giovedì 28 maggio 2015

28 maggio - Come nel ventennio fascista, la questura decide le assunzioni



Expo. Licenziati perchè la Questura nega il pass
articolo di Roberto Maggioni su Il manifesto
Expo, licenziamenti preventivi. Viminale nella bufera 

«Vor­rei sem­pli­ce­mente sapere cosa ho fatto di male per non poter lavo­rare a Expo 2015». Anna, nome di fan­ta­sia, aveva fir­mato un con­tratto a tempo deter­mi­nato per lavo­rare sei mesi in uno dei padi­glioni di Expo. Ad aprile aveva par­te­ci­pato al periodo di for­ma­zione entrando anche nel sito espo­si­tivo in costru­zione. Il 30 aprile è stata licen­ziata: «ci dispiace» gli è stato detto dal respon­sa­bile per­so­nale del padi­glione «ma dal primo mag­gio — inau­gu­ra­zione di Expo — non può più entrare nel sito espo­si­tivo. E quindi dob­biamo licen­ziarla». Motivo? «La Que­stura di Milano le ha negato il pass per entrare nel sito». Ma è la Que­stura a deci­dere chi può lavo­rare den­tro a Expo e chi no? Chi gli ha affi­dato que­sto com­pito? Quali cri­teri e pro­ce­dure uti­lizza per fare que­sta pre­se­le­zione? E quanto è legit­timo tutto ciò? Un pro­blema di tra­spa­renza e pos­si­bile discri­mi­na­zione sui luo­ghi di lavoro, su cui i diretti inte­res­sati chie­dono chiarezza. La sto­ria di Anna è simile a quella di altre decine di per­sone, «un cen­ti­naio» dicono dalla Cgil Milano, licen­ziate o a cui è stato negato il lavoro a Expo per­ché non hanno supe­rato il fil­tro di Pre­fet­tura e Que­stura. Ma fac­ciamo un passo indie­tro: come fun­ziona que­sto fil­tro di poli­zia? Cia­scuna azienda o Paese che lavora den­tro Expo deve man­dare alla Que­stura e alla Pre­fet­tura di Milano i dati ana­gra­fici di chi deve entrare nel sito espo­si­tivo per avere il pass che per­mette di acce­dere a Expo, il tutto tra­mite una pro­ce­dura infor­ma­tica gestita delle piat­ta­forme di Expo SpA. A que­sto punto entra in scena il fil­tro e decine di per­sone si sono viste rifiu­tare il pass senza alcuna spiegazione. «Il parere di Que­stura e Pre­fet­tura non è vin­co­lante» spie­gano da Expo SpA, la deci­sione finale è dun­que in capo a Expo. Ma di fronte a un parere nega­tivo, fanno capire da Expo, nes­suno si assume la respon­sa­bi­lità di farli entrare. Sem­brano dun­que esserci ampi mar­gini di discre­zio­na­lità. Le rispo­ste arri­vate ai lavo­ra­tori esclusi, sono quasi tutte un copia-incolla di que­sto tipo: «le regole d’ingaggio per essere accre­di­tati a Expo 2015 sono dif­fe­renti da quelle di qua­lun­que altro evento, in quanto l’Expo è stata dichia­rata obiet­tivo sen­si­bile, non­ché sito di inte­resse stra­te­gico nazio­nale». E quindi? La domanda resta: chi decide chi può lavo­rare a Expo e chi no, e in base a quali cri­teri? C’è anche chi ha inviato il pro­prio casel­la­rio giu­di­zia­rio a Expo per pro­vare di essere incen­su­rato, ope­ra­zione inu­tile: «alle­gare visure o altri docu­menti non serve» è scritto ancora nella rispo­sta stan­dard «i con­trolli ven­gono fatti in altra sede uffi­ciale e sono le auto­rità di Poli­zia a gestire que­ste infor­ma­zione». Cri­teri di sele­zione oscuri sulla base di infor­ma­zioni riser­vate. E che devono restare tali, come ha detto il vice­mi­ni­stro dell’Interno Filippo Bub­bico a Radio Popo­lare: «Expo è un sito sen­si­bile, di rile­vanza stra­te­gica» ha spie­gato «ci sono delle atti­vità di pre­ven­zione i cui cri­teri non pos­sono essere resi noti per­ché per­de­reb­bero di efficacia». Sem­pre a Radio Popo­lare sono andate in onda diverse testi­mo­nianze di chi si è visto negare il pass, e che ora tra­mite la Cgil di Milano, San Pre­ca­rio o pro­pri avvo­cati, stanno facendo par­tire cause legali con­tro Expo e le aziende che li hanno lasciati a casa. Testi­mo­nianze che par­lano di per­sone incen­su­rate e che, rac­con­tano, non si sen­tono di avere nulla a che fare con pro­blemi di «sicu­rezza nazio­nale». A meno che non si con­si­de­rino come tali l’aver lavo­rato con rifu­giati poli­tici, l’aver par­te­ci­pato a mani­fe­sta­zione con­tro la riforma Gel­mini nel 2008, l’aver fre­quen­tato cen­tri sociali o l’essere stato denun­ciato anni fa per scritte sui muri. Tutte cose venute in mente, guar­dando al pro­prio pas­sato, agli esclusi. Ma que­sto Pre­fet­tura e Que­stura non lo dicono. «Vogliamo sapere per­ché siamo stati licen­ziati e per­ché non pos­siamo lavo­rare a Expo». Insomma, se esi­ste un «Expo­reato» che li tiene fuori dall’esposizione. «Chie­diamo sia fatta chia­rezza, pen­siamo di essere di fronte a una vio­la­zione dell’articolo 8 dello Sta­tuto dei lavo­ra­tori» dice Anto­nio Lareno, respon­sa­bile Expo per la Cgil di Milano, che ha chie­sto un tavolo straor­di­na­rio dell’Osservatorio Expo per venerdì 29 mag­gio. Tavolo a cui vor­rebbe par­te­ci­pare anche il Comune di Milano: «abbiamo chie­sto di farne ecce­zio­nal­mente parte» ha detto Cri­stina Tajani, asses­sore al lavoro della giunta Pisa­pia. «Chie­diamo a Que­stura e Pre­fet­tura di essere infor­mati su pro­ce­dure, nor­ma­tive e prassi adot­tate nei casi segnalati». La vicenda finirà anche in Par­la­mento, il depu­tato di Sel Daniele Farina ha depo­si­tato un’interrogazione par­la­men­tare. Ma sarebbe il caso che altri pren­des­sero parola: chi ha perso il posto di lavoro ha il diritto di sapere con la mas­sima tra­spa­renza in base a quale cri­teri è suc­cesso e se tutto ciò sia legit­timo o meno.

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