contro il TAV”, a VAG61 (Bologna), intervistiamo Fulvio Perini, intervenuto nel corso della giornata di dibattiti sull’inquinamento da amianto causato dai lavori TAV.
“Tutte le montagne della Valle di Susa contengono nelle loro rocce delle quantità di amianto”.

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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:01 AM
Subject: PROCESSO OLIVETTI IVREA

Da La Repubblica
AMIANTO ALL’OLIVETTI, I SINDACATI AMMESSI PARTE CIVILE AL PROCESSO
Udienza preliminare per l’inchiesta su 14 ex dipendenti morti dopo aver lavorato a lungo a contatto con le fibre tossiche. Gli indagati sono 28, la seduta è stata aggiornata a settembre.
Si è conclusa con l’ammissione delle parti civili l’udienza preliminare, a Ivrea, per le morti da amianto alla Olivetti.
Il Giudice della Udienza Preliminare Cecilia Marino ha accolto le richieste, tra le altre, della FIOM-CGIL e di alcuni comuni, tra cui Scarmagno.
L’udienza, nella quale verrà discusso l’eventuale rinvio a giudizio dei 28 imputati, è stata poi aggiornata al 23 settembre.
Nel corso dell’udienza di oggi, inoltre, le parti civili hanno presentato l’istanza (annunciata nei giorni scorsi) di citazione per responsabilità civile di Telecom, che nel 2003 prese il controllo della storica società dopo una complessa operazione di fusione per incorporazione.
“L’ammissione della FIOM come parte civile” - commenta Federico Bellono, segretario provinciale della FIOM-CGIL – “è coerente con quanto già avvenuto in analoghi processi e rappresenta un riconoscimento del ruolo che abbiamo sempre esercitato sui temi della salute dei lavoratori. Altrettanto importante è stato aver dato corso alla citazione di Telecom per responsabilità civile. Ora attendiamo il rinvio a giudizio degli imputati e l’avvio del processo vero e proprio”.
Il processo riguarda la morte di quattordici ex lavoratori, dovuta secondo l’indagine al contratto con le fibre d’amianto, e per un caso di lesioni colpose.
I Pubblici Ministeri Laura Longo e Lorenzo Boscagli hanno indagato i vertici della Olivetti, che a partire dagli anni Sessanta hanno ricoperto incarichi dirigenziali. Tra questi Carlo De Benedetti, amministratore delegato e presidente del Consiglio di Amministrazione dal 1978 al 1996, l’ex ministro Corrado Passera e l’imprenditore Roberto Colaninno, quest’ultimo per un solo caso di lesioni.
A Ivrea Telecom, di cui la FIOM ha chiesto la citazione in giudizio per responsabilità civile, era già stata condannata dal giudice del lavoro Luca Fadda a risarcire con un milione e 200 mila euro i familiari di Franca Lombardo, di Burolo (Torino), morta nel 2007 a 69 anni per un mesotelioma pleurico: la donna avrebbe contratto la patologia lavorando in uno dei capannoni della Olivetti in cui si adoperava il talco contaminato da tremolite. L’azione legale era cominciata nel 2013.

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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:12 AM
Subject: PROCESSO ILVA TARANTO

