domenica 3 agosto 2014

3 agosto: CINA, SFRUTTAMENTO-MORTE-SUICIDI SIA PER I PADRONI NAZIONALI CHE PER LE MULTINAZIONALI OCCIDENTALI

CINA: STRAGE DI OPERAI

 Posted by
Strage di operai in una fabbrica cinese che produce ruote per le case automobilistiche americane, inclusa la General Motors. Un’esplosione avvenuta alle 7,30 (ora locale) alla Zhongrong Metal Products Company situata nella città di Kunshan, nella provincia di Jiangsu, ha causato almeno 65 morti e oltre 120 feriti, di cui molti con gravi ustioni, secondo fonti ufficiali cinesi che aggiungono che si tratta del peggior incidente industriale in un anno nel gigante asiatico. In base alle prime testimonianze, quando l’esplosione è avvenuta si trovavano al lavoro circa 200 operai, di cui 45 sono morti all’istante.
L’esplosione si è verificata nel capannone in cui avviene la rifinitura delle ruote. Secondo una prima indagine riportata dall’agenzia statale cinese Xinhua, la causa sarebbe da ricercarsi a una fiamma rimasta accesa in una camera riempita di polveri di alluminio della lavorazione, che hanno preso fuoco e hanno provocato lo scoppio. L’impianto della Zhongrong, una società di proprietà taiwanese, occupa circa 450 lavoratori ed esegue lavori per la General Motors e altre compagnie americane. Le immagini diffuse dalla televisione di Stato Cctv mostrano i soccorsi ai feriti, molti dei quali adagiati su barelle improvvisate e portati all’ospedale su camion, autobus e ambulanze. Alcuni dei feriti più gravi sono stati portati negli ospedali di Shanghai.
Padroni cinesi e USA sfruttano gli operai cinesi
Per gli operai catene e morte
Un indirizzo utile per le lotte operaie in Cina


