martedì 11 dicembre 2012

Ilva: Sito strategico per l’economia “internazionale” dei padroni


Ma la lotta degli operai li preoccupa…


La crisi dello stabilimento Ilva di Taranto avrebbe un effetto a catena non solo verso l’industria italiana ed europea, ma anche mondiale rispetto agli equilibri tra le varie potenze economiche. 
Questo comincia ad emergere in maniera chiara dallo spazio sempre più grande che le vicende dell’Ilva hanno all’estero e in particolare negli Usa.

Nelle ultime settimane, il New York Times, il giornale degli Usa più autorevole nel mondo ha dedicato due lunghi servizi al caso Ilva, scritti da una delle giornaliste più esperte del settore Esteri, Rachel Donadio, che fino al 2008 è stata a capo dell’Ufficio di Roma del Giornale, responsabile per l’Italia, il Vaticano e l’area sud del Mediterraneo.
Questi articoli sono importanti perché non sono di sola informazione sulla situazione di un grande stabilimento siderurgico secondo in Europa, ma perchè esprimono preoccupazione effettiva per le ripercussioni sull’economia degli Usa. 

Il New York Times del 2 dicembre scrive: “Un aiuto per uno stabilimento siderurgico italiano in difficoltà”. In questo articolo la Donadio informando sui passi del governo Monti per salvare la continuità produttiva dell’Ilva, ricorda che, in caso contrario, “l’economia avrebbe subito perdite di 10,4 miliardi di dollari l’anno se l’impianto fosse stato chiuso…”.
Ma soprattutto, nell’articolo la giornalista esprime l’allarme rispetto ad una ipotesi di chiusura dell’Ilva di Taranto. E fa presente che il collasso di uno stabilimento di tali dimensioni può aprire in prospettiva le porte agli acciai prodotti in nazioni non propriamente amiche degli Usa (Cina o Russia). 

Vale a dire: la continuità o la crisi dell’Ilva ha a che fare con la “guerra” dei mercati tra l’imperialismo occidentale, in testa Usa, e l’imperialismo russo o, quello emergente cinese. “Attenzione!”, si dice, “gli interessi dei profitti dei padroni non si toccano!”. Dal governo italiano al governo Usa, quindi, una sola strada: ’Ilva deve continuare a produrre come prima’.

Questo allarme emerge forte anche in un altro articolo del 28 novembre. Qui sempre la stessa giornalista commenta l’occupazione dello stabilimento e in particolare l’invasione degli Uffici della Direzione fatta il giorno prima, scrivendo: “Migliaia di lavoratori hanno preso d’assalto i cancelli sbarrati della più grande fabbrica siderurgica d’Europa”.
E questa è una seria preoccupazione per i padroni e i loro governi! Perché il salvataggio dell’Ilva da parte del governo italiano era scontato e c’è stato e continuerà ad esserci, in barba alle sue stesse leggi, in barba alla Costituzione, scontrandosi con l’altro potere statale, la Magistratura, ma ciò che può non essere scontato è la lotta di classe degli operai. Questa può mettere in discussione i piani dei padroni!

Riflettano su questo, sia gli operai dell’Ilva, che ancora non hanno fiducia e non comprendono le potenzialità della loro forza quando lottano sui loro interessi; sia le masse popolari di Taranto, quando non comprendono ancora che il sostegno e l’unità con gli operai sono il cuore della lotta oggi contro padron Riva e lo Stato. 

Calderita

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