Da Taranto contro
A seguito dell’incontro tra le Procure di Milano e Taranto, la richiesta di patteggiamento dell’ILVA è ora in forse, ma le motivazioni sono negative, legate ai “buchi” della nuova legge sugli “ecoreati”.
Nell’incontro i Procuratori hanno analizzato i risultati della nuova indagine aperta a Milano dopo lo stato di insolvenza dell’ILVA, per “bancarotta fraudolenta” da parte dei Riva che avrebbero distratto grossi fondi, si parla di centinaia di milioni di euro, usando fatture false.
L’altro argomento è stata la richiesta di “patteggiamento” presentata dai legali dell’ILVA SpA nel processo ILVA Ora, questa richiesta pare che possa essere ritirata nella prossima udienza del 28 maggio.
Noi saremmo contenti (su questo, ricordiamo, abbiamo fatto una lettera aperta ai Pubblici Ministeri di Taranto, perchè in questo modo l’ILVA si tirerebbe fuori con una multa dal processo e le parti civili non potrebbero più avere dalla società i risarcimenti.
Ma la motivazione del passo indietro dei commissari dell’ILVA e del governo avrebbe solo ragioni ignobili.
Come riporta Il Fatto Quotidiano: “In una riunione tenuta martedì 19 maggio tra il Ministro Federica Guidi e la struttura commissariale guidata da Piero Gnudi, presente Paola Severino in veste di consulente legale del commissario, si è deciso appunto di frenare sul patteggiamento, perchè la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere un impatto sul processo in corso a Taranto essendo ritenuta più favorevole al reo rispetto al reato di disastro innominato per cui l’azienda, la famiglia Riva e altri vengono perseguiti a Taranto”.
Trovano così una prima conferma i timori finora non ufficiali della Procura e del Tribunale della città pugliese sugli effetti che la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere sul maxi-processo ILVA.
D’altronde anche magistrati esperti del tema come Gianfranco Amendola, uno dei padri dell’ambientalismo italiano, e Raffaele Guariniello lasciano intendere che il lavoro del Parlamento non sia stato così accurato come ci si aspetterebbe per una normativa attesa da vent’anni almeno.
Nella nuova legge compare l’avverbio “abusivamente” riferito al delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale; questo avverbio subordina la punibilità di una condotta che provoca anche migliaia di vittime alla mancanza di un’autorizzazione: questo significa limitare in modo quasi irragionevole le condotte delittuose punibili, con le ovvie ripercussioni del caso sulle obbligazioni risarcitorie a carico del reo.
Inoltre il nuovo delitto di inquinamento ambientale prevede che le condotte atte a cagionarlo sono punibili solo nel caso in cui la compromissione e il deterioramento siano “significativi” e “misurabili”, e che siano state interessate “porzioni estese o significative” del suolo o del sottosuolo. Senza tuttavia indicare sulla base di quali parametri il giudice sarà chiamato ad effettuare tale valutazione, e con il serio rischio di una pronuncia di incostituzionalità della Consulta.

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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:15 AM
Subject: ILVA: I PADRONI CHIEDONO IL CONTO AL GOVERNO

