martedì 6 agosto 2013

Consulta -ARTICOLO 19


il problema è ora se vale per tutti o solo per la fiom,
perchè stato, parlamento,padroni,sindacati confederali e spesso giudici
applicano a loro modo ciò che dovrebbe essere chiaro

slai cobas per il sindacato di classe
30 luglio 2013

Consulta: articolo 19 statuto lavoratori illegittimo!
Dall’origine della norma alla sentenza di incostituzionalità

Una delle notizie più interessanti in materia di diritto del lavoro è
sicuramente la recente pronuncia della Corte Costituzionale, avente ad
oggetto l’articolo 19 dello Statuto del Lavoratori, che affronta il
dibattuto tema della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro.
Lo scorso 3 luglio la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 19, comma 1, lettera b), dello Statuto (legge 20 maggio 1970, n.
300), “nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale
aziendale sia costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che,
pur non firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva,
abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi
contratti, quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”.
La pronuncia della Corte pone fine ad uno dei capitoli più interessanti
della nota lotta tra il Lingotto e la Fiom. Vediamo di rintracciarne in
sintesi le fasi più importanti.
LA NORMA. L’articolo 19 rappresenta la norma-filtro che permette alle
organizzazioni sindacali di costituire rappresentanze in azienda e di godere
dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto, a condizione che sia
rispettato un particolare requisito.
L’unico requisito stabilito dalla norma è che tali rappresentanze siano
costituite nell’ambito di associazioni sindacali firmatari dei “contratti
collettivi applicati in azienda”.
Tale formulazione è il risultato di una consultazione referendaria, indetta
con D.P.R. 5 aprile 1995, n. 312, che ha privato l’articolo della lettera a)
e ha eliminato il riferimento al carattere nazionale o provinciale della
contrattazione collettiva sottoscritta dall’associazione sindacale nella
lettera b), aumentando il novero delle competenze della contrattazione
collettiva aziendale.
I PRECEDENTI. La Consulta in passato si era già espressa sulla legittimità
di questa norma, prima e dopo il referendum. In particolare, con la sentenza
n. 244/1996 (successivamente, quindi, alla riforma del testo), la Corte
dichiarò la piena conformità dell’articolo con i principi costituzionali,
nonostante il giudice a quo avesse rilevato un presunto contrasto con gli
articoli 3 e 39 della Carta Fondamentale. La differenziazione tra
associazioni sindacali in materia di diritti veniva considerata ragionevole
perché poneva le basi su un ragionevole criterio, stabilito dal legislatore:
quello della forza del sindacato di porsi come controparte contrattuale. In
secondo luogo, la norma non lede in alcun modo la libertà sindacale di cui
all’articolo 39 della Costituzione, dato che, per i giudici costituzionali,
i diritti di cui al Titolo III sopravanzano la libertà sindacale.

La Corte concludeva affermando che la sottoscrizione di un contratto
collettivo di lavoro (anche aziendale) applicato nell’unità produttiva dà la
misura della forza rappresentativa del sindacato.
IL FATTO. La vicenda che ci interessa prende avvio dalla decisione delle
società del Gruppo Fiat e Fiat Industrial, in data 21 novembre 2011, di
recedere da tutti i contratti e gli accordi, a partire dal 1/1/2012.
Rilevante, a questo proposito, la decisione del Gruppo di uscire da
Confindustria e dal sistema di contrattazione, che dal Secondo dopoguerra ad
oggi aveva garantito un minimo livello di sicurezza e stabilità nella
contrattazione collettiva.
Il 13 dicembre ’11 Fiat Spa e Fiat Industrial Spa firmano, insieme alle
organizzazioni sindacali FIM-CISL, UILM-UIL, FISMIC, UGL-Metalmeccanici e
Associazione Quadri e Capi Fiat, il contratto applicativo con cui hanno
convenuto l’applicazione del contratto collettivo specifico di lavoro di
primo livello(CCSL), a partire dal 1/1/2012. La Fiom, pur partecipando alle
trattative, non firma.
Il 27/12/2011 la Fiom comunica alle tre società la nomina dei propri
dirigenti della RSA nelle rispettive unità produttive.
In data 9/1/2012 le società comunicano l’inefficacia delle nomine sulla base
dell’articolo 19 l. n. 300/1970 che recita: “Rappresentanze sindacali
aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni
unità produttiva, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano
firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità
produttiva”.
Non avendo firmato il CCSL, unico contratto collettivo di lavoro applicato
nelle unità produttive del Gruppo Fiat e Fiat Industrial, sulla base di tale
articolo, la Fiom non avrebbe diritto a costituire RSA e a tutti i diritti
di cui al Titolo III dello Statuto dei Lavoratori.
LE ORDINANZE. La questione viene trasferita nelle aule di tribunale. La Fiom
ricorre in giudizio per chiedere di accertare e dichiarare l’antisindacalità
della condotta delle società CASE NEW HOLLAND ITALIA Spa, MASERATI Spa e
FERRARI Spa, consistente nell’aver:


