venerdì 9 maggio 2014

9 maggio: Ravenna la Rete a processo: “Da processare è la precarietà che uccide, non chi la combatte”.

Oggi si è tenuta la seconda udienza del processo a Ravenna contro la Rete con la testimonianza di un agente digos e quella di Casadio, legale rappresentante della Cooperativa portuale, già condannato per la morte sul lavoro dell'operaio Vertullo a un anno di reclusione, 30 giorni di arresto (che non ha mai fatto) e mille euro, ma il teste non si è presentato e non ha nemmeno ritenuto necessario fornire una giustificazione per l'assenza. Dopo solo tre quarti d'ora l'udienza era già finita.
Fuori il Tribunale il presidio della Rete con striscioni  “Basta morti sul lavoro” e “Da processare è la precarietà che uccide, non chi la combatte”, "Basta stragi sul lavoro, lavoriamo per vivere, non per morire", quest'ultimo è stato portato anche a Roma in occasione del presidio davanti alla Cassazione per la sentenza Thyssenkrupp.
I Tribunali dei padroni sono un terreno di lotta di classe per affermare il primato della vita degli operai contro il profitto che invece li uccide nei luoghi di lavoro, linea che stiamo tenendo nei processi a livello nazionale, dalla Thyssen, all'Eternit a quello che si aprirà a giugno a Taranto contro tutto il sistema Riva. A Ravenna, tra le altre lotte, la Rete ha mantenuto i riflettori accesi sulla morte sul lavoro del giovane operaio Luca Vertullo, mandato a morire dall'agenzia interinale Intempo, schiacciato da un rimorchio al suo primo giorno di lavoro, denunciando un processo-farsa che non ha fatto giustizia, l'abbandono dei famigliari da parte delle istituzioni (il fratello di Luca è ancora disoccupato), la presenza all'interno del Porto di una agenzia della morte mentre, invece, si doveva creare una postazione fissa dell'ispettorato del lavoro, il ruolo dei confederali come nuovi caporali, i controlli inesistenti. La strage dei 13 operai della Mecnavi al Porto nell'87 non ha proprio insegnato nulla: anzi, quello che era illegale, il caporalato, è diventato legale per legge! Invece che più sicurezza per gli operai è scattata la rappresaglia padronale contro la Rete!
Inoltre ogni governo non ha fatto altro che estendere e rafforzare la precarietà che espone sempre più al rischio sicurezza. Riportiamo stralci dal Bollettino della Rete n°3 che riporta gli interventi al Convegno nazionale della Rete contro la precarietà che uccide organizzato a Ravenna nel 2010:
"Luca era stato assunto da un'agenzia di lavoro interinale, l'Intempo, che ha la sua sede al Porto di
Ravenna. Intempo è partecipata al 51% dalla Comport, società che è stata fondata dalle Compagnie e delle imprese portuali più importanti d'Italia. Gli altri soci sono Meliorbanca (14%), il
Gruppo Gorla (10%) ed Obiettivo Lavoro (25%). Tra i membri del cda di Intempo anche Roberto Rubboli, presidente della Compagnia portuale, con lui tra gli altri anche Mario Sommariva, ex segretario nazionale della Filt Cgil . A Ravenna, invece, nella Intempo lavora l'ex segretario provinciale dello stesso sindacato. Dalla dichiarazione al processo di un sindacalista CGIL: i giovani neoassunti sono stati addestrati con metodi all’avanguardia in Italia. A MARGHERA è morto anche Dennis Zanon dell'Intempo. Ci sembra veramente alta la responsabilità di questa agenzia interinale che, invece che essere chiusa per legge già dopo la morte di Luca, ha continuato e continua ad affittare lavoratori. Prendiamo dall'articolo di Micromega (“Camalli a rischio vita”) a firma del giornalista Marco Preve, uscito dopo la morte sul lavoro di Luca: «Vertullo», dice la direttrice dell'Intempo, Valori, «aveva ricevuto una formazione adeguata. L’investimento sulla sicurezza è anche uno dei principali input che provengono dalla parte di