Da Taranto contro
Nell’assemblea della Federacciai, i padroni hanno fatto sentire forte la loro voce per pretendere che l’ILVA di Taranto torni presto a loro.
Hanno sciorinato i dati sul calo dell’acciaio (del 10% nei primi quattro mesi dell’anno che, secondo le previsioni del centro studi di Siderweb, a fine anno si assesterà al 4%, e che segue il pesante rallentamento degli ultimi anni: nel 2012 la frenata è stata del 5,2, nel 2013 è stata dell’11,6%, l’anno scorso si è perso un ulteriore 1,6 per cento), per concludere che una delle responsabilità principali di questa crisi è dovuta al “rallentamento degli impianti di Taranto”.
“Quindi” - ha aggiunto il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi - “per questo motivo appare irrazionale e incomprensibile quanto avvenuto all’ILVA, sia sul piano industriale che proprietario. All’ILVA siamo in presenza di un esproprio di un’azienda da parte della magistratura, senza che la proprietà sia stata consultata, senza che sia potuta intervenire in alcun modo. Da sostenitore del principio della libera impresa non sono d’accordo”.
E il presidente della Federacciaio, Gozzi, ha rincarato la dose: “Questo esproprio è una macchia sulla reputazione internazionale del paese. Abbiamo combattuto con forza fin dall’inizio la scelta dei commissariamenti, decisione che si è trasformata in un esproprio senza indenizzo ai danni della proprietà Riva. Occorre ridefinire la prospettiva di un ritorno dell’azienda in mani private”.
Suona quantomeno bizzarro sentire in bocca a Squinzi e Gozzi la frase “esproprio senza indennizzo”. Visto che questa frase era ed è detta da operai, dagli abitanti dei quartieri inquinati, ma proprio perchè non è mai stata attuata da parte dello Stato e né lo sarà in futuro.
Non c’è stato nessun “esproprio”! C’è stato solo la dichiarazione di uno stato di insolvenza, operazione-truffa che ha permesso al governo di fare il settimo decreto salva-ILVA aggirando la legge Marzano e le norme europee contro gli accessi di aiuti di Stato, e di tener fuori l’ILVA dai risarcimenti nel processo. E i Riva continuano a non pagare per tutti le morti, le malattie, l’inquinamento che hanno causato.
Ben che vada, verranno a loro tolti appena circa 2 miliardi (ma su questo è lo stesso Gozzi che ricorda che il famoso 1,3 miliardi non sarà sbloccato finché non ci sarà una sentenza, e ciò vuol dire anni) a fronte dei lauti fondi fatti sullo sfruttamento e sul sangue degli operai ILVA che restano tranquilli nei paradisi fiscali.
Il Commissariamento dell’ILVA da parte del governo è stato quindi solo per salvare l’ILVA, proprio come vogliono i padroni.
Tant’è che alle critiche, sollecitazioni di Squinzi e Gozzi, il ministro Federica Guidi ha spiegato che il commissariamento dell’azienda ha l’obiettivo di rivitalizzarla attraverso una “newco” a controllo statale, probabilmente entro l’estate, (alla quale saranno veduti gli “asset”) per poi rimetterla sul mercato.
“Il nostro obiettivo” - ha rassicurato Guidi – “non è trasformare ILVA in un’azienda pubblica. Al contrario, l’intervento del Governo va nella direzione di garantire un risanamento che permetta all’ILVA di continuare ad operare”.
Ma questi appunti dei principali rappresentanti del padronato italiano sicuramente non rimarranno senza effetto. I soldi verranno soprattutto impiegati per sostenere la produzione, il risanamento verrà fatto solo per quel poco necessario a non scontentare i nuovi padroni acquirenti, e i tempi del passaggio potranno essere ridotti.
I padroni (italiani o stranieri) saranno accontentati.
I lavoratori e le masse popolari di Taranto saranno ulteriormente danneggiate.

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From: Basta morte sul lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 8:21 AM
Subject: PROCESSO ILVA

PROCESSO ILVA: IL 28 MAGGIO PARLANO GLI AVVOCATI DI RIVA E DELLE SOCIETA’
Il 28 maggio al processo ILVA parleranno gli avvocati di Nicola Riva, tuttora non estradato dalla bella vita di Londra, l’avvocato di Riva Fire, gli avvocati per l’ILVA in amministrazione straordinaria.
Per quest’ultima, per cui i commissari straordinari hanno chiesto il patteggiamento, lo Slai Cobas ha presentato la lettera aperta ai Pubblici Ministeri che riportiamo a seguire.
Slai Cobas per il sindacato di classe
via Rintone, 22
Taranto
telefax: 099 47 92 086
cellulare: 347 53 01 704

