venerdì 28 febbraio 2014

25 febbraio: "VALI" SE PRODUCI PROFITTO PER IL CAPITALE... L'ISTAT DIFFONDE I DATI SUL "CAPITALE UMANO", E LE DONNE VALGONO MENO

Ma di cosa si sorprendono e si indignano. Nel sistema capitalista - che le varie "chiare saraceno, daniela del boca" si guardano bene dal mettere in discussione, e di cui gli "ichino" con la loro politica contribuiscono attivamente a sostenere - uomini e donne sono valutati come merce, come forza lavoro, e come merce vengono "pesate" economicamente. Nel sistema capitalista le donne sono considerate meno degli uomini, perchè sono considerate e messe in una condizione lavorativa, di vita inferiore, meno del 50% lavora e anche quando lavorano nelle stesse condizioni degli uomini sono in generale trattate peggio e pagate meno; per il sistema capitalista, il suo Stato, i suoi governi  il lavoro domestico delle donne deve permettere di riprodurre la forza-lavoro (i cui costi per il capitalista già sono compresi nel salario che dà al lavoratore) e scaricare i servizi sociali, quindi il sistema capitalista non potrà/vorrà mai quantificare e pagare realmente il lavoro domestico.
Come dice Ichino: questa è la realtà. 
Il film di Virzì ne ha dato una parziale rappresentazione, ma come si dice ha "scoperto l'acqua calda" - che è anche molto peggio per i proletari.

Questo è il sistema capitalista signore e signori! Vi dovrebbe indignare il "capitale umano" stesso, il sistema per cui vali se produci profitto per il capitale. E se vi sorprendete, se vi indignate, che aspettate a lottare contro? Noi proletari, comunisti, noi donne rivoluzionarie questo sistema vogliamo rovesciarlo!

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"Il capitale umano di ciascun italiano equivarrebbe a circa 342mila euro", dati diffusi dall’Istat in merito alla capacità di generare reddito dei cittadini italiani, riferiti alle attività di mercato dell’anno 2008. Tale media, però, non riguarderebbe le donne, il cui valore pro-capite ammonterebbe a 231 mila euro, il 49% in meno rispetto agli uomini. "Il differenziale è da mettersi in relazione alle differenze di remunerazione esistenti tra uomini e donne - spiega l’Istat - ma anche al minor numero di donne che lavorano e al minor numero di anni lavorati in media dalle donne nell'arco della loro vita”. "Se invece a questo si sommasse il lavoro invisibile e cioè quello di cura, la famiglia, i figli, la casa, ecco che ai 231mila euro si dovrebbero aggiungere altri ben 431mila euro di attività domestiche".
Chiara Saraceno: "Sono i dati, sorprendenti e amari..."
Daniela Del Boca docente di Economia politica all’università di Torino: «Sono dati che mi indignano... Nel conteggio del capitale umano l’occupazione femminile viene ulteriormente penalizzata dalla sottrazione dei periodi di maternità, dai congedi… Le donne subiscono poi una doppia discriminazione: non soltanto negli stipendi, ma anche in quella che si chiama discriminazione preventiva. Sapendo cioè di dover fare una scelta inconciliabile tra famiglia e occupazione, si autoescludono dal mercato. E tutto questo viene naturalmente calcolato nella potenzialità o meno di produrre reddito».
Ichino: "Sono dati che semplificano la realtà, perché misurano solo un aspetto della persona. Ma sono indispensabili per capire almeno una parte di quella realtà".


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