venerdì 6 settembre 2013

La Polonia espropria i fondi pensione privati In evidenza


lo slai cobas per il sindacato di classe è sostenitore del 'tanto peggio, 
tanto meglio' e che l'esperienza negativa diretta dei lavoratori fa più di
mille nostri volantini di denuncia
per questo sinceramente ci auguriamo che una cosa del genere avvenga anche
in italia e che i lavoratori che si sono fatti ingannare dai sindacati
confederali
possano sperimentare sulla propria pelle cosa questo significhi

slai cobas per il sindacato di classe
5 settembre 2013


Gli ultraliberisti del governo polacco hanno deciso di espropriare del 50%
circa il patrimonio della previdenza privata. Obiettivo: ridurre il debito
pubblico.



Interessante vero? Il meccanismo è molto semplice. I fondi pensione privati
hanno comprato soprattutto titoli di stato polacchi, sui quali Varsavia paga
interessi e cedole. Riprendendosi i propri "vo" e "btp", incamera un
patrimonio (per quanto cartaceo) ed evita di continuare a corrispondere le
cedole annuali o semestrali alle società private. E dire che il debito
polacco, appena sopra il 50% del Pil, è oltre la metà di quello italiano...

Bel risparmio, certamente. E naturalmente anche un bel danno per i
lavoratori dipendenti che dovevano esser coperti, parzialmente, dalla
previdenza privata. Cornuti e mazziati, ovvero prima "persuasi" ad aderire
alla pensione complementare per compensare la miseria di quella statale
(anche in Polonia sono state fatte privatizzazioni e tagli al welfare), e
poi derubati. Unica consolazione, ci rimettono anche i finanzieri privati.

Non stiamo affatto suggerendo un meccanismo simile anche per l'Italia
(andrebbe comunque prevista una compensazione diretta, pubblica, per i
lavoratori, mentre per i fondi di investimento sarebbe sufficiente un
"arrivederci e non grazie", visto quel che si sono messi finora in tasca),
ma è intrigante verificare come - dopo tre decenni di "innovazione
liberista" - la partita della crisi si giochi ancora e sempre su due
serbatoi primari: si favorisce il "privato" a scapito del "pubblico" o
viceversa?

Nemmeno i liberisti più servi riescono a seguire la prima strada fino in
fondo...

Di seguito, l'articolo terrorizzato con cui IlSole24Ore - organo di
Confindustria, quindi anche dei fondi pensione privati - ha dato la notizia.

*****
Pensioni choc in Polonia: il premier annuncia la nazionalizzazione di quelle
private

di Marco Lo Conte

E tre: dopo Argentina e Ungheria anche la Polonia decide di nazionalizzare
la previdenza privata. L'obiettivo è analogo ai casi precedenti: ridurre il
debito pubblico di otto punti percentuali dall'attuale 52,7% del Pil
nazionale, scendendo così sotto la soglia del 50%. In questo caso la
modalità identificata dal premier polacco Donald Tusk è quella di trasferire
nelle casse dello Stato le obbligazioni detenute dai fondi pensione coperti
da garanzia pubblica, in particolare obbligazioni sovrane, per un ammontare
superiore ai 40 miliardi di euro. In Polonia l'adesione alla previdenza
complementare è volontaria: a questi strumenti va il 2,92% della
retribuzione dei lavoratori che chiedono di includere anche una parte
privana nel proprio piano previdenziale. Quello di Varsavia è un sistema
previdenziale "ibrido" con un veicolo pubblico (lo "Zus") e uno privato.

La mossa comporterà in sostanza il dimezzamento del patrimonio di questi
strumenti - visto che i titoli di Stato ammontano al 51,5% degli "asset
under management" dei fondi pensione -, riducendo in misura conseguente il
ruolo della previdenza complementare nel sistema economico e finanziario
della Polonia. L'altra metà del portafoglio dei fondi pensione è investita
per buona parte in titoli quotati alla Borsa di Varsavia. Il Ministro delle
Finanze polacco Jacek Rostowski ha annunciato alla stampa che prossimamente
il governo modificherà la normativa che regola la disciplina di investimento
dei fondi pensione, offrendo loro una maggiore possibilità di investire in
titoli azionari.