* * * * *

Al Procuratore Franco Sebastio
Al Procuratore aggiunto Pietro Argentino
Ai Pubblici Ministeri Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani, Raffaele Graziano
OGGETTO: PATTEGGIAMENTO DEI COMMISSARI STRAORDINARI GNUDI, ARRUBA, LAGHI PER L’ILVA
La scrivente Organizzazione Sindacale Slai Cobas per il sindacato di classe, parte civile al processo ILVA, a nome delle parti civili di operai, lavoratori, cittadini, che rappresenta, chiede alle Signorie Loro di non concedere l’assenso alla richiesta di patteggiamento dell’ILVA, in quanto nessuna reale giustizia vi sarebbe, né risarcimenti per le parti civili.
Se passasse questa richiesta l’ILVA uscirebbe dal processo solo con una sanzione di 3 milioni di euro; soldi che, essendo ora l’azienda sotto amministrazione dello Stato, dovrebbero essere pagati dallo Stato e quindi di fatto da noi contribuenti; fermo restando che comunque andrebbero nel passivo fallimentare per essere recuperati chissà quando.
Non un solo centesimo verrebbe destinato al risarcimento del danno delle parti civili.
Pur prevedendo poi una misura interdittiva, ci troveremmo di fronte alla contraddizione che gli stessi commissari condannati verrebbero nominati commissari giudiziali e continuerebbero a dirigere lo stabilimento.
Il patteggiamento non permetterebbe un approfondito accertamento della responsabilità dell’ILVA sull’inquinamento, malattie e morti, con relativa adeguata condanna. Quindi, il patteggiamento, a nostro parere, più che un’ammissione di colpa, come è stato detto, sarebbe un modo per l’ILVA di liberarsi del processo.
Temiamo che in questo modo il processo, dopo la esclusione già avvenuta delle 3 società dai risarcimenti, verrebbe ulteriormente svuotato. E diventerebbe un processo solo per le colpe individuali e non al “sistema ILVA”, vera causa dei disastri dentro e fuori la fabbrica.
Noi chiediamo, che questo processo dia giustizia e verità ai tanti operai, lavoratori, cittadini.
E la prima giustizia è che sul banco degli imputati continuino a restare l’ILVA e le altre società che coscientemente hanno messo il profitto della produzione sopra la salute e la vita della popolazione.
Conoscendo la Vostra sensibilità e rigore giudiziario, attendiamo fiduciosi.
per Slai Cobas per il sindacato di classe
per le parti civili
Calderazzi Margherita

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From: Carlo Soricelli soricarlo49@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, May 26, 2015 9:49 AM
Subject: ASAPS CONFERMA: PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU TUTTA LA RETE AUTOSTRADALE

Come abbiamo scritto più volte e avvertito i Ministeri competenti anche l’Osservatorio ASAPS (ASsociazione Amici Polizia Stradale) conferma la strage di agricoltori schiacciati dal trattore.
Si muore più sui campi che sulle autostrade.
Carlo Soricelli

Da La Reubblica
MAGGIO, PIU’ VITTIME NEI CAMPI CHE SU TUTTA LA RETE AUTOSTRADALE
Con 29 sinistri e 20 morti, in questo mese con i trattori c’è stata una vera e propria strage.
Incredibile ma vero: nei campi si muore più del doppio che in autostrada. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Il Centauro dell’ASAPS (ASsociazione Amici Polizia Stradale) a maggio c’è stata una vera e propria strage di incidenti con trattori.
Nei soli primi 15 giorni del mese l’Osservatorio ASAPS ha già registrato 29 episodi che hanno causato 20 morti di cui 17 fra gli stessi conducenti delle macchine agricole. Un record mai visto prima e che non può essere dimenticato: per capire la portata del fenomeno basta dire infatti che nello stesso periodo (sulla intera rete autostradale con ben altri volumi di traffico di auto, moto e camion) le vittime sono state 8. Come dire che nei campi a primavera si muore più che il doppio che in autostrada.
Intanto nei primi quattro mesi del 2015 l’Osservatorio il Centauro dell’ASAPS ha registrato: 111 incidenti con trattori agricoli che hanno causato 46 vittime e 70 feriti. Il fenomeno insomma inizia a preoccupare davvero: nel 2014, secondo il report dell’ASAPS, le vittime totali nei campi e sulle strade adiacenti per incidenti con trattori agricoli furono 181 (+4,6%) e 257 i feriti (+4%) in 390 incidenti (+4,3%).
“Gli incidenti nei campi” - ci ha spiegato Giordano Biserni, presidente ASAPS – “nonostante i nuovi provvedimenti in materia di patenti e di sicurezza dei mezzi, ancora non danno segno di diminuzione e riteniamo sia indispensabile una forte e mirata comunicazione dei fattori di rischio fra gli agricoltori stessi e in particolare fra quanti lavorano la terra per hobby saltuariamente”.
Vincenzo Borgomeo


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