Il veleno della tecnologia uccide i lavoratori cinesi

Il 28 dicembre 2013 il ventiduenne operaio cinese Ming Kunpeng si è suicidato perché ammalato di leucemia, causata dal benzene, prodotto cancerogeno costretto a manipolare quotidianamente, senza adeguate protezioni, nella fabbrica di prodotti elettronici ASM Pacific Technology, fornitrice di Apple. Uno dei tanti operai cinesi del settore spinti al suicidio dalle disperate condizioni di lavoro e di vita. La sua storia è una delle numerose storie raccontate nel documentario “Chi paga il prezzo? Il costo umano dell’elettronica” dei registi Heather White e Lynn Zhang, che hanno condotto un’indagine sull’utilizzo dei prodotti chimici tossici a cui sono esposti milioni di operai cinesi durante la produzione di iPhone, iPad e di altri prodotti venduti nel mercato globale. Un problema di enorme portata dato che tre quarti della popolazione mondiale ha accesso ai cellulari, e che circa la metà di essi è prodotta in Cina, dove è consentito l’utilizzo, spesso senza adeguata protezione, del benzene, un solvente industriale vietato in molti paesi.
L’aumento della domanda di elettronica a basso costo è pagato a caro prezzo dai lavoratori cinesi, con la perdita della salute e della vita. Secondo le statistiche ufficiali del governo cinese ogni 5 ore un lavoratore è avvelenato da prodotti chimici tossici, per la maggior parte benzene, secondo gli esperti molti di più.
Le fabbriche di elettronica utilizzano oltre al benzene prodotti che sono tossine per il sistema riproduttivo come il toluene, e neurotossine come l’N-esano.
Nessuna merce prodotta nel sistema capitalistico, neppure un semplice cellulare, è inoffensiva in quanto frutto dello sfruttamento della forza lavoro, e dell’assoggettamento della vita umana al cieco profitto. Per proteggere la salute dei salariati dell’elettronica esistono in realtà prodotti alternativi a quelli tossici, 626 secondo la lista stilata dall’organizzazione no-profit “Segretariato Internazionale per la Chimica”. Il costo dei loro sostituti si aggirerebbe su un misero dollaro per cellulare, a fronte di profitti miliardari intascati dal padronato. Ad es., nel 2013 Apple ha registrato profitti per $37MD!!!
La denuncia di questi omicidi bianchi comparsa originalmente sul sito della ong. Other Words è poi stata ripresa da grandi testate come Foreign Policy in Focus e da Asia Times, certo non per motivi umanitari ma per combattere la competizione “sleale” della Cina.
La Cina – capofila dei BRICS, i 5 maggiori paesi “emergenti” – è in realtà una grande potenza che già quest’anno si prevede superi il PIL Usa calcolato a parità di potere di acquisto. In competizione con l’India la Cina si è aggiudicata la sede della Banca di Sviluppo dei Brics istituita in occasione del sesto e più importante vertice riunito a metà luglio in Brasile. Banca di Sviluppo che rappresenta in prospettiva un’alternativa alla Banca Mondiale e all’FMI. Le posizioni che il capitalismo cinese va conquistandosi a livello globale sono il frutto del plusvalore che estrae anzitutto dai salariati cinesi, dal loro supersfruttamento in condizioni di lavoro precarie subite per la mancanza o debolezza di un’organizzazione autonoma di classe. Il numero delle vittime di malattie professionali è aumentato negli ultimi anni in modo esponenziale, nel 2010 un nuovo caso diagnosticato ogni dieci minuti. Al di là del sindacato di Stato, ACFTU, esistono in Cina organizzazioni ong, come ad esempio Labour Action China (LAC) attiva soprattutto nel Sud, che forniscono ai lavoratori che vi si rivolgono strumenti culturali e organizzativi e para-legali a difesa dei loro diritti, anche nei confronti delle istituzioni governative. La rapida e violenta crescita del capitalismo cinese porta in ogni caso con se anche forti contraddizioni, che si riflettono nell’aumento delle proteste. LAC informa che dal 1996 al 2003 il numero annuale degli scioperi operai e delle proteste dei contadini è aumentato da 8700 a oltre 90 000, secondo alcuni ricercatori nel 2010 ci sarebbero state 180 000 manifestazioni di massa. È da prevedere che dall’esperienza di questi movimenti di lotta nasceranno e si rafforzeranno anche organizzazioni politiche di classe. Il gigante capitalistico cinese può generare un avversario di classe altrettanto potente che cercherà di abbatterlo.
Sintesi dell’inchiesta documentario
Il filmato inizia vantando l’esperienza di Apple nella produzione di prodotti elettronici capace di migliorare la vita di tutti coloro che li utilizzano, bambini cinesi che studiano o giocano, giovani occidentali, neri, orientali ripresi in varie attività di svago e di lavoro. La tecnologia che aiuta…
E poi la domanda: Chi ne paga il prezzo? seguono interviste a lavoratori dell’elettronica. Un ragazzo a circa 13 anni ha interrotto gli studi e abbandonato il villaggio per andare a lavorare, per integrare il salario guadagnato in miniera dal padre, e la madre sparita nella grande città alla ricerca di un lavoro. Le luci e i grattacieli di una grande metropoli, una ragazza di 14 anni entra in fabbrica, perché i genitori devono lavorare sodo un intero anno per pagarle gli studi.
In Cina ogni anno oltre 12 milioni di adolescenti se ne vanno da casa per trovare un lavoro, fanno parte dei 260 milioni di cinesi costretti a migrare dalle campagne per guadagnarsi da vivere. Poi la catena di montaggio di una fabbrica di cellulari, dalle 8 alle 23 … condizioni di lavoro insostenibili, polveri … ventilazione assente.
Un giovane operaio di 26 anni, dovrebbe essere il miglior periodo della sua vita, invece si ammala di una forma aggressiva di leucemia, causata dal benzene, un carcinogeno di prima categoria … un padre di famiglia in ospedale, stessa diagnosi … 28 trattamenti di chemioterapia, dolore alle ossa, come se migliaia di formiche lo stessero divorando… Un altro operaio ammalato, da sei anni in ospedale: mi sento prigioniero, sento che la vita è finita, non so proprio cosa fare. Ci sono voluti 19 mesi per dimostrare che la malattia era causata dal lavoro … ho mandato petizioni al governo, sono sempre state respinte. Il mio compagno di lavoro è stato chiamato dal capo, gli ha intimato di non dire agli altri operai perché ero ammalato.
Il primo ragazzo intervistato è ora in ospedale, gli è stata negato il riconoscimento di malattia professionale e di conseguenza il risarcimento. I suoi compagni di lavoro lo hanno accompagnato in ospedale, e gli pagano le cure. Ha lavorato tanto, troppo, per aiutare la madre, tutto però adesso è finito.
In Cina circa 200 milioni di salariati lavorano in condizioni pericolose.


Nessun commento:

Posta un commento