Le critiche dei gestori e la difesa del Governo
L'annuncio ha ovviamente suscitato critiche da parte dell'associazione dei
fondi pensione che hanno giudicato incostituzionale l'iniziativa
dell'Esecutivo, in quanto la sostanziale annessione di asset non prevede
alcuna forma di compensazione da parte dello Stato. Dure le dichiarazioni
anche dei principali attori del sistema finanziario polacco: in particolare
dalle società di gestione del risparmio, che amministrano i patrimonio
affidati loro dai fondi pensione, da Ing ad Aviva, Axa, Generali e Allianz.
Complessivamente il sistema della previdenza privata in Polonia pesa per
quasi il 20% del Pil nazionale e la stessa Borsa di Varsavia vede i gestori
di fondi pensione protagonisti degli scambi. L'indice principale polacco ha
iniziato a scendere dopo l'annuncio del governo per chiudere la giornata
a -2,6%. «Il peggio che ci si possa aspettare, una decisione che potrebbe
far chiudere la previdenza privata» ha commentato Rafal Benecki di Ing Bank
Slaski. Da parte sua il Ministro delle Finanze Rostowski ha cercato di
rasserenare gli animi anticipando una maggiore flessibilità nelle scelte di
portafoglio dei fondi. L'annessione dei propri titoli obbligazionari, ha
precisato, visto che fino a ieri il debito polacco «appariva superiore»
rispetto alla realtà.

Può accadere anche in Italia?
Come detto la Polonia non è il primo paese che decide di annettere nelle
casse pubbliche patrimoni previdenziali privati: le necessità di bilancio
hanno portato ad analoghe misure il governo della presidente Cristina
Kirchner nel 2008 e due anni il parlamento ungherese ha varato una riforma
complessiva del sistema previdenziale che ha innalzato le aliquote
contributive e incamerato i portafogli dei fondi pensione nel Fondo
Pensionistico Nazionale, con una clamorosa inversione a U rispetto alla
decisione di lanciare la previdenza privta, dieci anni prima. La possibilità
di individuare forme per annettere al bilancio dello Stato parte se non
tutto il patrimonio della previdenza privata, è stata occasione di ipotesi
anche nei corridoi dei palazzi italiani: si va dall'annessione dei titoli di
debito sovrani, come accaduto in Polonia, alla creazione di vincoli di
portafoglio, passando dall'imposizione - per gli strumenti di primo
pilastro - di una tassazione da strumento speculativo, non conforme con gli
obiettivi previdenziali. Ipotesi respinte da una parte dall'effettivo ruolo
della previdenza privata a supporto di una pubblica che progressivamente
garantirà pensioni più basse, dall'altra dall'del un sistema.

I fondi pensione complementari italiani, in particolare, presentano costi
particolarmente bassi se confrontati con quelli di analoghi strumenti
europei e con rendimenti medi che negli ultimi otto anni - crisi compresa -
hanno battuto quello dei Tfr, alternativo nelle scelte dei lavoratori
italiani. Il fianco scoperto del sistema italiano di secondo pilastro è
rappresentato dalla gestione prudente - che impedisce per esempio di
investire in paesi considerati nel 1996, epoca della definizione del decreto
che stabilisce i criteri di investimento - "rischiosi"; Cina, Brasile,
Russia compresi; dall'altra l'alta esposizione in titoli di Stato in
particolare italiani, per quasi 30 miliardi di euro: titolo il cui merito di
credito è sceso complice i declassamenti delle agenzie di rating, tanto da
spingere le autorità di vigilanza ad invitare a prendere "con le pinze" le
indicazioni relativi alle soglie minime. E infine, oltre al "pericolo
polacco", sono da considerare le condizioni fiscali dei fondi pensione:
divenuti particolarmente convenienti negli ultimi due anni a causa
dell'inasprimento dell'imposizione fiscale di altri strumenti utilizzati
analogamente come forma di risparmio di lungo termine: da una parte il
recentissimo decreto 102 che taglia le detrazione per le polizze Vita e
dall'altra l'imposta definita dal decreto Salva Italia dello 0,15% sul
totale affidata in gestione a fondi comuni, Etf, gestioni finanziarie.

Può accadere anche in Italia ciò che è accaduto in Polonia e prima in
Argentina e Ungheria? I tecnici che in passato si sono esercitati con le
ipotesi di cui sopra sanno che un'analoga "annessione" a quella polacca di
titoli di Stato porterebbe nelle casse pubbliche solo 30 miliardi: poco se
confrontato con gli oltre 90 miliardi di euro di interessi sul debito pagati
da Repubblica italiana nel 2012 ai propri sottoscrittori di titoli di Stato.
E soprattutto rispetto ai 120 miliardi di euro in asta da qui alla fine
dell'anno: una nazionalizzazione verrebbe letta come un mossa disperata per
far quadrare i conti, con conseguente impennata dei rendimenti dei Btp. E di
conseguenza delle tasse dei contribuenti italiani.

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