proprietà che fa capo alla Compagnia». La direttrice di Intempo tiene poi a rimarcare che «per le norme che regolano la nostra attività, ahimè, noi non possiamo assumere alcuna responsabilità se non farci attestare dall’azienda che rispetta le norme di sicurezza. Come agenzia non possiamo essere responsabili di quanto avviene sulla sicurezza, lo dicono le leggi. La responsabilità non può che essere della società utilizzatrice, io devo verificare che esista un piano antinfortuni e me lo faccio mettere per iscritto, devo controllare che i lavoratori abbiano le dotazioni, ma poi non posso interferire».
Il fatto è che il cliente cui Intempo ha chiesto di poter verificare il rispetto delle norme è anche uno
dei suoi padroni: la Compagnia Portuale. Chi vende e chi compra la manodopera è la stessa persona. “Intempo nacque per sbarrare il passo alla possibile concorrenza delle cooperative”- dice Bruno Rossi del direttivo nazionale della Filt, uno dei leader della Compagnia Portuale di Genova. Un tempo si diceva che il portuale che non lavorava, che non era chiamato, veniva pagato "dalla merce", cioè dagli armatori che versavano un extra. Con la riforma però è cambiato tutto, e adesso questo costo è sostenuto dallo Stato attraverso la cassa integrazione. Ma è un meccanismo che blocca il turnover nelle Compagnie che, se assumono, come qualsiasi altra impresa rischiano di perdere il diritto agli ammortizzatori». La cura, secondo Rossi non può che essere radicale: «Cancellare le Compagnie. Adottare il modello spagnolo e del Nord Europa, con un albo dei lavoratori portuali, riuniti in sindacato, ma gestiti dall'Autorità portuale senza intermediazioni, senza, lo ripeto, il caporalato camuffato da interinale».
...Un morto sul lavoro e nessun colpevole?
Eppure dalle motivazioni della sentenza si deduce chiaramente la catena di comando e di responsabilità che hanno portato a quella morte. "Una cosa "assurda", dice un giovane collega di Luca che ha testimoniato al processo. Assurdo significa del tutto incomprensibile, in realtà una spiegazione, purtroppo, esiste -riprendendo la sentenza del GUP e la requisitoria del PM-:
" la vera e principale causa dell'evento mortale in esame è riferibile a regole economiche non scritte, ma pur cogenti, che costringevano (e purtroppo costringono) i portuali a lavorare con ritmi velocissimi (da qui il soprannumero degli operai, la contemporanea gestione di due incarichi, la velocità di esecuzione, l'omessa verifica dei carichi o il mancato rispetto delle regole cautelari). Sono tuttavia proprio l'imprudenza e lo scarso rispetto di regole generati da tale ottica meramente intesa a un aumento di produttività ad assumere rilievo penale, laddove la situazione, oggettivamente molto pericolosa e prevedibilmente rischiosa, avrebbe imposto sia un maggiore controllo e più precise disposizioni concrete...mandare 9 stivatori, di cui 4 al primo giorno di lavoro in quel luogo, comportava una ridotta capacità di controllo delle disposizioni di sicurezza che
per contro dovevano essere ben più attentamente e scrupolosamente applicate".
In altri termini: quando la logica del profitto annienta la vita umana. In senso tecnico-giuridico
luca e' stato ucciso.
Nelle motivazioni dell'ultima sentenza: “su questo evento hanno inciso condotte umane gravemente colpose, ascrivibili a diversi soggetti”.
Questa è la situazione che ha determinato l’ultimo omicidio bianco! L’orribile omicidio bianco rivela che per i padroni del Porto la sicurezza è un ostacolo a finire il lavoro nei tempi richiesti.....
La lotta continua e verranno realizzate nuove iniziative per fare noi un vero processo popolare ai padroni assassini.
L'udienza sarà aggiornata al 26 settembre alle 11.
Rete nazionale sicurezza sul lavoro e nei territori-nodo di Ravenna


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