Negato l’efficacia e la legittimità delle nomine dei dirigenti della RSA
Fiom;

Negato l’esercizio dei diritti di cui agli articoli 27 (locali delle RSA) e
30 (permessi per i dirigenti provinciali e nazionali) dello Statuto dei
Lavoratori;

Leso l’immagine del sindacato quale soggetto contrattuale rappresentativo.
Sulla base dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, la Fiom chiede la
cessazione della condotta antisindacale e, ai fini della rimozione degli
effetti, di:


Riconoscere la piena legittimità delle nomine dei dirigenti della RSA FIOM;

Affiggere il decreto in cui si dichiara la legittimità delle stesse in
azienda in un luogo accessibile a tutti per venti giorni;

Pubblicare tale decreto su determinati quotidiani.
A questo punto, il Tribunale di Modena, in data 4 giugno ’12, e quello di
Vercelli, in data 25 settembre ’12, “dichiara[no] rilevante e non
manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale dell’articolo
19 lettera b) della legge n. 300 del 20 maggio 1970, per contrasto con gli
articoli 2, 3 e 39 della Costituzione. (…)[Si] dispone l’immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in
corso”.
IL RAGIONAMENTO DEL GIUDICE. Il giudice a quo, nel ragionamento che porterà
alla richiesta di una pronuncia della Consulta, ripercorre le tappe
tracciate poc’anzi, partendo della norma in esame e dalle variazioni
testuali in conseguenza del referendum del 1995.
L’obiettivo del referendum era allargare le maglie del criterio della
maggiore rappresentatività. Come rileva lo stesso giudice, nella situazione
qui esposta, si entra in contraddizione con la stessa ratio del referendum.
In questa circostanza la norma impedisce di considerare l’associazione
sindacale Fiom-CGIL come associazione maggiormente rappresentativa,
negandole i diritti di cui al Titolo III.
Tale conclusione è irrazionale in quanto l’art. 19 subordina il godimento
dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto al dato meramente formale
della sottoscrizione del contratto collettivo. D’altra parte la Fiom aveva
partecipato alle trattativa ma, nell’esercizio della propria libertà
sindacale, aveva deciso di non firmare il contratto.
Come parte della dottrina e della giurisprudenza sostiene, la partecipazione
al negoziato è un dato che evidenzia l’effettiva forza contrattuale e la
capacità rappresentativa del sindacato, la mera sottoscrizione dell’accordo
si palesa come un elemento che può essere rimesso alla valutazione del
datore di lavoro.
Per il giudice “l’art. 19 attribuisce al datore di lavoro un eccessivo
potere” perché, in ipotesi estrema, dove la parte datoriale decidesse di non
firmare alcun contratto collettivo, nessun sindacato potrebbe godere dei
diritti di cui al Titolo III. Tale norma limita l’esercizio della libertà
sindacale in quanto la decisione dell’associazione sindacale sulla
sottoscrizione di un contratto collettivo sarà subordinata, oltre che alla
tutela degli interessi dei lavoratori, alla prospettiva di ottenere
(firmando) o perdere (non firmando) tali diritti.
È chiaro ora che tale decisione si pone in evidente contrasto con il
precedente orientamento giurisprudenziale. Anche la Consulta arriva a
conclusione che il testo della norma portava ad una conseguenza paradossale:
il sindacato Fiom-CGIL veniva considerato meno rappresentativo degli altri
pur avendo il maggior numero di iscritti.
Dal punto di vista giuridico, ed è ciò che più ci interessa, la sentenza
ristabilisce certezza nella disciplina di tale materia. Non è da escludere l’intervento
del legislatore per riformare il dato testuale dell’articolo e definire con
precisione i tratti ancora oscuri (ad esempio, cosa si intende per
“partecipazione alle trattative”?) e garantire la sicurezza nella
definizione dei soggetti legittimati alla costituzione di RSA e ad
esercitare i diritti connessi.



Pubblicato da Lorenzo Pispero il 29 luglio 2013 alle 08:07 in Lavoro
Tags: art. 19, art. 19 statuto dei lavoratori, Corte Costituzionale,
rappresentanza sindacale, sindacati, Statuto dei Lavoratori

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